Da Corriere della Sera del 19/03/2004

Bologna, restano sei indagati nell’inchiesta per l’omicidio del professore

Delitto Biagi, due anni dopo Accuse solo alle nuove Br

Persichetti, unico estradato dalla Francia, verso l’archiviazione

di Giovanni Bianconi

ROMA - Quando sui delitti firmati dalle nuove Brigate rosse c’era il buio più nero, gli inquirenti bolognesi che cercavano gli assassini di Marco Biagi decisero di puntare anche su di lui, un ex-brigatista della generazione precedente - peraltro appartenente all’ala scissionista dell’Unione dei comunisti combattenti, nata in contrasto con le Br-partito comunista combattente - che conduceva in Francia una «latitanza alla luce del sole». Ricercato dall’Italia e estradato dalla Francia senza che nessuno si prendesse la briga di eseguire quella decisione, Paolo Persichetti teneva corsi di scienze politiche all’università Paris VIII con regolare contratto. Su ordine della Procura di Bologna firmato il 24 luglio 2002, quattro mesi dopo il delitto Biagi, il telefono dell’ex-terrorista condannato a 26 anni di carcere per l’omicidio del generale Giorgieri (marzo 1987) fu messo sotto controllo: un mese più tardi Persichetti venne bloccato per le strade di Parigi e chiuso in una cella italiana in poche ore. Formalmente con l’uccisione del giuslavorista non c’entrava ancora, ma una testimone disse ai carabinieri di aver notato una certa somiglianza tra l’uomo che aveva visto passeggiare sotto casa Biagi e quell’ex-br appena estradato dalla Francia. Fu così che, da un’indagine occulta sul presunto ruolo di Persichetti - il quale non solo si proclamava innocente, ma dalla Francia s’era già espresso in termini negativi sulle nuove Br - si passò a quella formale. E per alcuni mesi fu l’unico indagato per l’omicidio Biagi. Finché il 2 marzo 2003 avvenne la sparatoria tra i brigatisti veri - Mario Galesi e Nadia Lioce - e la pattuglia della Polfer guidata dal sovrintendente Petri, rimasto ucciso nello scontro a fuoco come Galesi. Da allora cominciarono le indagini sulle nuove Br che hanno portato agli arresti dell’ottobre scorso e settimane seguenti: 11 persone in carcere accusate di far parte dell’organizzazione che ha firmato gli assassinii di D’Antona e Biagi.

Fino ad ora, nonostante non ci fosse nulla che lo accomunasse ai nuovi brigatisti, Persichetti è stato indagato insieme alla Lioce, a Roberto Morandi, Cinzia Banelli, Simone Boccaccini, Marco Mezzasalma e Diana Blefari Melazzi «per aver attentato alla vita di Biagi Marco, consigliere del ministro del Lavoro, sparando contro di lui sei colpi di pistola da distanza ravvicinata, per finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico... Fatto aggravato per essere dallo stesso derivata la morte di Biagi Marco. In Bologna il 19 marzo 2002, verso le ore 20,15».

Adesso, nel secondo anniversario dell’omicidio, la posizione di Persichetti è stata stralciata in vista della richiesta di archiviazione, mentre la Procura sia prepara a chiedere il rinvio a giudizio degli altri sei indagati (due dei quali hanno rivendicato l'appartenenza al partito armato) per il delitto. Si avvia così a conclusione l’indagine su un latitante fin troppo visibile che svolgeva le sue lezioni universitarie a Parigi mentre le Br uccidevano Biagi a Bologna. Che a sua volta ha provocato altri effetti.

Dopo la consegna di Persichetti, nell’autunno 2002 il governo italiano riprese in mano i fascicoli degli ex-terroristi «rifugiati» in Francia, stilando un elenco di 14 nomi considerati più facili da riavere nelle patrie galere. Si decise di cominciare con Cesare Battisti e altri due br degli anni Settanta le cui pratiche, però, sono rimaste bloccate a Parigi per tutto il 2003. Nel frattempo, un’operazione studiata a tavolino dai Servizi segreti italiani e algerini ha fatto rientrare in Italia Rita Algranati (indicata nel commando che rapì Aldo Moro in via Fani, nel 1978) e il suo compagno Maurizio Falessi. E a febbraio, per tentare di sbloccare le pratiche francesi, con la scusa di una lite condominiale è stato arrestato Battisti, poi scarcerato e in attesa di un nuovo giudizio di estradizione. Un filo che non ha ancora finito di dipanarsi, partito anch’esso dai sei colpi di pistola che la sera di due anni fa spezzarono la vita del professor Marco Biagi.

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