Da La Repubblica del 30/03/2004

Il retroscena

Dalla pentole a pressione di Bologna alla dinamite di Genova: ordigni artigianali ma sempre più pote

Le anime della nuova eversione alleate per fare il salto di qualità. Ancora nessuna rivendicazione ma molte analogie con altri recenti attentati

di Carlo Bonini

ROMA - Negli apparati della sicurezza, da un po´ di tempo a questa parte, la chiamano «guerra a bassa intensità» e oggi, chi si è messo a lavorare su questo suo ultimo atto ostile, la racconta in modo tutto sommato semplice. Anche in assenza di una rivendicazione certa, che «pure arriverà», alla trappola esplosiva di Genova viene attribuita una firma incrociando qualche fatto (pochi), più di un´analogia (molte), un movente credibile o, quantomeno, verosimile. Tanto da concludere: «Sono gli anarco-insurrezionalisti».

Se si sta ai fatti, i fatti dicono che l´esplosivo è, ma meglio sarebbe dire appare, dinamite (lo indicano le prime parziali conclusioni rassegnate ieri sera dai laboratori scientifici della Polizia). Ad innescarla, «probabilmente», un timer di tipo artigianale alimentato a batteria. A renderne letale l´effetto, qualche chilo di bulloni di cui uno dei due ordigni (il più potente, quello deflagrato per secondo) era stato fasciato. I due ordigni dovevano aprire e chiudere la trappola su quanti, attirati dalla prima esplosione, si fossero precipitati all´esterno della caserma Ilardi seguendo l´unico tragitto possibile. Chi li ha confezionati e ne ha studiato la collocazione cercava la strage (è l´ipotesi per la quale procedono i pm genovesi Canepa e Canciani).

Qui finiscono i fatti e cominciano le analogie. Le due bombe di Genova - annota l´Antiterrorismo - ripropongono un canovaccio che per strumenti, tempi, modi, obiettivi, le colloca a valle di una sequenza: Bologna, 18 luglio 2001, via Terribilia; Roma 26 febbraio 2002, Viminale; Genova, 9 dicembre 2002, Questura; Bologna, 22 dicembre 2003, strada Maggiore. Altrettante esplosioni per altrettanti ordigni di confezione artigianale rivendicati da sigle «anarco-insurrezionaliste»: una pentola a pressione con polvere nera e diserbante (Bologna, via Terribilia); polvere pirica (Viminale); esplosivo da cava rinforzato da bulloni (questura di Genova); pentole a pressione con diserbante e gas da campeggio (Bologna, strada maggiore). Quattro episodi segnati, in almeno tre circostanze, dalla presenza di un´esca. In via Terribilia, a Bologna, una telefonata alla polizia segnala la presenza di droga nel bauletto della bicicletta in cui è nascosta la bomba. Alla questura di Genova, un fumogeno deve attirare e anticipare l´esplosione in sequenza di due bombe nascoste nei cestini dei rifiuti. A Bologna, in Strada Maggiore, il primo ordigno esplode alle 22.10 per dare tempo al secondo, settato alle 23, di investire quanti sono intervenuti sul luogo della prima deflagrazione.

Bologna, Roma, Genova, Bologna e ancora Genova, dunque. E sempre un unico obiettivo: la Polizia. Soprattutto - ragionano gli investigatori - una stessa mano che rivendica: gli anarco-insurrezionalisti.

E´ abbastanza? E´ abbastanza, evidentemente, per infilare l´indagine su un sentiero profilato. Ancora troppo poco, forse, per provare a rispondere ad un paio di domande: «anarco-insurrezionalisti» chi? E perché ora?

A ben vedere, se le analogie illuminate dall´Antiterrorismo non ingannano, le mani anonime della notte genovese sono le stesse della vigilia di Natale di Bologna e dei tre episodi che l´hanno preceduta. Dunque, quella "federazione" di sigle che proprio allora, nel dicembre 2003, avvertì l´urgenza non solo di assumere la paternità degli ordigni di strada Maggiore ma anche di illustrare al Viminale la "nuova fase" avviata dall´anarco-insurrezionalismo. In quell´occasione, una neonata "Federazione Anarchica Informale" (Fai) informò con un documento della saldatura tra le diverse anime della nebulosa anarco-insurrezionalista. Al punto, avvertiva, che le sigle dell´anarchia dedita agli esplosivi e già responsabili per gli attentati 2001-2202 - "Cooperativa Artigiana Fuoco e Affini", "Brigata XX luglio", "CCCCC" (Cellule contro il capitale, il carcere, i suoi carcerieri e le sue celle) - avrebbero colpito di lì in avanti rivendicando contemporaneamente una paternità singola e una collettiva (la Fai, appunto).

Cosa poi si muova sotto questo ombrello e cosa lo muova è tutto da vedere. Fonti investigative invitano a guardare alla fibrillazione di "Europposizione", cartello politico nato nella seconda metà dello scorso anno in occasione della presidenza italiana della Ue, capace di tenere insieme anime diverse e per certi versi incompatibili dell´antagonismo come gli anarchici, i marxisti-leninisti, l´Autonomia. Altre, più semplicemente, alle ricorrenze di un "calendario antagonista" che proprio la notte del 28 marzo ricorda la morte in carcere di Edoardo Massari. Un´ipotesi "verosimile" quanto quelle che vogliono il possibile movente fiorito, al contrario, nel "cortile genovese". Dunque, che guardano all´arresto recente dei tre frequentatori del centro sociale milanese "Orso". Ovvero, alla forza simbolica della caserma Ilardi, prima stazione di transito e interrogatorio per i "fermati" dai reparti celere.

Certo è che chi ha colpito a Genova fa mostra di una qualche "intelligenza politica". Consapevole che Genova resta il luogo dove il G8 non ha ancora consumato nessuno dei suoi effetti. Dove tre diverse inchieste stringono oggi, in un unico nodo, le responsabilità di magistratura, polizia, antagonismo, promettendo a ciascuno un suo pubblico processo. Non è poco.

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