Da Il Manifesto del 16/03/2004

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Il prezzo delle bugie

di Ida Dominijanni

Troppo occupati a spaventare l'opinione pubblica attribuendo il merito della vittoria socialista in Spagna a Al Quaeda, troppo impegnati a consegnare al terrorismo il merito di una svolta politica imprevista dai sondaggi e dagli altri consueti termometri dello stato di salute delle post-democrazie mediatiche, molti abituali cantori delle magnifiche sorti della democrazia dell'alternanza tentano di insabbiare il dato più eclatante della sorpresa spagnola: lo schiaffo che l'elettorato ha assestato alla politica della menzogna perseguita da Aznar, dai suoi ministri e dai suoi diplomatici per utilizzare cinicamente ai propri fini l'attentato di Madrid con le sue duecento vittime. Eppure la sequenza dei fatti parla chiaro, sul versante del governo e su quello dei governati. L'arroganza di Angel Acebes, il ministro degli interni, che a quattro ore dalla strage va in tv ad accusare l'Eta «senza dubbio alcuno»; lo zelo di Ana Palacio, ministro degli esteri, nel chiedere la collaborazione degli ambasciatori e dei corrispondenti stranieri a sostegno della medesima versione dei fatti; la considerazione della «pista islamica» solo sabato notte, quando diventava impossibile nascondere la cassetta con la rivendicazione. E dall'altra parte, le immediate manifestazioni di protesta sotto la sede del partito popolare, i fischi ad Aznar il bugiardo al suo seggio, il tam-tam nelle mailing list e nei siti dove corre la controinformazione «orizzontale». Con buona pace dei summenzionati cantori delle democrazie reali tendenzialmente plebiscitarie e manipolate, accade talvolta, è accaduto stavolta in Spagna, che in democrazia si rimetta a funzionare qualcosa che ha a che fare con un'opinione pubblica non del tutto assoggettata dalle tv di regime, e con un bisogno di trasparenza non del tutto anestetizzato dalla rassegnata accettazione del cinismo del potere, e che questo, non la rincorsa dei voti moderati e la conquista del centro, faccia scattare la molla dell'alternanza. Può aver influito, nel caso spagnolo, la reattività di una democrazia giovane, che ha ancora presente o non ha «revisionato» e cancellato la memoria del fascismo. Ma il segnale è di estremo interesse al di là dei confini spagnoli, e al di qua e al di là dell'Atlantico; e non per caso è oggetto di attenta sottolineatura nei migliori commenti sia inglesi sia americani.

Esplosa a Madrid, la politica della menzogna sta diventando infatti una costante delle democrazie contemporanee, in paradossale contraltare alle loro promesse di informazione, comunicazione e trasparenza totali. Ed è stata com'è noto un ingrediente cruciale della campagna di legittimazione della guerra in Iraq condotta da Bush negli Stati uniti e da Blair in Gran Bretagna. Sono passati meno di due mesi da quando il premier inglese è stato assolto dal controverso rapporto Hutton dal sospetto di aver falsificato i dossier contro Saddam Hussein; ma il caso Kelly-Gilligan non è archiviato nella coscienza collettiva. E' passato poco più di un mese da quando David Kay, responsabile della missione Cia incaricata di cercare in Iraq le armi di distruzione di massa che Blix non aveva trovato, è tornato a casa senza le a rmi e con la richiesta a Bush di porgere le scuse al popolo americano. Bush se n'è guardato bene, ma neanche il suo caso è chiuso nella coscienza collettiva, come dimostra l'importanza cruciale che l'argomento del «presidente bugiardo» ha avuto nell'organizzazione via internet della candidatura di Dean prima e nel sostegno a quella di Kerry poi. Né si può sperare che, agitata ad arte per tentare di annegare nel sexgate la popolarità di Clinton, la richiesta popolare di verità e trasparenza si taciti da sola sulla ben più dirimente questione della guerra all'Iraq.

Non è l'ultimo degli effetti della globalizzazione. Nel mondo globale crescono le reti terroriste e le guerre preventive. Ma crescono anche le informazioni, non passano più solo per le tv di stato ma lungo cavi incontrollabili dall'alto: visitare i siti spagnoli degli ultimi giorni per credere quant'è stato facile demolire la versione di stato della strage. Con l'11 settembre è nata un'opinione pubblica globale che si trasmette in tempo reale le smentite alle menzogne del potere, e l'11 marzo ha presentato il conto.

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