Da La Stampa del 10/03/2004
Originale su http://www.lastampa.it/redazione/news_high_tech/archivio/0403/direttiv...
Approvata la direttiva europea sulla proprietà intellettuale
Passa per 50 voti la contestatissima IP Enforcement. Le aziende potranno esigere dai provider i dati degli utenti che infrangono la legge. A Strasburgo protestano i mediattivisti e le associazioni che tutelano le libertà digitali
di Stefano Porro
Il Parlamento Europeo ha approvato ieri la famigerata IP Enforcement, la direttiva sulla proprietà intellettuale fortemente contestata nei giorni scorsi dalle associazioni che difendono la libertà e la privacy degli utenti della rete. A poco sono servite le proteste degli attivisti e gli emendamenti presentati da alcuni eurodeputati (Verdi, Sinistra Unita Europea, Liberali Europei e Popolari Europei) per cercare di mitigare i passaggi maggiormente restrittivi del testo. Secondo il nuovo provvedimento, che uniforma la regolamentazione dei vari stati su tutte le espressioni della proprietà intellettuale (dai brevetti al copyright), i provider saranno obbligati a fornire i dati dei propri utenti che si servono della rete per commettere attività illegali a scopo commerciale.
La direttiva, che suona come un vero e proprio giro di vite contro la pirateria organizzata, introduce però un principio di sorveglianza che viene definito “preoccupante” dai difensori delle libertà digitali. Secondo Robin Gross, rappresentante di Ip Justice, “i dati personali dei cittadini europei dovranno essere forzatamente rivelati ad aziende come Vivendi Universal che potranno colpire ed estorcere denaro anche ai consumatori europei”. Il riferimento non è casuale, dal momento che la contestatissima relatrice del testo, Janelly Fourtou, è anche la moglie presidente della multinazionale Vivendi, Jean-René Fourtou. Cosa che ha fatto subito gridare al conflitto di interessi.
Ma il coro di proteste sollevatosi nelle scorse settimane qualche effetto importante l’ha ottenuto. Gli europarlamentari hanno infatti stabilito che chi scarica musica dalla rete per finalità personali non deve essere perseguito e che le sanzioni saranno solo amministrative e non penali. Cade in questo modo una delle proposte più temute della IP Enforcement, che in una precedente versione instaurava una sostanziale eguaglianza tra le responsabilità degli scaricatori casalinghi di file mp3 e le organizzazioni criminali.
A manifestare pacificamente fuori dal Parlamento Europeo, mentre si svolgevano le votazioni, si è ritrovato ieri uno sparuto gruppo di attivisti, secondo cui le restrizioni introdotte da Strasburgo costituiscono un gigantesco favore alle pressanti richieste delle multinazionali del software, della musica e del cinema. In effetti, provvedimenti simili sono già stati adottati tempo fa dalle big corporate degli Stati Uniti, ottenendo però scarsi risultati e fortissime proteste da parte dei cittadini. La direttiva passerà ora agli stati membri dell’Unione Europea che, nel giro di due anni, dovranno introdurla nel proprio ordinamento apportando ulteriori modifiche. Resta da capire se si tratterà di nuove restrizioni a favore dell’industria culturale o di maggiori spazi di libertà per gli utenti della rete.
La direttiva, che suona come un vero e proprio giro di vite contro la pirateria organizzata, introduce però un principio di sorveglianza che viene definito “preoccupante” dai difensori delle libertà digitali. Secondo Robin Gross, rappresentante di Ip Justice, “i dati personali dei cittadini europei dovranno essere forzatamente rivelati ad aziende come Vivendi Universal che potranno colpire ed estorcere denaro anche ai consumatori europei”. Il riferimento non è casuale, dal momento che la contestatissima relatrice del testo, Janelly Fourtou, è anche la moglie presidente della multinazionale Vivendi, Jean-René Fourtou. Cosa che ha fatto subito gridare al conflitto di interessi.
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