Da La Stampa del 03/05/2004
Osservatorio
Da est e da ovest la grande Europa è messa alla prova
Dopo il big bang di Dublino l’Unione deve ora darsi un’identità che sia rassicurante per l’America e per la Russia ma anche forte, autonoma e critica con l’una come con l’altra
di Aldo Rizzo
Una volta si sarebbe detto: visto da destra e visto da sinistra. Ma se il termine destra può essere usato per l'America di Bush, non si sa se e quanto quello di sinistra, come qualsiasi altro riferimento ideologico, possa valere per la Russia di Putin. Comunque, è interessante osservare e riflettere su come le due superpotenze della Guerra fredda, che restano oggi i due principali interlocutori dell'Unione europea, hanno accolto e stanno accogliendo il «Big bang» di Dublino, la nascita della Grande Europa a 25.
Cominciamo dall'America, che è anche il nostro maggiore alleato. L'accoglienza ufficiale dell'Amministrazione Bush è positiva, le fonti dicono che gli Stati Uniti hanno sempre appoggiato l'integrazione europea e così via. Ma l'atteggiamento è molto più articolato e complesso. Bush e i suoi sono certamente favorevoli all'allargamento dell'Ue, per il fatto che esso comprende quei Paesi dell'ex blocco sovietico che non hanno nascosto la loro vocazione a un forte legame transatlantico, in esso, più ancora che nell'ingresso nell'Ue, vedendo la vera garanzia che non torneranno mai più sotto l'egemonia del Cremlino. In questo senso, il segretario americano alla Difesa Rumsfeld salutò la nascita di una «nuova Europa» contrapposta alla «vecchia», centrata sull'ostico asse franco-tedesco.
Ma non per questo mancano le preoccupazioni. Quanto durerà, in Paesi come la Polonia (che già dà qualche segno di perplessità sulla guerra in Iraq) e in altri, la superiorità, relativa ma effettiva, del sentimento «atlantico» su quello «europeo»? La logica stessa del processo d'integrazione, ormai così ampio, non porterà l'Ue nel suo insieme a diventare un contrappeso all'egemonia planetaria degli Stati Uniti? Le conseguenze si potrebbero vedere in campo militare, se l'Unione insisterà nel darsi, o nell'avviare concretamente, un proprio sistema di difesa, sia pure in qualche modo collegato con la Nato, e ancor più in campo economico, dove l'Ue è ora più di prima un temibile concorrente. Queste preoccupazioni, ha detto al «Financial Times» il rappresentante a Washington della Commissione europea, Gunther Burghardt, vengono soprattutto dal Pentagono, ma naturalmente appartengono anche ai circoli neoconservatori influenti alla Casa Bianca.
E la Russia? Qui il discorso si rovescia. Mosca non ha mai visto di buon occhio nè l'allargamento della Nato nè quello dell'Unione europea, per il semplice fatto che i confini dell'Occidente, globalmente inteso, ora praticamente coincidono con quelli russi. Ora sono entrati nell'Ue ben otto Paesi che facevano parte del blocco sovietico, e tre di questi (Lituania, Lettonia e Estonia) addirittura dell'Unione Sovietica, e ciò rende Mosca «molto nervosa», secondo Fyodor Lukanov, uno dei maggiori esperti di affari internazionali. L'attenzione è adesso su Ucraina, Moldavia e Bielorussia, la residua zona-cuscinetto tra la grande Russia, la Nato e l'Ue, spostarne la frontiera geopolitica potrebbe provocare una grave crisi.
Detto tutto questo, il Cremlino di Putin non può neppure ignorare i vantaggi ricavabili dalla nuova situazione, che sono stati pacatamente esposti da Prodi e da altri commissari europei in una visita di lavoro a Mosca. Dall'Ue venivano già i maggiori investimenti in un'economia in sviluppo, dopo l'allargamento del 1° maggio l'Ue sarà di gran lunga il primo partner commerciale, non solo, ma favorirà in maniera determinante il sospirato ingresso della Russia nel Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio. E' stato anche raggiunto un compromesso sui transiti per l'«enclave» russa di Kaliningrad, ora bloccata tra due Stati dell'Ue, Polonia e Lituania. Putin è un pragmatico e apprezzerà tutto ciò, naturalmente nell'ambito della sua visione di un ritorno della Federazione a uno status di potenza mondiale.
Dunque, un intreccio di sensazioni e di interessi, sia in America che in Russia. E l'Unione europea? Come valuta essa stessa i rapporti che si vengono a creare a Ovest e a Est? Forse questa è la domanda più difficile. Il suo compito, comunque, è quello di darsi un'identità in tutti i campi, quindi un'identità complessiva, che sia rassicurante per il grande alleato occidentale come per il grande interlocutore orientale, ma non subalterna, all'occorrenza critica, con l'uno e con l'altro. Se ci riuscirà, sarà davvero una svolta storica.
Cominciamo dall'America, che è anche il nostro maggiore alleato. L'accoglienza ufficiale dell'Amministrazione Bush è positiva, le fonti dicono che gli Stati Uniti hanno sempre appoggiato l'integrazione europea e così via. Ma l'atteggiamento è molto più articolato e complesso. Bush e i suoi sono certamente favorevoli all'allargamento dell'Ue, per il fatto che esso comprende quei Paesi dell'ex blocco sovietico che non hanno nascosto la loro vocazione a un forte legame transatlantico, in esso, più ancora che nell'ingresso nell'Ue, vedendo la vera garanzia che non torneranno mai più sotto l'egemonia del Cremlino. In questo senso, il segretario americano alla Difesa Rumsfeld salutò la nascita di una «nuova Europa» contrapposta alla «vecchia», centrata sull'ostico asse franco-tedesco.
Ma non per questo mancano le preoccupazioni. Quanto durerà, in Paesi come la Polonia (che già dà qualche segno di perplessità sulla guerra in Iraq) e in altri, la superiorità, relativa ma effettiva, del sentimento «atlantico» su quello «europeo»? La logica stessa del processo d'integrazione, ormai così ampio, non porterà l'Ue nel suo insieme a diventare un contrappeso all'egemonia planetaria degli Stati Uniti? Le conseguenze si potrebbero vedere in campo militare, se l'Unione insisterà nel darsi, o nell'avviare concretamente, un proprio sistema di difesa, sia pure in qualche modo collegato con la Nato, e ancor più in campo economico, dove l'Ue è ora più di prima un temibile concorrente. Queste preoccupazioni, ha detto al «Financial Times» il rappresentante a Washington della Commissione europea, Gunther Burghardt, vengono soprattutto dal Pentagono, ma naturalmente appartengono anche ai circoli neoconservatori influenti alla Casa Bianca.
E la Russia? Qui il discorso si rovescia. Mosca non ha mai visto di buon occhio nè l'allargamento della Nato nè quello dell'Unione europea, per il semplice fatto che i confini dell'Occidente, globalmente inteso, ora praticamente coincidono con quelli russi. Ora sono entrati nell'Ue ben otto Paesi che facevano parte del blocco sovietico, e tre di questi (Lituania, Lettonia e Estonia) addirittura dell'Unione Sovietica, e ciò rende Mosca «molto nervosa», secondo Fyodor Lukanov, uno dei maggiori esperti di affari internazionali. L'attenzione è adesso su Ucraina, Moldavia e Bielorussia, la residua zona-cuscinetto tra la grande Russia, la Nato e l'Ue, spostarne la frontiera geopolitica potrebbe provocare una grave crisi.
Detto tutto questo, il Cremlino di Putin non può neppure ignorare i vantaggi ricavabili dalla nuova situazione, che sono stati pacatamente esposti da Prodi e da altri commissari europei in una visita di lavoro a Mosca. Dall'Ue venivano già i maggiori investimenti in un'economia in sviluppo, dopo l'allargamento del 1° maggio l'Ue sarà di gran lunga il primo partner commerciale, non solo, ma favorirà in maniera determinante il sospirato ingresso della Russia nel Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio. E' stato anche raggiunto un compromesso sui transiti per l'«enclave» russa di Kaliningrad, ora bloccata tra due Stati dell'Ue, Polonia e Lituania. Putin è un pragmatico e apprezzerà tutto ciò, naturalmente nell'ambito della sua visione di un ritorno della Federazione a uno status di potenza mondiale.
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