Da Le Monde del 30/03/2004

In Francia la vittoria storica della sinistra alle amministrative

Chirac, la punizione delle urne

di Jean-Marie Colombani

I francesi hanno inflitto à Jacques Chirac, eletto all’unanimità, meno di due anni fa, una disapprovazione massiccia ed esplicita. Lo hanno fatto alla prima occasione consapevoli che il loro giudizio non sarà preso in considerazione prima della scadenza del mandato presidenziale nel 2007.

La sinistra è in maggioranza, e il capo dello Stato è il primo responsabile della sconfitta del suo schieramento politico. Ecco, quindi, un uomo a cui è stata data piena fiducia dopo lo choc del 21 aprile del 2002, una fiducia popolare inedita sconosciuta prima d’allora, ricondotta al suo stato abituale così come al suo ritmo tutto particolare: quello del capo di una destra chiusa sull’azione di pochi individui, se non addirittura di due sole persone (Juppé-Chirac), le sole ad aver visto Chirac autodistruggersi nell’arco di due anni.

François Mitterrand ha constatato nel corso della sua esperienza che qualunque tipo di governo si consuma nell’arco di due anni. Durante tutta la sua carriera, Jacques Chirac, ha cercato, con particolare cura, tutta personale, di piegarsi a questa regola, lasciando nel ‘76 il governo che dirigeva dal ‘74, prendendo a pretesto l’impossibilità di agire, fallendo, nell’89, di fronte a Mitterrand dopo due anni di coabitazione, autoinfliggendosi ancora, non contento, una nuova coabitazione dopo due anni di potere assoluto nel ‘97; insomma, una tale concentrazione di tutti i poteri tra le sua mani ha condotto alla disapprovazione popolare di questa primavera.

I francesi lo sapevano e nonostante tutto si sono accontentati di un uomo che è, contrariamente a ciò che dice di essere, più degno d’attenzione per le sue capacità di reazione che di azione. Reazioni: fu il caso per la Bosnia, appena eletto, nel ‘95, oppure, in modo ancora più palese, quasi stordito dalla sua audacia, durante l’inverno del 2003 nella querelle irachena di fronte agli Stati Uniti.

Azione: affinché l’azione risulti il più comprensibile possibile, deve innanzitutto essere sostenuta da una visione del tipo: «Come sta il Suo visionario» espressione ironica abituale di Valéry Giscard d’Estaing ad ogni incontro con il suo ex-protetto Jean Pierre Raffarin per sottolineare meglio che Chirac, di visioni, non ne ha mai avute. Su questo argomento, si può parlare di forma e contenuto: il contenuto è fatto di indeterminazione. L’azione esterna della Francia, completamente rivolta al distanziamento dagli Stati Uniti al punto di far credere che questi ultimi siano diventui un antimodello della società è evidentemente contraddetta dall’azione interna, dove ci si preoccupa esclusivamente di adattarsi alla «società di mercato».

Nel momento in cui tutto cambia e si traforma, in cui tutto... sembra essere rimesso in causa, a cominciare dai grandi equilibri geo-strategici, il paese tenta di ridefinire il suo ruolo in modo confuso. L’errore imputabile a Jacques Chirac è stato quello di trasmettere l’impressione di un voltafaccia alla costruzione politica dell’Europa per privilegiare il suo duello franco-mondiale con gli Stati Uniti; la difficoltà che non ha saputo risolvere è dovuta dalla contraddizione, ancora presente, tra il modello culturale anglosassone che impone un cambiamento completo del ruolo dello Stato e la dipendenza dei francesi, il loro rifugiarsi in un certo tipo di sviluppo, sviluppo nel quale lo Stato continuerebbe a giocare un ruolo centrale e di protezione paternalistica.

Il tipo di azione governativa, oltretutto, non ha di certo aiutato a chiarire le cose. I leaders di destra si avvalgono della riforma. E senza dubbio Jean Pierre Raffarin ha portato a termine il suo contratto riformando il sistema pensionistico. Ma i francesi, già in precedenza, sono stati testimoni di una gestione clientelare, che hanno di conseguenza approvato ufficialmente. Un tipo di gestione che ha rassicurato i ristoratori proponendo fondi per 1,5 miliradi, nel momento in cui i recercatori si battono per qualche centinaio di posti di lavoro! Così come gli insegnanti, gli intellettuali e i ricercatori si sono sentiti messi da parte, in ogni caso certamente meno considerati rispetto ad altre categorie di francesi - rivendite tabacchi, ristoratori, medici liberi professionisti - considerati come più vicini alla destra. Ad un punto tale che il governo, sfortunatamente ispirato dalla distinzione tra «Francia superiore» e «Francia inferiore» - si è mai visto un governo capace di autodelegittimarsi ad un livello simile? - non ha avuto nessuna esitazione a flirtare con il popolismo diffuso. Con una spiccata tendenza alla mediocrità che poco si addice ai francesi, desiderosi, invece, di un nuovo slancio, di un dinamismo degno di qualunque virata di orientamento politico. Non soltanto la Francia è stata la prima a rientrare nel periodo economico molle che stiamo subendo, ma rischia oltretutto di uscirne per ultima, con una disoccupazione di massa che si è nuovamente manifestata, con conseguenze disastrose sul tessuto sociale. Di fronte a ciò che bisogna necessariamente chiamare un disastro, cosa si può fare?

L’atto più grave è, in ogni caso, manovrare il suffragio universale. La logica politica dovrebbe dunque spingere Chirac a accettare una nuova divisione dei poteri. Non più, quindi, spartire con la sinistra, ma piuttosto condividere il potere all’interno del suo schieramento, giocando la sola carta che ancora gli resta, quella del suo ministro dell’interno Nicolas Sarkozy. Una soluzione alternativa è già da ora incomprensibile : lasciare al suo posto Raffarin sarebbe come far finta di non aver sentito le proteste del paese- evitare Sarkozy -che incarna ben più che la preoccupazione di ordine pubblico e sicurezza del paese, e cioè la lotta contro l’impotenza del sistema politico - sarebbe mostrare alla Francia che la sola idea che conta è quella che il presidente si fa della sua tranquillità personale.

Dopo tutto, la coabitazione è la normale conseguenza di ciò che si sta compiendo: la fortuna di Chirac è che, da un punto di vista formale, il verdetto dei francesi riguarda solo il potere locale. Gli restano ancora, quindi, tre anni buoni. Non è in questo lasso di tempo che, neppure con una destra ormai consumata, il paese potrà modificare il suo modello di base.

È questa quella che dovrebbe essere la grande domanda del prossimo dibattito presidenziale. In un futuro più immediato bisogna restituire al paese une delle sue priorità ed un obbligo: rispettivamente l’impiego e l’integrazione.

Vittorioso nel 2002 grazie allo sfruttamento demagogico dell’insicurezza sociale Jacques Chirac così come il governo, si sono ritrovati di fronte alla questione economica, che avevano lasciato da parte. La disoccupazione è ridiventata la paura principale dei francesi. La lotta contro la disoccupazione deve quindi essere rimessa al centro di una politica economica e sociale che pare gli abbia voltato le spalle. Quanto all’integrazione, chi non si rende conto che non è più possibile accontentarsi di false promesse o di proclamazioni di principi resi più forti dal fatto di non essere seguiti da nessuna azione di grande ampiezza. Non basta più dire quanto il presidente sia sedotto dal ministro cittadino Jean Luis Borloo per essere sicuri della nostra capacità di mettere in atto un’azione correttrice - a causa della discriminazione positiva - a largo raggio.

La sera del 5 maggio 2002, Jacques Chirac prese la parola di fronte ad una folla entusiasta in Place de la République. Al suo fianco, Bernadette Chirac. Chi non si ricorda del suo sguardo incredulo, quasi paralizzato, di fronte ad una Francia disparata, colorata, sconosciuta proprio sotto ai suoi occhi! Ma, per poter misurare la sfida di questa nuova Francia, di un vero e proprio nuovo crogiolo, per evitare che si approfondiscano la «frattura sociale» e quella etica ci sarebbe stato bisogno di non accontentarsi di dare la gestione del paese in mano ad una destra troppo limitata.

In fin dei conti, molte cose, molte riforme - a condizione che siano quelle giuste - molte azioni - a condizione che siano ambiziose - sono possibili grazie alla crisi. Jacques Chirac ha ricreato le condizioni di crisi politica. Non gli resta che cercare il modo, e gli uomini, per risolverla.

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