Da Corriere della Sera del 22/04/2004

E Greenspan riprende il timone, l’economia globale cambia rotta

Il costo del denaro potrebbe aumentare ad agosto. Da sciogliere il nodo del doppio deficit di Bush

di Ennio Caretto

WASHINGTON - A tre anni e mezzo dal primo ribasso dei tassi nel gennaio 2001, dopo averli tenuti al minimo dell’ultimo mezzo secolo, l'1%, dallo scorso giugno, il capo della Federal Reserve Alan Greenspan ne preannuncia il rialzo, senza però precisare quando. «Per sostenere la crescita economica in atto senza l'inflazione - dichiara al Congresso - bisogna mantenere i prezzi stabili: lo faremo a seconda delle necessità». E per evitare un'altra caduta dei mercati dopo quella di lunedì, spiega che potrebbero bastare uno o due ritocchi, non una serie lunga un anno. E' una svolta: Greenspan abbandona la formula sacramentale degli ultimi mesi che la Fed «può aspettare» a restringere il credito e limitare la liquidità.

Stando alla maggioranza degli economisti, il Comitato direttivo della Fed, che si riunirà il 4 maggio, non alzerà i tassi che ad agosto, solo dello 0,25-0,50%, e il rialzo non dovrebbe fermare la «locomotiva» americana. Ma stando a Greenspan, anche se ci fosse un secondo rialzo la «locomotiva» continuerebbe a correre almeno per tutto il 2005 grazie alla «alta produttività, la capacità non ancora sfruttata, i consumi, la ripresa degli investimenti». Il presidente della Federal Reserve non ritiene che ci sarebbe bisogno di un ulteriore taglio alle tasse, come vorrebbe Bush: non lo esterna, ma teme chiaramente che aumenterebbe l'enorme deficit del bilancio dello Stato, quasi il 5% del Pil o prodotto interno lordo.

Sono previsioni confortanti non solo per l'America, la cui crescita nel 2004 sarebbe del 4,6%, ma anche per l'Europa, che è in ritardo e che dovrebbe andarle al traino. Senonché Greenspan vede dei pericoli sul percorso dell'economia Usa. Uno sono i deficit: quello dei conti correnti, anch'esso il 5% del Pil, è altrettanto grave. Un altro pericolo è il rincaro del petrolio «dovuto in parte alla debolezza del dollaro», ammonisce Greenspan. Un terzo sono le pressioni salariali: «Non so se parlare di una recessione dei salari - commenta il grande timoniere della finanza internazionale - ma sono destinati a salire perché bloccati troppo a lungo». Un quinto è la prospettiva di surriscaldamento delle economie asiatiche.

Greenspan prevede un rallentamento del ritmo produttivo e un rilancio dell'occupazione negli Stati Uniti, e avverte le imprese che i due fattori incideranno sui profitti, oggi molto alti. E' fiducioso: «Le imprese - sostiene - hanno la capacità di assorbirli». Ma se queste e altre spinte - quelle esterne - si accentuassero, conclude, potrebbe tornare l'inflazione. Per il presidente della Fed, il cui mandato scadrà tra due anni, è la sfida finale. Greenspan ha risollevato l'America dalla più breve e lieve recessione della storia, quella del 2001, ha evitato la deflazione, e riprende a combattere il nemico di sempre. E' un compito, tuttavia, in cui gli occorre l'appoggio di Bush, chiamato a ridurre i due terribili deficit.

Se Bush glielo negasse - ed è possibile per motivi elettorali - Greenspan chiuderebbe la carriera con una sconfitta che non merita.

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