Da Il Mattino del 18/03/2004

Reportage da Madrid

di Vittorio Dell'Uva

MADRID - Un paio di sassi hanno mandato in frantumi la finestra della minuscola moschea dei trentacinque musulmani di Barbastro. Qualche insulto raggiunge, nelle stazioni affollate, i pendolari che hanno la pelle leggermente più scura ed i capelli ricci dei magrebini. Capita che nelle calli che portano ai quartieri degli immigrati, a Madrid come altrove, i radicali della destra razzista, riprendano fiato alla loro maniera, che non prevede troppo coraggio. Scappano dopo uno sputo verso una donna con il capo coperto che avanza. Aspettano la complicità della notte per sprecare vernice scrivendo sui muri che «i marocchini sono tutti assassini». Era fatale che la matrice islamica delle bombe dell'11 maggio, liberasse i veleni aggiuntivi di quanti li tenevano in serbo. Anche gli xenofobi, non meno di altri, possono intravedere dietro i massacri la possibilità di una speculazione politica.

Ma Madrid non ha nessuna intenzione di macchiarsi della vergogna che fece condannare la Spagna dal parlamento europeo nel febbraio del 2000 per il pogrom ad El Ejido di Almeria, dove furono date alle fiamme le case di centinaia di immigrati, braccianti nei campi, collettivamente accusati della morte di una ragazza. La «tolleranza zero» verso i razzisti è uno slogan che diventa azione politica prima ancora che si profili una vera emergenza. Convocati d'urgenza i leader religiosi delle comunità islamiche, governo regionale e municipalità scendono in campo per chiarire, con il sindaco Alberto Ruiz Gallardon che «è da irresponsabili associare l'Islam con il terrorismo». E che «i musulmani non meno degli spagnoli sono parte integrante della società al cui sviluppo contribuiscono».

Non si può certo impedire che, come accade da qualche giorno, restino vuoti i tavoli dei ristoranti arabi, né che la diffidenza metta da qualche parte radici, almeno fin quando le signore dell'elegante barrio di Salamanca non riconosceranno che ci si può fidare delle domestiche ad ore di cui non possono più fare a meno. «La tendenza ad attribuire agli stranieri molti dei mali di Spagna non è di oggi», osserva lo scrittore Joan Barril, mettendo in guardia da pericolose generalizzazioni. I ventiquattromila immigrati del Maghreb che vivono nel quartiere di Lavapies di Madrid non possono essere considerati portatori del virus del terrorismo, anche se tra loro pregava o prendeva il the Jamal Zougam, il grande accusato.

Un po’ di prudenza, a fronte di istinti negatori della convivenza, comunque non guasta. «Prevenire è meglio che reprimere», ricorda Riay Tatari, imam della grande Moschea di Tetuan, sulla M30, pur sottolineando che «non si sono verificati fatti di particolare gravità». Ad antidoti di una certa efficacia già pensa «SOS razzismo» invitando alla vigilanza democratica. In un manifesto appena diffuso e controfirmato da sindacati, partiti ed Ong si chiede a chiunque non soltanto di «denunciare ogni manifestazione xenofoba, fosse anche di limitata portata», ma di ricordare che «proprio i musulmani sono le vittime degli integralisti di Al Qaida che ha compiuto attentati nin Marocco, Turchia e molti Paesi islamici».

Di fronte alla mobilitazione, El M'rabed - presidente dell’Associazione dei lavoratori e degli immigranti marocchini - alza le braccia al cielo chiedendosi se possa bastare. Ma dice anche di avere suggerito norme di comportanento ai propri affiliati: «Noi non possiamo oscurare il sole con una mano. Ai miei dico di non rispondere agli insulti e alle provocazioni. Ogni discussione va assolutamente evitata, anche se non permetteremo che si sviluppi l'islamofobia». «Passerà», dicono le donne musulmane di un ghetto senza cancelli che di umiliazioni, negli anni, ne hanno subite parecchie. E alle minoranze xenofobe rispondono ricordando che ottanta dei morti dell'11 marzo erano lavoratori stranieri e che la comunità marocchina ha pianto anche la morte di una bambina innocente.

Evitare che le tensioni possano svilupparsi davvero sarà anche compito del futuro governo, che con Zapatero ha già promesso un «nuovo patto» sull’immigrazione che «riconosca soprattutto i diritti». Né poco conteranno le ottime relazioni che la Spagna intende conservare con il Marocco e che in qualche misura hanno contribuito a svelare la «menzogna di Stato» con cui i «popolari» avevano tentato di attribuire all'Eta la responsabilità dei massacri.

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