Da La Repubblica del 28/03/2004

Il costo in dieci anni

Così la Campania soffoca

Gli affari della camorra, gli impianti mai nati e le "ecoballe"

di Antonio Cianciullo

NAPOLI - Un campo di fave e accanto una distesa informe di rifiuti bruciati. Una fila di prugni in fiore e vicino il canaletto di scolo dei liquami infetti. Una cisterna romana del primo secolo dopo Cristo e a fianco un inghiottitoio per rifiuti largo più di cento metri e profondo 70. Così una delle pianure italiane in cui l´agricoltura ha più storia è stata trasformata in un gigantesco deposito di spazzatura. Una groviera purulenta dalla quale escono miasmi che contaminano i campi e fanno impennare l´indice dei tumori.

Siamo nel «triangolo della monnezza», tra Qualiano, Giugliano e Villaricca: qui, a 25 chilometri da Napoli, comincia l´area che nel piano regolatore della camorra è stata assegnata alla sepoltura illecita dei rifiuti. E´ una zona ampia, divisa tra i clan che controllano il Napoletano e il gruppo dei Casalesi. Qui la ricchezza ha cambiato fonte. Una volta il fatturato veniva dagli ortaggi, dalle primizie, dalla falanghina, dal turismo. Oggi viene dalla diossina, dai metalli pesanti, dai fenoli, dai pcb. Secondo il Rapporto Ecomafia 2003 della Legambiente, la gestione dei rifiuti pericolosi in Italia frutta 2 miliardi e mezzo di euro all´anno.

E basta girare una giornata nelle stradine che portano alle discariche, nella zona che va dal Napoletano a Casal de Principi, per capire che una parte significativa di questi proventi viene dalla Campania: lo segnala l´abbondanza dei camion accompagnati dalle Mercedes e l´assenza delle auto della polizia e dei carabinieri. Chi è della zona sa quando può passare e quando è meglio tirare dritto facendo finta di niente: è più salutare distrarsi mentre i Tir si fermano per scaricare una parte dei 6,7 milioni di tonnellate di rifiuti speciali che ogni anno spariscono nel nulla grazie al collaudato sistema del «giro di bolla», la contraffazione delle certificazioni di provenienza necessarie al trasporto.

Del resto i rifiuti costituiscono solo un segmento del ciclo di lavorazione della malavita organizzata. «Le vede quelle case che poggiano su pilastri legati da una ics? Il rinforzo serve a farle stare in piedi, perché poggiano su uno strato di terriccio che copre una vecchia discarica in assestamento», raccontano Peppe Ruggiero e Raffaele Del Giudice, che seguono il settore legalità della Legambiente. «Qui la camorra prima ha guadagnato scavando illegalmente le cave. Poi riempendo i buchi con i rifiuti pericolosi. Infine costruendoci sopra le case. La tragedia è che questo sistema illegale è l´unico che qui dà lavoro».

Il prezzo da pagare per quest´economia clandestina è pesante. Secondo la Asl di Giugliano i decessi per malattie tumorali sono saliti dal 27, 5 per cento del 1994 al 31, 4 del 1996. E nell´agro aversano i tumori per i quali è stata chiesta l´esenzione dal ticket sono passati dai 131 casi del 1996 ai 560 del 1999.

«Mio figlio è morto di leucemia: lavorava con la pala meccanica vicino alla discarica in cui più di dieci anni fa sono finiti i bidoni delle navi dei veleni», racconta Pasquale Ferriello, un agricoltore che ha la casa a poche centinaia di metri dal punto in cui nel 1991 Mario Tamburrino, scaricò i rifiuti tossici che lo contaminarono facendolo finire in ospedale. «E io dico che questo non deve succedere più: se pensiamo al nostro futuro, se restiamo tutti compatti, qui questa schifezza non la portano più».

La chiusura dei conti con il passato è il nodo mai sciolto. Love Canal, la più famosa discarica degli Stati Uniti, quella che inquinava la cascate del Niagara, è stata bonificata grazie a lavori durati 21 anni e costati 400 milioni di dollari. In Campania invece il patto «nuovi impianti a regola in cambio della bonifica del pregresso» non è stato rispettato. Così l´inquinamento procede a strati, come in uno scavo archeologico: sotto i rifiuti tossici e forse radioattivi degli anni d´oro dell´ecomafia, sopra quelli degli scarichi abusivi più recenti, in cima gli ultimi rifiuti, quelli che godono di un bollo di ufficialità che si sta appannando.

Il nuovo ciclo, il processo virtuoso che avrebbe dovuto far tornare alla normalità una regione che da dieci anni vive in emergenza, si basava su tre pilastri. Il primo è la bonifica delle discariche selvagge (che non c´è stata). Il secondo sono gli impianti da cui, attraverso la selezione dei rifiuti, doveva uscire il cdr (combustibile da rifiuti), un materiale che, con involontaria ironia, è stato chiamato «ecoballe». Il terzo era la costruzione di inceneritori che, visto il quoziente di fiducia nelle istituzioni, continuano ad essere respinti a furor di popolo.

«La selezione non funziona: il cosiddetto cdr è in realtà molto simile al rifiuto tal quale», accusano Ruggiero e Del Giudice. «Il cdr risponde ai requisiti di legge», replica Armando Cattaneo, amministratore delegato della Fibe, la società del gruppo Impregilo che ha vinto la gara per la gestione dei rifiuti in Campania. «L´unico elemento leggermente fuori norma è l´umidità: c´è un 1 per cento in più determinato dal fatto che è cambiata la composizione dei rifiuti, ma in fondo stiamo parlando di acqua. In Campania si producono 7.300 tonnellate di rifiuti al giorno. Ne trasformiamo il 35 per cento in cdr. Il che significa che produciamo 1.900 balle al giorno. Basterebbe riuscire a costruire i termovalorizzatori per chiudere il cerchio e risolvere il problema».

Non sono in molti a nutrire tanto ottimismo. Ad esempio il presidente della Commissione bicamerale rifiuti, Paolo Russo, ha ricavato un´immagine diversa da un´ispezione di tre giorni in Campania: «La qualità del cdr racchiuso nelle balle è un punto fondamentale. Parlando con i sindaci e con la gente del posto si sente sempre ripetere che si tratta sostanzialmente di rifiuto tal quale. Per l´Agenzia per la protezione ambientale della Campania invece è tutto in regola. Ma, secondo l´Agenzia per la protezione ambientale di un´altra Regione, la situazione è irregolare. Ora se veramente avessimo accumulato e disseminato sul territorio un milione e 300 mila balle di rifiuti sarebbe un disastro nel disastro: questo materiale è stato trattato senza precauzioni particolari perché tutti erano convinti che fosse combustibile. E´ un sospetto agghiacciante e per chiarire la questione ci siamo rivolti a un istituto internazionale di chiara fama. Ma resta il fatto che a Napoli, a Milano, a Palermo, il Comune gestisce i rifiuti nel suo territorio. Mentre in Campania ci sono territori di serie A, che producono i rifiuti, e territori di serie B, che li devono smaltire senza trarne benefici».

Per risolvere il problema ci sarebbe anche un´altra soluzione, quella suggerita dagli ambientalisti e dall´Unione europea: diminuire la quantità di rifiuti attraverso una raccolta differenziata molto efficiente. Il fatto che nella provincia di Nola siano arrivati a raccogliere in questo modo il 60 per cento dei rifiuti dimostra che la Campania sarebbe in grado di competere con le aree super ecologiste nel Nord Europa. Se fosse lasciata libera di farlo.

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