Da Corriere della Sera del 08/04/2004

Indagine dell’ufficio studi di Palazzo Koch sulla redistribuzione del reddito nel periodo 2000-2002

Bankitalia: ceti medi più poveri, aumentano i ricchi

Gli stipendi di operai e impiegati calano dell’1,8%. Per gli autonomi crescono del 4,4%

di Stefania Tamburello

ROMA - Un po’ di italiani sono diventati più ricchi. Ma non si tratta certo della maggior parte. Anzi, moltissimi di loro sono diventati più poveri. Dopo mesi di dibattito sul livello di impoverimento dei ceti medi e sulla parte più debole della popolazione arriva una ricerca statistica, condotta dalla Banca d’Italia, a confermare la redistribuzione di redditi e ricchezza avvenuta negli ultimi anni. Il risultato che emerge è semplice: i più ricchi hanno aumentato i loro redditi mentre i più poveri se li sono visti diminuire. L’indagine è a campione ed esamina l’evoluzione dal 2000 al 2002: un biennio nel quale hanno governato il centrosinistra e il centrodestra e nel quale è avvenuta la più grossa novità del dopoguerra. E cioè il passaggio dalla lira all’euro, la moneta unica dell’Europa.


PIU’ POVERI OPERAI E IMPIEGATI - Il reddito medio annuo delle famiglie italiane, al netto di imposte e contributi, è risultato nel 2002 pari a 27.868 euro, cioè circa 2.322 euro al mese. Rispetto al 2000 è aumentato del 6,8% in termini nominali e dell’1,1% in termini reali, cioè depurato dall’inflazione che è stata pari nel periodo al 5,7%.

Seppur di poco gli italiani hanno dunque migliorato nel complesso la loro situazione. Ma a ben vedere è andata bene solo alle famiglie guidate da un lavoratore autonomo, commerciante o professionista che sia, che hanno incassato il 10,1% nominale e il 4,4% reale in più. Non così i nuclei con un capofamiglia lavoratore dipendente che hanno percepito solo il 5,7% di redditi in più rimanendo quindi, vista l’inflazione, con le stesse risorse di prima in termini reali.

Se poi i lavoratori dipendenti sono operai e impiegati gli introiti familiari sono aumentati solo del 3,9% che in termini reali significano una contrazione dell’1,8%. Ma non basta. L’indagine dimostra che la flessione del reddito disponibile è stata più ampia per chi sta peggio: la fascia dei più poveri ha subito in due anni una decurtazione reale dei redditi del 4,4%. I pensionati si sono barcamenati anche se i miglioramenti sono rimasti al di sotto dell’1%.

Le cose non cambiano se si guarda ai redditi pro capite anche se, dato che tendenzialmente il numero dei componenti di una famiglia diminuisce, la crescita risulta superiore a quella della media familiare. Restano anche, ma questa non è una novità, le differenze territoriali col Nord e il Centro favoriti per quel che riguarda l’incremento dei redditi.


LA CONCENTRAZIONE DELLA RICCHEZZA - Il fenomeno che si riscontra nei redditi si ritrova anche nella ricchezza, cioè nella somma di beni finanziari e immobiliari delle famiglie. In questo campo la concentrazione aumenta: la quota di ricchezza posseduta dal 5% delle famiglie più abbienti è passata negli ultimi dieci anni dal 27 al 32% e quella posseduta dall’1% delle famiglie più agiate è cresciuta dal 9 al 13%. I più poveri hanno invece peggiorato la loro situazione: gli operai, per esempio, hanno registrato nel 2002 un livello di ricchezza sceso al 38% del valore mediano, cioè di quello posseduto dalla metà delle famiglie italiane.

In forte crescita risulta peraltro la ricchezza dei nuclei con capofamiglia dirigente mentre resta stabile ma alta, pari circa al doppio del valore mediano, quella dei lavoratori autonomi. Fra i quali si trovano gli investitori che hanno una maggiore propensione al rischio. Coloro cioè che alla tranquillità dell’investimento in titoli di Stato preferiscono azioni, obbligazioni e fondi comuni.


IL TITOLO DI STUDIO RENDE - La Banca d’Italia conferma: studiare fa bene al reddito. I laureati infatti hanno percepito nel 2002 un reddito da lavoro pari a più del doppio di quello incassato da coloro che non hanno titoli di studio (22.768 euro rispetto a 7.840 euro): il divario è superiore al passato, in quanto per i primi si è registrato un aumento e per i secondi una diminuzione rispetto al 2000 (rispettivamente 19.850 e 7.999 euro).

Un’altra curiosità che emerge dall’indagine condotta dall’Ufficio Studi di Via Nazionale riguarda le pensioni o meglio i futuri pensionati: il 13% del campione sarebbe disposto a posticipare la data di pensionamento a fronte di incentivi economici, compreso il cumulo tra pensione e reddito da lavoro.

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