Da La Stampa del 19/04/2004

Osservatorio

Spagna, Europa, Iraq la problematica svolta di Zapatero

di Aldo Rizzo

Completato il giuramento dei ministri, oggi comincia la vita ufficiale del nuovo governo spagnolo, il governo di José Luis Rodriguez Zapatero. La prima cosa che mi sembra giusto osservare è il clima di grande civiltà politica con cui è avvenuto il passaggio dal governo di centrodestra di Aznar a quello di centrosinistra. L'amarezza di una sconfitta imprevista del suo partito, in parte legata al terribile trauma dell'11 marzo, non ha impedito a Aznar un assoluto «fair play» nei confronti del suo successore, in tutte le fasi procedurali della transizione, ma non solo. E' la prova di quanto radicata sia ormai la democrazia liberale, come prassi e come spirito, in un Paese che fino a meno di trent'anni fa era retto da una dittatura parafascista.

Detto questo, doverosamente, bisogna chiedersi che cosa cambierà da oggi in Spagna e in conseguenza in Europa. La cosa che ha subito colpito l'attenzione internazionale è stata l'intenzione, espressa dai socialisti durante la campagna elettorale e confermata dopo la vittoria, del ritiro del contingente spagnolo dall'Iraq il 30 giugno, salvo che nel frattempo non intervengano novità, come un reale passaggio di poteri a Baghdad e un ritorno dell'Onu come garante effettiva del futuro iracheno. E' sicuramente una svolta, rispetto al governo di centrodestra, che aveva condiviso fin dal principio e anzi fin dalla vigilia la guerra «preventiva» di Bush, con un allineamento totale alla linea ufficiale americana, nonostante il parere contrario della stragrande maggioranza dell'opinione pubblica.

Una svolta di cui si aspetta la realizzazione pratica. Già il primo governo socialista, quello di Felipe Gonzalez del 1982, andò al potere contestando l'adesione della Spagna alla Nato, ma, quattro anni dopo, promosse un referendum, di cui favorì l'esito positivo (per la Nato). E addirittura Javier Solana, uno dei più accesi contestatori, sarebbe diventato più tardi il segretario generale dell'Alleanza. Non intendo fare l'elogio del trasformismo, o dell'opportunismo, ma del realismo, favorito del resto da una condivisione dei valori occidentali che non era mai venuta meno. Un'evoluzione di questo tipo può ripetersi per l'Iraq? Non sembrerebbe, dalla dichiarazione televisiva di Zapatero di ieri, per un ritiro delle truppe «al più presto e nella maggiore sicurezza possibile». Ma potrebbe essere una mossa tattica, certo piuttosto spinta, per accelerare una riflessione internazionale sull'insostenibile, nei termini attuali, situazione irachena.

Un'altra svolta, questa tutta positiva, riguarda la politica europea del nuovo governo. José Maria Aznar ha avuto molti meriti nei suoi otto anni alla Moncloa, il Palazzo Chigi spagnolo, per quanto riguarda l'economia e lo sviluppo del Paese e, in generale, la sua «crescita», non solo economica, ma è stata molto deludente la sua partecipazione al processo d'integrazione europea. Con Blair e Berlusconi, e poi col polacco Miller, ha privilegiato, come usa dire, una visione «intergovernativa» dell'Ue, rispetto a quella «a tendenza federale», credendo come gli altri di difendere meglio l'«interesse nazionale», ma dimenticando come questo sia ormai poco o per niente dissociabile dall'«interesse europeo». Fino a bloccare, con Miller, il varo della Costituzione. Questo lo ha messo in rotta di collisione con Francia e Germania, che hanno avuto anch'esse dei torti ultimamente, ma senza le quali non c'è Europa che tenga, a 15 o a 25 che sia. Tornare a un dialogo fattivo con Parigi e Berlino è invece il proposito del nuovo premier madrileno (tanto più che si è aggiunta anche Londra, in una misura speriamo concreta), e il proposito dichiarato è di sbloccare, grazie a un ripensamento anche polacco, il varo della Costituzione europea, in tempi brevi.

La Spagna è il quinto «grande» dell'Ue su 25 membri ormai (e per ora). Il suo ruolo è determinante, comunque molto influente. Zapatero ha scelto come suoi principali collaboratori «operativi» due sperimentati europeisti, l'ex commissario europeo Pedro Solbes e l'ex inviato di Bruxelles in Medio Oriente Miguel Moratinos. Sono entrambi una garanzia, di rigore economico europeo e d'identità dell'Ue nella politica estera. E alla fine tutto si tiene. Un'Europa forte sarà una migliore alleata dell'America, anche per uscire positivamente dal drammatico pantano iracheno. Ma anche alla Moncloa bisognerà tenere i nervi a posto.

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