Da Corriere della Sera del 18/04/2004

La fine del medico che muoveva i kamikaze

Hamas è disorientata. Un dirigente rifugiato all’estero: «Vi prego, teniamo segreto il nome del successore»

di Guido Olimpio

MUSCAT (Oman) - L'uccisione di Yassin non aveva spaventato Abdel Aziz Rantisi. Lo aveva costretto solo a cambiare qualche abitudine. Usava di meno l'auto nel tentativo di sottrarsi alla caccia degli Apaches, gli elicotteri israeliani che vedono e colpiscono anche al buio. Se riceveva i giornalisti rimaneva lontano dalle finestre per non offrirsi come bersaglio al cecchino. Non è servito a nulla. Come non era servito a Yassin e a tutti gli altri dirigenti di Hamas finiti nel mirino israeliano. Tutti spazzati via.

Per questo, ieri sera, Khaled Mashal, il capo esterno di Hamas, ha lanciato attraverso la tv Al Jazira un drammatico appello ai suoi compagni: «Eleggete rapidamente il successore di Rantisi a condizione di non rivelarne il nome. Vi prego, vi prego, vi prego mille volte - ha ripetuto - di non far sapere chi sarà il capo che eleggerete». Da quando è scoppiata l'intifada, nel settembre 2001, nel movimento palestinese si fa carriera sostituendo i caduti.

Ed è quello che accaduto a Rantisi. Pediatra di 56 anni, cresciuto negli ambienti della Fratellanza musulmana, ha fondato nell'88 insieme a Yassin il gruppo Hamas. In questi anni si è conquistato una fama da duro, rilasciando interviste di fuoco, spingendo affinché il partito si attestasse su posizioni radicali. E mentre il suo leader spirituale non escludeva una tregua con il nemico, il medico-guerriero faceva trapelare il suo dissenso. Quando è stato nominato alla testa di Hamas ha subito messo in chiaro: «Bush è un nemico di Dio e dell'Islam». Toni usati per assecondare i suoi progetti e compiacere una piazza disperata, in cerca tanto di giustizia che di vendetta. Poi, man mano che crescevano le responsabilità, Rantisi ha assunto una linea pragmatica intavolando la trattativa con l'Autorità palestinese.

Guidare Hamas è un compito difficile. Un movimento, con una grande base sociale, attraversato da forti tensioni e sensibile alla realtà tumultuosa di Gaza. Come ha dimostrato la doppia investitura dopo l'omicidio di Yassin: Rantisi responsabile per i territori e Khaled Mashal, dirigente della diaspora. Una divisioni di poltrone che per alcuni osservatori è stata il risultato naturale delle divisioni tra chi vive all'estero, al riparo dalle pressioni quotidiane israeliane, e chi invece è rinchiuso a Gaza o in Cisgiordania. Per altri l'esito di un patto sottobanco tra i due per assumere il controllo dell'organizzazione.

In Cisgiordania, Hamas può contare solo su pochi dirigenti locali, che devono badare più a nascondersi che a dirigere. A Gaza, il grande bacino di raccolta dei consensi, restano Mahmoud Zahar e Ismail Hanyeh. Esponenti della linea "pragmatica", hanno dovuto assumersi crescenti responsabilità per rimpiazzare i vuoti lasciati dai blitz israeliani.

E' possibile che la scomparsa di Rantisi finisca per accrescere il peso degli uomini della diaspora. Vivono in Libano, Iran, Siria e negli Stati del Golfo Persico, area che garantisce un flusso continuo di denaro nelle casse di Hamas. La figura più importante è quella di Mashal. E' il capo dell'ufficio politico, conta su una buona rete di rapporti con i governi arabi e movimenti estremisti della regione. Può inoltre vantare di essere scampato ad un attacco del Mossad, il servizio segreto israeliano. Un'operazione tentata ad Amman: gli 007 gli iniettarono un veleno nell'orecchio ma vennero scoperti dalla polizia giordana. Mashal usa come punto d'appoggio Doha, la capitale del Qatar e sede della televisione Al Jazira , pulpito mediatico eccezionale per tutto il mondo islamico.

Vive all'estero anche Moussa Abu Marzouk, considerato un rivale di Mashal. I dirigenti dell'esterno dovranno però lavorare molto e sodo per catturare consensi nei territori occupati. Anche se nessuno contesta apertamente i titoli di Mashal, è chiaro che i militanti alla prese ogni giorno con raid, arresti e miseria, la vita dei capi della diaspora può apparire un lusso. Una relazione spesso contrastata ma tenuta sotto controllo da Yassin. Una volta scomparso lo sceicco, Rantisi ha cercato di trovare un compromesso. Adesso il rapporto dovrà essere adeguato alla nuova situazione.

Il confronto avrà conseguenze sull'apparato militare, le Brigate Ezzedine Al Kassam. Il capo delle cellule a Gaza è sempre Mohammed Deif, un altro morto che cammina. Arruolatore di kamikaze, abile nella preparazione di bombe, è sfuggito ad almeno due attacchi degli israeliani. Chiuso a Gaza e ricercato, non è riuscito a vendicare Yassin. Secondo le analisi della sicurezza può contare solo su giovani inesperti. Appartenevano a queste nuove leve due ragazzi, mandati in una missione senza ritorno, contro una postazione israeliana. Per aggirare i controlli avevano cercato un'infiltrazione dal mare. Per «punire» Israele, Deif potrebbe chiedere la collaborazione di altri gruppi palestinesi e, forse, dei qaedisti.

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