Da La Repubblica del 01/03/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2004/b/sezioni/politica/padapapa/carnevpol/ca...
Il commento
Il carnevale della politica
di Curzio Maltese
La gara di smargiassate fra Berlusconi e Bossi, perfetta sullo sfondo di un bar sport della Brianza, rischia di produrre guai seri al massimo livello istituzionale, quando i bauscia in tenzone sono rispettivamente il capo del governo e il ministro delle Riforme. Nei guai seri, va detto subito, non è contemplata la caduta del governo. Anzitutto non sarebbe un guaio e poi non bisogna prendere sul serio gli ultimatum e i penultimatum a Bossi di Fini e dei centristi che recitano la parte degli umiliati e offesi da due anni e passa.
Il guaio è l'incanaglirsi della lotta politica oltre ogni limite proprio quando il Paese avrebbe bisogno di ritrovare un minimo di serenità e coesione per uscire da una cappa d'infelicità, impoverimento e declino.
Bossi ha chiuso il carnevale politico, cominciato da Berlusconi, con una demenziale guerra di religione, scaturita da un'innocente battuta in romanesco del Papa. Qualcuno si è stupito per i toni violenti. Ma era evidente che nella furia iconoclasta del tandem Berlusconi-Bossi dopo la Costituzione, il Quirinale, la magistratura, l'Europa, prima o poi sarebbe venuto il turno della Chiesa. Altrettanto evidente è che i due agiscono d'intesa e si passano il testimone e la scena.
Quando era Berlusconi ad alimentare la carnevalata, Bossi è stato l'unico degli alleati ad applaudire. Ora che sfila il Carroccio, Berlusconi tace e quindi acconsente.
Se fossimo un Paese normale, la maggioranza finirebbe per scoppiare.
Bisogna prendere atto che in Italia esistono ormai due destre, una eversiva e populista, incarnata da Bossi e Berlusconi, l'altra moderata dei Fini e Follini. Non è un fatto di per sé singolare. Due destre sono esistite, prima che da noi, in altre nazioni europee. Ma non si sono mai alleate al governo, come in Francia, oppure il matrimonio è durato poco, come in Austria e Olanda.
L'anomalia italiana è da un lato che la destra eversiva qui è largamente maggioritaria ed esprime un capo, anzi un padrone riconosciuto. Dall'altro che da noi i Le Pen, gli Haider e i Fortuyn sono due, Berlusconi e Bossi, per giunta in competizione per il record mondiale di populismo.
E' comprensibile la preoccupazione di Fini e Follini. La destra sopravvive di rado a un guappo di cartone, come lo chiamava Indro Montanelli, figurarsi a due. Ed è più facile che Berlusconi e Bossi, alla lunga, distruggano la destra piuttosto che la sinistra. A breve termine tuttavia l'attaccamento alle poltrone, detto anche "lealtà" (Follini) o "presunti valori politici" (Fini), finisce sempre per prevalere. Almeno fino alle elezioni di giugno, quando gli elettori diranno se quelle poltrone sono ancora salde.
Altrimenti tutto può accadere in questa maggioranza che ha stracciato ogni primato di trasformismo della pur rigogliosa tradizione italica. Nel giro di pochissimi anni Berlusconi è passato da figlio prediletto e "scudo televisivo" del Caf (Craxi, Andreotti, Forlani) a "nemico da sempre della Prima Repubblica", quindi è tornato ammiratore del pentapartito "liquidato da un golpe di magistrati" (oltre che riciclatore di tangentisti) per virare in ultimo sulla denigrazione spinta dell'ancien regime. Bossi era quello del "Berlusconi salvatore" , poi "mafioso di Arcore" e "neo fascista" e di seguito "nuovo Carlomagno". Sarà astuzia politica ma comincia a degenerare verso lo stato confusionale. Ieri per esempio il Lutero della Val Brembana ha attaccato il Vaticano anche per i legami con la P2, dove Wojtyla però non risultava iscritto e Berlusconi sì.
Per non parlare di Fini, già pellegrino sulla tomba di Predappio e allievo di Evola, adesso antifascista e antirazzista della prima ora. Basta un colpo di vento elettorale per vedere queste banderuole cambiare casacca un'altra volta.
Quello che si capisce dal carnevale brianzolo è che anche i protagonisti considerano fallita l'esperienza di governo e giocano a presentarsi agli elettori come se fossero all'opposizione. Ma non sono stati l'Europa, Prodi, la Chiesa, Ciampi, Roma ladrona, il comunismo, la Prima Repubblica e neppure la Banca d'Italia a governare il Paese in questi due anni e mezzo, occupando ogni posto con voracità pari soltanto all'incompetenza, accelerando la crisi dell'industria, dei trasporti, della scuola, della sanità, del risparmio e del consumo. Se gli italiani smettono di guardare la sfilata in maschera e si fanno due conti in tasca, questo Carnevale politico è destinato a finire.
Il guaio è l'incanaglirsi della lotta politica oltre ogni limite proprio quando il Paese avrebbe bisogno di ritrovare un minimo di serenità e coesione per uscire da una cappa d'infelicità, impoverimento e declino.
Bossi ha chiuso il carnevale politico, cominciato da Berlusconi, con una demenziale guerra di religione, scaturita da un'innocente battuta in romanesco del Papa. Qualcuno si è stupito per i toni violenti. Ma era evidente che nella furia iconoclasta del tandem Berlusconi-Bossi dopo la Costituzione, il Quirinale, la magistratura, l'Europa, prima o poi sarebbe venuto il turno della Chiesa. Altrettanto evidente è che i due agiscono d'intesa e si passano il testimone e la scena.
Quando era Berlusconi ad alimentare la carnevalata, Bossi è stato l'unico degli alleati ad applaudire. Ora che sfila il Carroccio, Berlusconi tace e quindi acconsente.
Se fossimo un Paese normale, la maggioranza finirebbe per scoppiare.
Bisogna prendere atto che in Italia esistono ormai due destre, una eversiva e populista, incarnata da Bossi e Berlusconi, l'altra moderata dei Fini e Follini. Non è un fatto di per sé singolare. Due destre sono esistite, prima che da noi, in altre nazioni europee. Ma non si sono mai alleate al governo, come in Francia, oppure il matrimonio è durato poco, come in Austria e Olanda.
L'anomalia italiana è da un lato che la destra eversiva qui è largamente maggioritaria ed esprime un capo, anzi un padrone riconosciuto. Dall'altro che da noi i Le Pen, gli Haider e i Fortuyn sono due, Berlusconi e Bossi, per giunta in competizione per il record mondiale di populismo.
E' comprensibile la preoccupazione di Fini e Follini. La destra sopravvive di rado a un guappo di cartone, come lo chiamava Indro Montanelli, figurarsi a due. Ed è più facile che Berlusconi e Bossi, alla lunga, distruggano la destra piuttosto che la sinistra. A breve termine tuttavia l'attaccamento alle poltrone, detto anche "lealtà" (Follini) o "presunti valori politici" (Fini), finisce sempre per prevalere. Almeno fino alle elezioni di giugno, quando gli elettori diranno se quelle poltrone sono ancora salde.
Altrimenti tutto può accadere in questa maggioranza che ha stracciato ogni primato di trasformismo della pur rigogliosa tradizione italica. Nel giro di pochissimi anni Berlusconi è passato da figlio prediletto e "scudo televisivo" del Caf (Craxi, Andreotti, Forlani) a "nemico da sempre della Prima Repubblica", quindi è tornato ammiratore del pentapartito "liquidato da un golpe di magistrati" (oltre che riciclatore di tangentisti) per virare in ultimo sulla denigrazione spinta dell'ancien regime. Bossi era quello del "Berlusconi salvatore" , poi "mafioso di Arcore" e "neo fascista" e di seguito "nuovo Carlomagno". Sarà astuzia politica ma comincia a degenerare verso lo stato confusionale. Ieri per esempio il Lutero della Val Brembana ha attaccato il Vaticano anche per i legami con la P2, dove Wojtyla però non risultava iscritto e Berlusconi sì.
Per non parlare di Fini, già pellegrino sulla tomba di Predappio e allievo di Evola, adesso antifascista e antirazzista della prima ora. Basta un colpo di vento elettorale per vedere queste banderuole cambiare casacca un'altra volta.
Quello che si capisce dal carnevale brianzolo è che anche i protagonisti considerano fallita l'esperienza di governo e giocano a presentarsi agli elettori come se fossero all'opposizione. Ma non sono stati l'Europa, Prodi, la Chiesa, Ciampi, Roma ladrona, il comunismo, la Prima Repubblica e neppure la Banca d'Italia a governare il Paese in questi due anni e mezzo, occupando ogni posto con voracità pari soltanto all'incompetenza, accelerando la crisi dell'industria, dei trasporti, della scuola, della sanità, del risparmio e del consumo. Se gli italiani smettono di guardare la sfilata in maschera e si fanno due conti in tasca, questo Carnevale politico è destinato a finire.
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