Da La Stampa del 15/04/2004

Un sogno con le rughe

di Domenico Quirico

Il problema di essere guidati da un vero leader è che, prima o poi, arriva un dopo. Quando le sue intuizioni sono esaurite, quando il pugno di ferro dello statista e dell’innovatore si rannicchia nel ricordo e nei libri di storia, avanza un popolo inquieto avido ansioso sussurrante: il popolo dei seguaci, degli attendenti, degli imitatori senza genio. In Sud Africa Nelson Mandela non è più presidente da cinque anni, distilla ogni tanto consigli e saggezza con la discrezione e l’eleganza dei Grandi. Il Paese ha festeggiato ieri i dieci anni dalla fine dell’apartheid in fila nei seggi per le terze votazioni della sua giovane storia; per molti aspetti è come se Mandela fosse ancora lì, sul palco dei candidati. Perché vige una singolare, unica forma di monopartitismo per eredità carismatica. Sulle schede elettorali ci sono i (mediocri) eredi di Mandela, ma gli elettori continuano in realtà a votare lui, il suo sorriso, le sue speranze, i suoi slogan. Troppo «bianchi» i dignitosi esponenti della Democratic Alliance, troppi ricordi sgradevoli con le facce boere del New National Party, troppo tribale e manesco il partito zulu di Buthelezi. E così Thabo Mbeki, l’erede, il nuovo presidente è impegnato a lottare con sé stesso per superare la percentuale delle elezioni di 5 anni fa e raccattare una scusa al progetto di mutare la costituzione e candidarsi tra cinque anni per un terzo mandato.

L’apartheid è finito, la democrazia è consolidata ma in Sud Africa si continua a scegliere secondo i meccanismi del voto etnico. E l’African National Congress resta il partito della maggioranza, nonostante le delusioni. Perché si sta diffondendo nell’Africa Australe un singolare colonialismo sudafricano: farmer boeri comprano grandi estensioni di terreno in Mozambico, Angola, Namibia; impiantano commerci, si impadroniscono delle economie disastrate dei vicini. Secondo una statistica un sudafricano su tre si è recato a un funerale nell’ultimo mese. E’ colpa della Grande Lebbra che sta soffocando il paese, l’Aids: cinque milioni di persone su 44 sono sieropositive. I vuoti aperti nelle fabbriche, nelle scuole, nelle miniere stanno già cominciando a rosicchiare spietatamente gli indici di crescita economica. Una generazione muore e si porta con sé capacità, braccia, speranze, sogni. Mbeki ha girato il paese per raccogliere le lamentele della gente con il suo sorriso enigmatico. Dopo anni di ostinata ottusità terzomondista si è da poco rassegnato a riconoscere la gravità del pericolo. E altre cifre incalzano: il quaranta per cento della popolazione è senza lavoro e le città sono malebolge assediate da una violenza endemica troppo diffusa per non assomigliare a una forma brutale di protesta sociale. Quante rughe sui sogni di dieci anni fa!

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