Da La Stampa del 29/03/2004

Argentina, via i ritratti dei dittatori

Generali desaparecidi

di Mimmo Candito

Tra le molte immagini pubblicate dai giornali e poi segnalate per il premio «Foto dell'anno», l'altro ieri ce n'era una che colpiva poco l'attenzione, piatta, grigia, senza nulla di quella drammaticità, di quella tensione, di quell'emozione bruciante, che invece hanno tante foto di guerra giustamente premiate; e a scattarla non era stato un Capa o un Natchway, ma un anonimo e sconosciuto fotoreporter d'agenzia. Eppure, quella foto ha un valore simbolico straordinario, perché segna la fine d'un tempo che ha marchiato la coscienza del nostro mondo, donandogli amaramente due parole che oggi fanne parte del vocabolario universale dell'umanità: «desaparecidos», e «nunca más».

La foto ritrae un corridoio con alcuni ritratti appesi, come in una galleria. A sinistra, su una scaletta bassa, di quelle a due gradini, si vede un alto ufficiale che sta porgendo a un inserviente in camice grigio uno di quei quadri, che egli ha appena staccato dalla parete; nello sfondo assistono alla scena alcuni ufficiali in tuta mimetica che osservano rigidi, e davanti a tutti sta il presidente argentino, Néstor Kirchner.

Il corridoio è la galleria d'onore del Colegio Militar, i ritratti alle pareti sono le foto dei generali che hanno diretto il Colegio, l'ufficiale che sta staccando dalla parete un ritratto è il comandante dell'esercito argentino, generale Roberto Bendini. Bendini sta eseguendo l'ordine del presidente della Repubblica, di portar via da quel patio due ritratti «indegni», dei generali Videla e Bignone, che furono direttori del Collegio ma furono anche i comandanti della Junta che provocò la morte e la tortura di 30.000 argentini. E la «location» della foto è la infame Esma, il maggior centro di tortura e violenze a Buenos Aires, negli anni della dittatura.

Mai avremmo immaginato di poter vedere un generale a quattro stelle - comandante dell'esercito che guidò repressione e assassinio di massa - obbligato ora a trasformarsi in inserviente per liberare un corridoio d'onore da due ritratti infamanti. L'Argentina vive tempi difficili, la memoria del passato le sta ancora addosso e dilata e drammatizza le difficoltà delle sue crisi politiche; quattro generali si sono dimessi dalle forze armate, quando hanno visto la foto del loro comandante in bilico sulla scaletta delle pulizie. Ma sono i prezzi che ogni società deve pagare, per liberarsi dall'angoscia delle tragedie che violentano la storia dei popoli.

L'Argentina di oggi ha dichiarato incostituzionali, la scorsa settimana, i due decreti d'amnistia che Carlos Menem aveva firmato per liberare sei generali felloni e assassini. E ad agosto dell'anno passato il Congresso aveva annullato le leggi del «punto finale» e della «obbedienza dovuta», che avevano aministiato i responsabili dei 30mila desaperecidos. Tocca adesso alla Corte suprema decidere; ma intanto una foto ci racconta che nel corridoio d'un tristo edificio che sarà Museo della Memoria ci sono due posti vuoti, ora e per sempre.

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