Da La Repubblica del 15/05/2004

Cercando la via d´uscita

di Guido Rampoldi

LA FINZIONE della nostra "missione umanitaria" in Iraq è franata definitivamente ieri sera, quando i miliziani sciiti di Moqtada al Sadr hanno invaso la città di Nassiriya, attaccato un commissariato e posto l´assedio al palazzo che ospita gli uffici della Coalizione. Da allora i soldati italiani si trovano nell´identica condizione dei militari spagnoli così come la rappresentò un mese fa il loro comandante in un rapporto al premier Zapatero: la mischia sta degenerando, scrisse il generale Enrique de Ayala, e noi non possiamo essere altro che "spettatori", non avendo né i mezzi militari né il mandato per fermare la guerriglia. Anche in base a quella relazione Madrid scelse d´anticipare il ritiro: decisione criticabile, ma comunque una decisione. In circostanze analoghe il governo italiano offre invece l´impressione di non sapere più come districarsi dalla contraddizione tra lo scopo ufficiale della nostra presenza "pacificatrice" in Iraq e una situazione sul terreno che rende ormai impossibile sottrarsi al combattimento. Colti di sorpresa da un evento tutto sommato prevedibile, ci siamo consegnati ad un´alternativa disastrosa.

Scappare adesso sarebbe indecoroso, ma restare come "spettatori" è impossibile. I guerriglieri di Sadr non ci riconoscono neppure il diritto di stare a guardare: ieri notte, padroni di Nassiriya, sparavano granate contro il palazzo della Coalizione difeso dai soldati italiani.

Se a fronte di tutto questo il governo ha una strategia, o almeno un´idea su cosa fare, la nasconde bene. Però ieri Colin Powell ha lanciato un importante segnale politico offrendo una possibile via d´uscita. La Coalizione resterà in Iraq - hanno convenuto a Washington il Segretario di Stato e i ministri degli Esteri alleati, tra cui Frattini - solo se lo chiederà il nuovo governo iracheno, quando l´Onu lo insedierà. Fini e Frattini hanno ripetuto, citiamo il ministro degli Esteri, che se «gli iracheni non ci volessero noi non saremo più lì». La nuova posizione americana, motivata anche dalla crescente ostilità alla guerra negli Stati Uniti, permette al governo un arretramento rispetto alla trincea scavata in precedenza da Berlusconi, per il quale l´Italia sarebbe restata comunque in Iraq: per la prima volta il governo comincia a parlare della possibilità d´un ritiro. Ma non è posizione nitida, semmai un temporeggiare, rimettendo la decisione ad un governo iracheno che forse le Nazioni Unite riusciranno a formare prima del 30 giugno, forse dopo, forse mai. La strada per l´inviato dell´Onu Brahimi resta accidentata. I tempi lunghi della diplomazia sembrano sfasati rispetto ai tempi d´uno scontro militare cui la proclamazione della "guera santa" sciita ora imprime un´ulteriore accelerazione. E per quanto ieri il governo italiano cercasse di minimizzare, la situazione sta diventando critica per il contingente in Iraq.

«Non ci sono segnali d´allarme», avvertiva Gianfranco Fini mentre a Nassiriya la guerriglia si esercitava con i lanciarazzi sull´isolato avamposto degli italiani. Nulla d´allarmante, ma certo «preoccupante», aggiungeva il vicepremier, che ieri Moqtada al Sadr abbia proclamato la «guerra santa» per liberare l´Iraq dagli stranieri (tra i quali, ci piaccia o no, figuriamo anche noi). L´ultima "guerra santa" lanciata da insorti sciiti contro occidentali, in quel caso gli occupanti britannici, risale agli anni Venti e finì in un bagno di sangue. Un altro fatto "preoccupante", però omesso da Fini: ieri il grand´ayatollah Sistani, con cui Washington sperava di concludere un´alleanza strategica per stabilizzare l´Iraq, è uscito dal silenzio ed ha intimato ai marines di lasciare le città sante di Najaf e di Kerbala, dove si combatte ormai da dieci giorni. Il Pentagono accetterà di subire questo sfratto, sia pure umiliante? Non pare. Al momento l´amministrazione Bush sembra dar ragione al ministro degli Esteri francese, Barnier, che le contesta «una totale mancanza di direzione». E questo procedere alla cieca, però in ordine sparso, è, tra tutti, il fatto più "preoccupante". Da mesi a Bagdad non è più chiaro chi comandi, se il governatore Bremer, l´inviato della Casa Bianca Blackwill, questi o quei generali, questa o quella fazione del Pentagono. Troppe linee, cioè nessuna. E mancando una rotta definita, Bremer, parafulmine di quel caos, si barcamena come può. Ieri ha preceduto Powell annunciando che la "Coalizione dei volonterosi" tornerà a casa se così deciderà il futuribile governo iracheno; però poi ha escluso che una richiesta del genere sarà mai formulata. Così è riuscito a non scontentare chi a Washington vorrebbe uscire in fretta dall´Iraq e chi vorrebbe restarvi almeno fino a tutto il 2005.

Si può sperare che in queste ore a Nassiriya le trattative con i luogotenenti di Moqtada Sadr ci regalino una tregua, forse un armistizio. Ma con i nostri soldati assediati dalla guerriglia, non si possono più coltivare le solite finzioni. Non arriverà a salvarci il Settimo cavalleggeri: invocare un coinvolgimento della Nato, come ancora ieri faceva Buttiglione, è puro flatus voci, essendo chiaro che parte rilevante dell´Alleanza atlantica non è affatto disponibile all´avventura in Iraq. E recitare ancora la commedia dell´ottimismo non cancellerà un´evidenza: finché Roma resterà appesa alle parole dell´amministrazione Bush, il contingente italiano dovrà assecondare gli ordini, quali che siano, del comando americano a Bagdad. Mai come adesso l´Italia avrebbe bisogno di ciò che non ha e forse non ha mai avuto dalla nascita della Repubblica: una destra seria. Una sana destra italiana: non una filiale del Republican party statunitense. E poiché bene o male nella maggioranza non mancano galantuomini cui preme l´interesse del Paese, è arrivato il momento che si facciano sentire.

Sullo stesso argomento

Articoli in archivio

«Vi mostro i documenti di Quattrocchi»
L’inviata del Sunday Times rivela nuovi dettagli sul rapimento degli italiani: «All’inizio volevano uccidere Agliana»
di Lorenzo Cremonesi su Corriere della Sera del 01/07/2004
La reporter Hala Jaber: «Il traditore è scappato in Siria»
«Per i tre ostaggi ha ricevuto dai servizi italiani 4 milioni di dollari. I suoi compagni lo vogliono morto»
di Lorenzo Cremonesi su Corriere della Sera del 28/06/2004
Niente spari e carcerieri, il video del «blitz»
Nuove immagini della liberazione degli ostaggi italiani. L’azione si svolge in pochi secondi
di Lorenzo Cremonesi su Corriere della Sera del 17/06/2004
 
Cos'� ArchivioStampa?
Una finestra sul mondo della cultura, della politica, dell'economia e della scienza. Ogni giorno, una selezione di articoli comparsi sulla stampa italiana e internazionale. [Leggi]
Rassegna personale
Attualmente non hai selezionato directory degli articoli da incrociare.
Sponsor
Contenuti
Notizie dal mondo
Notizie dal mondo
Community
• Forum
Elenco degli utenti

Sono nuovo... registratemi!
Ho dimenticato la password
• Sono già registrato:
User ID

Password
Network
Newsletter

iscriviti cancella
Suggerisci questo sito

Attenzione
I documenti raccolti in questo sito non rappresentano il parere degli autori che si sono limitatati a raccoglierli come strumento di studio e analisi.
Comune di Roma

Questo progetto imprenditoriale ha ottenuto il sostegno del Comune di Roma nell'ambito delle azioni di sviluppo e recupero delle periferie

by Mondo a Colori Media Network s.r.l. 2006-2024
Valid XHTML 1.0, CSS 2.0