Da Corriere della Sera del 30/03/2004

Francia, ora è in bilico il governo di Raffarin

Dopo la disfatta elettorale l’Eliseo lavora a un largo rimpasto. Anche il premier potrebbe avere le settimane contate

di Massimo Nava

PARIGI - La stagione di Jean-Pierre Raffarin sembra volgere al termine. Questione di mesi. Troppo pesante la sconfitta di domenica e troppo ravvicinato il prossimo test - le elezioni europee di giugno - perché Chirac e il centro destra si affidino ancora per molto tempo all'attuale capo del governo. L'uomo nuovo, il «provinciale» che doveva dare voce alla Francia dimenticata dal potere centrale, il riformista che voleva cambiare lo Stato sociale, è stato travolto dall'onda rosa che ha conquistato quasi tutte le regioni francesi. Un risultato anche beffardo se si considera che alla destra resta solo la periferia dell'impero chiracchiano (Alsazia, Réunion, Mayotte) mentre passano a sinistra anche regioni di tradizione cattolica e conservatrice.

Ieri mattina, Raffarin è andato all'Eliseo. Riunione ristretta con i principali collaboratori di Chirac. Per ora si lavora ad un largo cambiamento della formazione di governo, ma già circolano i nomi dei possibili successori di Raffarin, il presidente dell'Assemblea, Jean-Louis Debré, e l'attuale ministro per le Politiche Urbanistiche, Jean-Louis Borloo. Nel primo caso, una soluzione istituzionale, di stretta osservanza gollista, ma gradita a tutte le correnti di un centro destra litigioso e senza bussola. Nel secondo, un giovane molto attivo nelle aree popolari più difficili e una scelta d'immagine.

Il nome che, secondo i sondaggi, tutta la destra vorrebbe è quello di Nicolas Sarkozy, ma il ministro degli Interni si accontenterebbe di poteri allargati, non volendo bruciare le ambizioni presidenziali in un posto che, nella storia del potere francese, ha sempre bruciato quelle di tutti i pretendenti.

Si chiama «maledizione di Matignon» e colpisce regolarmente gli inquilini del palazzo donato alla Francia da una nobildonna genovese e sede del governo francese. In genere cadono in disgrazia dopo due anni, a prescindere dal colore politico e dalla bontà del loro operato. Toccò a Juppé, Mauroy, Jospin, Balladur e allo stesso Chirac. Oggi colpisce Jean-Pierre Raffarin. La causa, al di là delle scelte degli elettori, sta anche nel ruolo che il primo ministro ha nel sistema francese, una sorta di parafulmine della politica presidenziale. Un compito defatigante e senza gloria, come ricordano quasi tutti i predecessori.

Jean-Pierre Raffarin, con il suo profilo di pugile incupito dalla disfatta, è l'immagine del capro espiatorio, ruolo che sembra assolvere con lo stesso spirito di servizio con cui era entrato a Matignon. Pronto al ben servito, ma pronto anche a resistere, se glielo chiedono. «Nonostante tutto è un ottimista e un coraggioso», assicurano gli uomini a lui più vicini.

Questa volta però il «parafulmine» potrebbe non tenere lontano la tempesta da Jacques Chirac, considerato apertamente o sottovoce il vero responsabile della sconfitta. Sotto accusa c'è un intero sistema di potere e di clientele che ha condizionato e in qualche caso contraddetto scelte e aspirazioni del governo. A questo si aggiunge il disagio del popolo gollista, perché Chirac ha saputo dilapidare il consenso plebiscitario che lo aveva portato all'Eliseo.

«Un meccanismo di autodistruzione che si ripete regolarmente ogni due anni», nota Le Monde , ricordando la precipitosa dissoluzione dell'Assemblea nel '97 che regalò la vittoria alla sinistra. «E' l'inizio della fine», ha titolato a tutta pagina Liberation .

Oltre che sul cambiamento di formazione, Chirac medita in queste ore sulla rotta da seguire in una Francia che ha detto di no a riforme impopolari e che, nello stesso tempo, reclama modernizzazione e ripresa economica.

Segnali contraddittori che la sinistra, unita e galvanizzata dal successo, si prepara a cavalcare. Chiunque guiderà il governo della Francia nei prossimi mesi, dovrà fare i conti, oltre che con quella «rosa», con l'onda rabbiosa della piazza.

Sindacati, corporazioni, disoccupati, universitari, ospedalieri, impiegati pubblici si preparano a difendere privilegi e garanzie, diritti e rivendicazioni. In una parola il modello di «Stato sociale» alla francese, di cui il sistema Chirac e la tradizione gollista sono sia la soluzione, sia il problema.

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