Da La Repubblica del 17/03/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2004/c/sezioni/politica/spagnaita/celter/celt...

Il ministro dell'Interno: In Italia non c'è un rischio maggiore a quello che ha preceduto le bombe di Madrid

"Intelligence e prevenzione per battere il terrorismo"

La strategia di Pisanu: "Bisogna armonizzare le legislazioni e formare squadre multinazionali per scambiarsi informazioni"

di Giuseppe D'Avanzo

Non c'è ragione, e soprattutto non ci sono "riscontri" o "informazioni", per dire che l'Italia sarà il prossimo obiettivo del terrorismo islamico. Il ministro dell'Interno non gira intorno alla questione con i suoi collaboratori. Quando i dispacci d'agenzia danno conto delle "analisi" dell'intelligence che segnalano come giorni di massimo pericolo per il nostro Paese - "date calde" soprattutto per le chiese, i luoghi di culto e i soft target - il 20 marzo, primo anniversario dell'attacco anglo-americano all'Iraq e la vigilia del voto europeo del 12 e 13 giugno, il ministro decide di rendere pubblica la sua "irritazione per tanta leggerezza". "Sono voci allarmistiche del tutto prive di concreto fondamento" detta in una nota.

Sono parole nette, esplicite, avvertite in ore in cui è più semplice per chi ha la responsabilità della sicurezza nazionale tenere alta la soglia di allarme che non riportarla al livello giustificato dalle informazioni in possesso degli investigatori.

Perché tanta sicurezza? Il ministro la spiega così: "Le informazioni della nostra intelligence e dei servizi d'informazione collegati, le nostre forze di polizia e le strutture di coordinamento non ci segnalano alcuna minaccia concreta, attuale e specifica. La situazione non è di emergenza perché non registriamo alcun pericolo né probabile né imminente".

È un Pisanu preoccupato, ma molto prudente quello che incontrerà venerdì i ministri degli Interni europei. Ancora molto poco convinto di quel che è davvero accaduto a Madrid, l'11 marzo. Non c'è dubbio che le indagini indichino la partecipazione di terroristi marocchini - è un fatto, non un'opinione - ma Pisanu si chiede "se la pista islamica sia la sola e unica spiegazione, se lo scenario non debba essere arricchito dalle complicità locali. Sono stati usati 150 chili di esplosivo e non meno di 50 uomini operativi... Gli islamici hanno fatto tutto da soli? Il quadro e le responsabilità delle stragi di Madrid non sono ancora del tutto chiare, definite e cristallizzate...".

Quel che è certo - ragiona il ministro dell'Interno - è che, con l'attentato alle stazioni della capitale spagnola, il quadro della guerra dichiarata contro l'Occidente dalle organizzazioni del fondamentalismo islamico è mutato come i suoi confini e territori. "Come non ci siamo nascosti che, dopo Nassiriya e i devastanti attentati di Casablanca e Istanbul, il terrorismo islamico premeva dall'Africa e dall'Asia e bussava alle porte dell'Europa, così non possiamo nasconderci che, con l'11 marzo, quel terrorismo ha superato la soglia della porta europea. È qui. È tra noi".

Dai giorni di Nassiriya, non sembra ai vertici del Viminale che la situazione italiana sia mutata. "Oggi non c'è un rischio superiore a quello che ha preceduto le bombe di Madrid. Le cellule di matrice islamica utilizzano il nostro Paese soprattutto come base logistica per finanziare le organizzazioni con affari leciti o illeciti, per procurarsi documenti falsi; per reclutare combattenti da spedire sul teatro di guerra.

Questo non vuol dire, però, che il nuovo clima che si è creato in Europa non possa risvegliare una "cellula dormiente" ed è per questo che sono state rinforzate le misure di vigilanza". Nelle riunioni del comitato nazionale per la sicurezza sono stati verificati ancora gli 8.069 obiettivi a rischio e la vigilanza dei 12.761 uomini e i 162 target protetti da 4mila militari.

Da sei giorni Pisanu tiene sotto pressione i direttori dell'intelligence, il capo della polizia, il comandante dei carabinieri. Chiede informazioni accurate e fonti attendibili. Consulta quotidianamente i ministri del G5, Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna. Si intrattiene personalmente con i direttori dei servizi d'informazione dei paesi alleati.

È appunto con un'idea più stretta ed efficace di collaborazione europea e internazionale, e qualche proposta, che il ministro degli Interni parteciperà al vertice di Bruxelles.

"Dobbiamo affrontare la minaccia del terrorismo - dice Pisanu - sul terreno dell'intelligence e della prevenzione. Il primo passo è la costituzione di squadre multinazionali ad hoc incaricate dello scambio di informazioni tra i diversi servizi dell'intelligence e per sviluppare la collaborazione tra i capi delle polizie".

La nascita di una Cia europea non sembra una buona idea al nostro ministro. C'è già Europol. Deve e può funzionare meglio con la collaborazione di tutti. Più circolazione di informazioni. Meno gelosia. Meno "cultura del segreto".

Le proposte che il ministro italiano sottoporrà alla discussione europea ricalcano i programmi già avanzati durante il semestre di presidenza italiana. "Sarà necessario armonizzare le singole legislazioni in tema di terrorismo". È un problema che Pisanu avverte già qui nel nostro Paese dove spesso è accaduto che le decisioni in alcuni distretti giudiziari sono stati in contraddizione con gli esiti processuali raccolti in altri palazzi di giustizia. Lì, una condanna. Là, una assoluzione. Lì, il carcere. Lì, in libertà. "Non sempre quando la polizia richiede mandati di arresto, le procure te le concedono...".

La stessa asimmetria la si può registrare in Europa. La Gran Bretagna non ha esitato a piegare l'articolo 5 della Convenzione europea dei diritti umani per adottare una legge antiterrorismo che consente di detenere a tempo indeterminato, senza un'imputazione, qualunque straniero sospettato di costituire una minaccia per la sicurezza del Paese.

Così la Francia con le leggi Sarkozy e Perben consente lo stato di fermo, senza la contestazione di un reato, per 96 ore e procedure molto segrete d'indagine. Più attenta all'applicazione di leggi straordinarie è apparsa la magistratura tedesca. Per Pisanu, che sempre si definisce "ministro delle garanzie e non delle polizie", è una situazione che deve essere omologata per diventare utile al lavoro degli investigatori e dei giudici, per assicurare una migliore prevenzione.

Altre proposte. Dice Pisanu: "Bisogna adottare delle misure operative, dei protocolli per sviluppare e rendere più efficace la collaborazione finalizzata alla realizzazione di specifici atti investigativi. Intorno a un tavolo tecnico ci devono essere tutti i paesi europei per verificare e mettere a punto gli esiti investigativi e il lavoro delle rispettive intelligence".

Oggi gli accordi bilaterali, pure utili, non permettono di muoversi a tutto campo. E ancora. "Un forte potenziamento dei rapporti con i Paesi moderati del Medio Oriente e del Nord Africa. Un rafforzamento dei rapporti euroatlantici. Un maggior dialogo interreligioso che renda concreta una politica di coesione di integrazione degli immigrati".

Il dialogo è un chiodo fisso per di Pisanu che da tempo insiste sulla "necessità di parlare con l'Islam moderato". "Su 17 milioni d'islamici presenti in Europa solo il 5% frequenta le moschee ed è quindi soggetto alla predicazione estremistica, all'influenza del fondamentalismo religioso e politico, anche se bisogna far attenzione a non far passare per terroristi tutti quelli che frequentano le moschee. Ma se con il 95% che in moschea non va non parla nessuno - ragiona Pisanu - se non avviamo politiche nazionali ed europee che facilitino l'integrazione, anche chi non va in moschea, ma si sente separato o escluso può diventare preda dei predicatori estremisti".

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