Da Il Messaggero del 15/02/2004

Galassia Gutemberg Il futuro ha fatto blog

di Fiorella Iannucci

Napoli - E-MAIL? Troppo “stretta” per chi vuole avere non un interlocutore ma un proprio attentissimo pubblico, pronto a commentare un testo, sia pure solo un diario di bordo. Il forum? Meno che mai. Troppo “collettivo” e “specialistico”: una piazza che può andare bene per un dibattito su un tema specifico, non per trovare lettori interessati a quello che ti è capitato magari poche ore prima. La chat, allora. Niente da fare: troppo immediata, troppo breve per chi vuole scrivere (e molto) oltre che comunicare. Eccola la parola d’ordine aggiornata del popolo della Rete: il blog. Pagine web personali, continuamente aggiornate e accessibili a tutti, dove tutti possono intervenire. Si lancia un “post” (un messaggio) in Rete, qualcuno lo apre e risponde, lasciando, se vuole, il suo commento. Facile come lanciare una bottiglia nell’oceano, sapendo che non uno ma un intero popolo di navigatori la afferreranno. E i blogger dilagano. «Sessantamila siti personali censiti. Un fenomeno ormai di massa», dice Serena Gaudino, blogger per divertimento e per dovere professionale, visto che è lei l’organizzatrice del primo raduno nazionale di questa “virtuale” comunità di scrittori “non autorizzati”, come amano definirsi in molti. E dove poteva accadere, se non a Napoli? Dove, se non a Galassia Gutenberg? La più importante rassegna dell’editoria del Sud non smentisce la sua vocazione all’utopia, alla contaminazione di generi (non solo libri, ma anche concerti, mostre, slam poetry ecc.), confermandosi vitalissima e “provocatrice”. Come si addice alla città di Eleonora Fonseca Pimentel e di Masaniello.

Un convegno serale affollatissimo, quello di ieri sera (coordinato da Marino Sinibaldi, “Blog: come cambia la scrittura nella rete”). Presenti i più “celebri” blogger italiani della prima ora: La Pizia, Personalità Confusa, Luca Sofri, ma anche gli scrittori Tiziano Scarpa e Giulio Mozzi, frequentatori assidui del web e blogger più o meno convinti. Finiti tutti insieme al blogparty notturno, per una volta “senza schermo”, rinunciando a quei nomi di fantasia cui la maggior parte ricorre, un po’ per divertimento, un po’ per scaramanzia, o solo per necessità.

Un raduno destinato a cambiare il volto alla “blogosfera” nostrana, accusata di tutto e di più, e quasi mai capita. Dice La Pizia, alias Eloisa Di Rocco, 29 anni, romana, autrice di “Mondo Blog” (Tecniche Nuove editore), vademecum in forma di romanzo della sua esperienza davanti al computer: «Esistono per me solo due tipi di blog: gli informativi (su musica, politica, cronaca, ecc.) e gli espressivi: diari più o meno quotidiani che tutti possono leggere e commentare, veri e propri spazi di scrittura condivisi. E tra questi includo anche i blog fotografici, dove sono le foto a parlare, non le parole». Già, ma perché si ricorre al blog? «Semplice. Per comunicare. E soprattutto scrivere», risponde serafica. Spiega: «Il blog consente di conservare tutti i testi che immetti in rete. Una sorta di archivio privato, ma accessibile a tutti, che non ha corrispettivi nel mondo veloce e smemorato di Internet».

«Puoi inventarti una storia al giorno e raccontarla. E avere immediatamente il parere di chi legge», dice Giulio Mozzi, scrittore e talent-scout (è consulente per Sironi editore della narrativa italiana). Già. Ma c’è qualcosa, nella blogosfera italiana, che varrebbe la pena pubblicare? Si fa serio Mozzi: «Vengono pubblicati uno o due dattiloscritti su mille. Per il blog vale lo stesso principio. E poi, non è mica detto che tutto debba sempre finire in un libro. Quello che scrivo in rete, non è adatto per essere pubblicato: un’occasione in più per raccontare». Ma c’è dell’altro, e non di poco conto. Dice Mozzi: «Da quando ho aperto la mia pagina web, dal maggio 2003, ho pubblicato 350 pagine di diario e ricevuto alcune migliaia di commenti: ho molti più lettori adesso rispetto ai miei primi libri». Aggiunge: «Il blog consente una forma di comunicazione durevole, anche se più rischiosa: scrivere giorno dopo giorno è diverso che covare un libro per sei anni. E può capitare anche di mettere la tua firma su una brutta pagina».

«Quello che mi interessa è raccontare la quotidianità, sì, anche un fatto minimo. Con ironia e autoironia», dice Personalità Confusa, milanese, un lavoro in un’azienda di comunicazione e marketing, deciso a mantenere l’anonimato. «All’inizio era una cosa per pochi, e davvero ero un po’ confuso, anche sulla nuova realtà dei blog. Ma evidentemente la gente si riconosce in quello che racconto, e il numero dei commenti quotidiani è un mio piccolo vanto».

Niente di più allora che un diario privato da leggersi in pubblico? Niente di meno di un moto di narcisismo? «Dal mio punto di vista l’uso del blog ha il merito di aver accelerato nella scrittura e nel giornalismo un processo che era già in atto, quello dell’integrazione tra l’informazione e il commento, tra la didattica e l’autobiografismo», scrive in un suo intervento Luca Sofri, giornalista, pioniere del blog come strumento di controinformazione.

Ma basta davvero una piattaforma software per cambiare il linguaggio? O per garantire quei “saperi in movimento” su cui indaga Galassia Gutenberg? Certo è che la bicicletta carica di libri, simbolo della rassegna, appare più rassicurante. Agli occhi del lettore “vecchio stampo”, e per nulla logorroico. Pardon, blogorroico.

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