Da La Stampa del 24/03/2004
Originale su http://www.lastampa.it/_web/_INTERNET/copyfight/archivio/copyfight0403...
Il decreto Urbani e le opportunità della rete
Entra in vigore da oggi il nuovo provvedimento contro la pirateria cinematografica. Continuano le proteste e c'è chi spera nelle modifiche del Parlamento
di Stefano Porro
Da oggi scaricare un file mp3 potrà costarvi una sanzione di alcune migliaia di euro. Dopo aver incassato l'imprimatur del Consiglio dei ministri, il contestatissimo decreto di Giuliano Urbani è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e spetta ora al Parlamento convertirlo in legge entro 60 giorni.
Com'è noto, l'intento del ministro dei Beni Culturali era quello di sostenere l'industria culturale italiana procurando un finanziamento straordinario al cinema e combattendo la pirateria su Internet, ma il suo decreto è riuscito solo a scontentare tutte le parti in causa e ad attirare un coro unanime di critiche.
Protestano i provider, che dovranno assumere per legge la divisa di “polizia della rete”, investendo ingenti somme di denaro per garantire un controllo sulla legalità dei file scambiati attraverso i propri utenti. Protestano i discografici, che si sono sentiti esclusi dal provvedimento, soprattutto per quanto riguarda la parte di sostegno finanziario.
Protestano le associazioni dei consumatori, che paventano la distruzione della privacy dei navigatori. E, infine, protestano i semplici utenti, che proprio non riescono a capire perché, solo per aver scaricato un file mp3 sul computer di casa, devono vedersi trattati alla stregua di criminali. Un vociare di popolo che ha costretto lo stesso ministro Urbani a correggere lievemente il tiro, confidando negli aggiustamenti che il Parlamento potrà apportare agli articoli più spigolosi e controversi del suo decreto.
Tra gli esperti del settore c'è anche chi dalle critiche passa alle proposte concrete. E' il caso di “Società Internet” (ISOC), un'associazione internazionale dedicata allo sviluppo e alla tutela delle libertà della rete, che ha diramato un comunicato secondo cui gli 70% del mercato cinematografico del nostro paese è detenuto da 5 sole aziende, delle quali solo una è italiana.
Una situazione che provocherebbe effetti deleteri sulla diffusione della nostra cultura e sulla libertà di scelta dei consumatori, riducendo le produzioni di cinema d'autore e mantenendo la quota di mercato delle produzioni nazionali al di sotto del 25%.
Perché allora non servirsi di Internet per scavalcare questo oligopolio e rendere più semplice e libero l'accesso ai contenuti digitali da parte dei cittadini? Si creerebbero in questo modo le basi per lo sviluppo di un nuovo mercato, che contribuirebbe in maniera determinante ad abbassare la percentuale di pirateria.
La parola a questo punto spetta al Parlamento, che avrà forse l'occasione di trasformare in un'occasione economica un decreto che finora è stato percepito come un limite eccessivo alla libertà della rete.
Com'è noto, l'intento del ministro dei Beni Culturali era quello di sostenere l'industria culturale italiana procurando un finanziamento straordinario al cinema e combattendo la pirateria su Internet, ma il suo decreto è riuscito solo a scontentare tutte le parti in causa e ad attirare un coro unanime di critiche.
Protestano i provider, che dovranno assumere per legge la divisa di “polizia della rete”, investendo ingenti somme di denaro per garantire un controllo sulla legalità dei file scambiati attraverso i propri utenti. Protestano i discografici, che si sono sentiti esclusi dal provvedimento, soprattutto per quanto riguarda la parte di sostegno finanziario.
Protestano le associazioni dei consumatori, che paventano la distruzione della privacy dei navigatori. E, infine, protestano i semplici utenti, che proprio non riescono a capire perché, solo per aver scaricato un file mp3 sul computer di casa, devono vedersi trattati alla stregua di criminali. Un vociare di popolo che ha costretto lo stesso ministro Urbani a correggere lievemente il tiro, confidando negli aggiustamenti che il Parlamento potrà apportare agli articoli più spigolosi e controversi del suo decreto.
Tra gli esperti del settore c'è anche chi dalle critiche passa alle proposte concrete. E' il caso di “Società Internet” (ISOC), un'associazione internazionale dedicata allo sviluppo e alla tutela delle libertà della rete, che ha diramato un comunicato secondo cui gli 70% del mercato cinematografico del nostro paese è detenuto da 5 sole aziende, delle quali solo una è italiana.
Una situazione che provocherebbe effetti deleteri sulla diffusione della nostra cultura e sulla libertà di scelta dei consumatori, riducendo le produzioni di cinema d'autore e mantenendo la quota di mercato delle produzioni nazionali al di sotto del 25%.
Perché allora non servirsi di Internet per scavalcare questo oligopolio e rendere più semplice e libero l'accesso ai contenuti digitali da parte dei cittadini? Si creerebbero in questo modo le basi per lo sviluppo di un nuovo mercato, che contribuirebbe in maniera determinante ad abbassare la percentuale di pirateria.
La parola a questo punto spetta al Parlamento, che avrà forse l'occasione di trasformare in un'occasione economica un decreto che finora è stato percepito come un limite eccessivo alla libertà della rete.
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