Da La Repubblica del 17/05/2004
La leader del Partito del Congresso mercoledì potrebbe essere premier
India, gli alleati indicano Sonia Gandhi oggi l´incarico per formare il governo
I partiti della sinistra non hanno deciso se entrare nel gabinetto con loro ministri
di Raimondo Bultrini
NEW DELHI - Gli alleati si sono raccolti alla corte della «regina» italiana Sonia Gandhi e hanno consegnato quasi tutti la loro lettera di conferimento del mandato o hanno promesso di farlo.
Da ieri la leader del partito del Congresso, uscita vincente dalla sfida elettorale col partito religioso fondamentalista Bjp, è virtualmente primo ministro anche se l´«incoronazione» avverrà mercoledì 19. Manca solo la ratifica del presidente della Repubblica, lo scienziato atomico Abdul Kalam, uno dei padri della bomba indiana. Ma è una pura formalità, che sarà espletata forse già oggi. I giochi tra partner del governo sono fatti, tranne che per un importante particolare: le sinistre non hanno ancora deciso se entrare nel gabinetto dei ministri e condividere le stesse sorti politiche del Congresso, oppure «appoggiare dall´esterno», come vorrebbero alcuni esponenti comunisti autorevoli del CP(I)M e del Cpi che insieme detengono oltre 60 seggi.
È questo il nodo che la prima governante nata all´estero della storia indiana dovrà affrontare fin dall´inizio, nell´eventualità che il partito del Congresso dovesse restare con pochi alleati nei gabinetti, costretto a contrattare di volta in volta in aula il voto di sostegno esterno. Ma questa non è l´unica spina sulla quale sarà costretta a camminare Sonia Gandhi. Alla cena offerta ieri agli alleati nella sua residenza - piatti indiani e niente pastasciutta per non manifestare alcun cedimento alla nostalgia per la patria d´origine - non c´era il carismatico dalit Mulayam Singh Yadav, primo ministro dell´Uttar Pradesh, il più popoloso stato indiano, e capo di uno dei partiti che avrebbe volentieri accettato qualche posto nel governo. Mulayam - paladino delle caste sociali più basse e dei musulmani - dispone di oltre 30 seggi, non tanti quanto le sinistre unite ma abbastanza per sostenere l´esecutivo in caso di grave crisi istituzionale.
Pare però che Mulayam abbia preferito tornare nella sua Lucknow piuttosto che banchettare in un clima che gli era sembrato ostile. A non volerlo sarebbero soprattutto le sinistre, consapevoli di poter giocare stavolta un ruolo determinante in politica economica come nei rapporti di forza con il resto dell´Alleanza.
E proprio sulle buone intenzioni verso i più deboli della società si basa il programma comune di intenti che sta per essere reso pubblico come «manifesto politico» dell´Alleanza, basato su un mix di regole liberiste e marxiste finora fallito durante i precedenti 35 anni di governo del Congresso.
Da ieri la leader del partito del Congresso, uscita vincente dalla sfida elettorale col partito religioso fondamentalista Bjp, è virtualmente primo ministro anche se l´«incoronazione» avverrà mercoledì 19. Manca solo la ratifica del presidente della Repubblica, lo scienziato atomico Abdul Kalam, uno dei padri della bomba indiana. Ma è una pura formalità, che sarà espletata forse già oggi. I giochi tra partner del governo sono fatti, tranne che per un importante particolare: le sinistre non hanno ancora deciso se entrare nel gabinetto dei ministri e condividere le stesse sorti politiche del Congresso, oppure «appoggiare dall´esterno», come vorrebbero alcuni esponenti comunisti autorevoli del CP(I)M e del Cpi che insieme detengono oltre 60 seggi.
È questo il nodo che la prima governante nata all´estero della storia indiana dovrà affrontare fin dall´inizio, nell´eventualità che il partito del Congresso dovesse restare con pochi alleati nei gabinetti, costretto a contrattare di volta in volta in aula il voto di sostegno esterno. Ma questa non è l´unica spina sulla quale sarà costretta a camminare Sonia Gandhi. Alla cena offerta ieri agli alleati nella sua residenza - piatti indiani e niente pastasciutta per non manifestare alcun cedimento alla nostalgia per la patria d´origine - non c´era il carismatico dalit Mulayam Singh Yadav, primo ministro dell´Uttar Pradesh, il più popoloso stato indiano, e capo di uno dei partiti che avrebbe volentieri accettato qualche posto nel governo. Mulayam - paladino delle caste sociali più basse e dei musulmani - dispone di oltre 30 seggi, non tanti quanto le sinistre unite ma abbastanza per sostenere l´esecutivo in caso di grave crisi istituzionale.
Pare però che Mulayam abbia preferito tornare nella sua Lucknow piuttosto che banchettare in un clima che gli era sembrato ostile. A non volerlo sarebbero soprattutto le sinistre, consapevoli di poter giocare stavolta un ruolo determinante in politica economica come nei rapporti di forza con il resto dell´Alleanza.
E proprio sulle buone intenzioni verso i più deboli della società si basa il programma comune di intenti che sta per essere reso pubblico come «manifesto politico» dell´Alleanza, basato su un mix di regole liberiste e marxiste finora fallito durante i precedenti 35 anni di governo del Congresso.
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