Da Corriere della Sera del 11/02/2004

Il Parlamento francese vieta il velo

Legge contro i simboli religiosi a scuola: all’Assemblea Nazionale 494 sì su 561 presenti

di Massimo Nava

PARIGI - La forza di un Paese si vede nella sua capacità di unirsi di fronte a scelte di principio. Fu così alle presidenziali del 2002, davanti alla minaccia nera di Le Pen, quando Chirac fu eletto con l'82% dei voti anche dalla sinistra. E' stato così ieri all'Assemblea nazionale, per la legge sulla laicità. Un voto bipartisan, dopo un dibattito lacerante nella società civile, nonostante la libertà di coscienza lasciata ai deputati. La legge che proibisce di indossare nelle scuole pubbliche segni o abiti che ostentino simboli religiosi è stata approvata con 494 voti su 561 presenti in aula. A favore centrodestra e opposizione socialista. Astenuti i centristi dell'Udf, contro, ma divisi, comunisti e verdi. Fra i deputati dell'Ump, il partito di Chirac, 12 voti contrari e 17 astensioni. Un voto di principio, attraverso il quale la Francia difende il modello di Stato laico e valori scritti nella Costituzione. Valori e modello che si ritengono minacciati da una drammatica ondata di fenomeni antisemiti e xenofobi e dal proselitismo islamico nelle periferie.

L'impegno è adesso di trarre le conseguenze dall'analisi delle cause di questi fenomeni: emarginazione degli immigrati, conflitto etnico e territoriale, abbandono scolastico, violenza nelle scuole. Altrimenti, si riproporrebbe il vizio antico, molto francese, di riaffermare principi universali che trovano poi scarsa applicazione all'atto pratico. Questo era lo spirito della commissione di saggi voluta dal presidente Chirac affinché la dimensione della laicità fosse ridisegnata nella società civile e non esclusivamente riferita ai simboli religiosi, anche per evitare che una comunità fra tutte - quella musulmana - si sentisse particolarmente toccata. La legge vieta ad esempio anche la kippah ebraica, il turbante e grandi crocefissi, ma l'interpretazione generalizzata è stata quella di una legge contro il velo.

Lo stesso principio della laicità, che in marzo passerà al Senato, dovrà essere affermato nel quotidiano della vita scolastica, quando conteranno l'atteggiamento dei responsabili d'istituto e l'applicazione di sanzioni sulla base del concetto piuttosto vago di «ostentazione». I socialisti hanno imposto di rivedere fra un anno risultati e terminologia. E' vero che la legge è dissuasiva più che punitiva, ma il destino scolastico di allievi espulsi resta tutto da immaginare e potrebbe ingenerare una spirale di reazioni peggiore di quella che si vorrebbe arginare.

Il dibattito ha fatto emergere anche altre questioni, non toccate dalla legge, che impongono però nuove regole, per rispondere, ad esempio, alla pretesa di donne musulmane di non ricevere cure da personale maschile negli ospedali. Il voto all'Assemblea nazionale può essere interpretato anche come una nuova affermazione di quella «eccezione» francese che, sul piano culturale, resta antitetica al modello anglosassone.

La regola generale, che la legge pretende di applicare anche nei territori d'oltremare della Repubblica, dove costumi e tradizioni religiose sono più evidenti, ha però la sua eccezione che non mancherà di suscitare nuovi conflitti. In Alsazia e Mosella, regioni tedesche all'epoca della legge sulla separazione fra Stato e Chiesa, il crocefisso continuerà ad essere appeso in classe, mentre sacerdoti e pastori continueranno ad essere stipendiati dalla Repubblica laica. Ma non gli imam.

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