Da Corriere della Sera del 01/02/2004

Armi introvabili

Cia, tra pasticcioni e topi di biblioteca

di Gianni Riotta

WASHINGTON - «Se non ti ammazzi a leggere non sarai mai una buona spia», ama ricordare Robert Baer, il miglior agente segreto della Cia in Medio Oriente. Per comprendere il mistero delle armi di sterminio di massa, annunciate ma non ritrovate in Iraq, e le sue conseguenze politiche, dobbiamo riflettere sull’assunto di Baer. Lo spionaggio, alla Central Intelligence Agency, non è un gioco alla James Bond, belle donne e sparatorie, è un'analisi intellettuale, umile, faticosa, razionale di testi e relazioni, in gran parte noti ma non esaminati, in minuscola parte frutto di rapporti riservati. Gli agenti della Cia, reclutati nei campus delle università, sono topi di biblioteca, che passano la giornata a leggere, rileggere, leggere ancora.

Come è stato possibile per il presidente George W. Bush annunciare nel «Discorso sullo stato dell'Unione 2003» che l'Iraq aveva le armi, per il suo segretario di Stato Colin Powell sostenere la stessa tesi all'Onu, per il presidente democratico Bill Clinton dirsi certo che Saddam Hussein avesse in magazzino armi chimiche e biologiche, opinione condivisa dal presidente francese Jacques Chirac e dallo spionaggio tedesco? Il dilemma delle armi svanite sarà centrale per la campagna elettorale 2004, con i democratici lesti a chiedere una commissione di inchiesta o, magari, un commissario speciale che incalzi Bush come il mastino Kenneth Starr fece contro Clinton sul «Whitewater». La soluzione del dilemma sta tra le carte della sede centrale Cia di Langley, in Virginia, i 258 acri di terra più sorvegliati al mondo, dove un muro adorno solo di stelle anonime ricorda gli agenti caduti in operazioni segrete (la loro storia nel bel libro The book of honor di Ted Gup).

La Cia è divisa in quattro Dipartimenti: «Intelligence», l'analisi dei documenti, pubblici o top secret; «Operazioni», le missioni degli agenti sul campo, in Paesi amici od ostili; «Scienza e tecnologia»; «Amministrazione». Intelligence è il dipartimento più importante. Gli uomini delle Operazioni sul campo, gli 007, possono mandare dispacci ottenuti a rischio della vita, ieri da Mosca oggi dal confine Pakistan-Afghanistan, ma né il presidente né il consigliere per la Sicurezza nazionale li leggeranno se i burocrati e i secchioni dell'Intelligence non li includono nel briefing , il rapporto quotidiano che la Cia offre alla Casa Bianca.

Kenneth Pollack, ex agente Cia ora studioso alla Brookings, spiega bene il meccanismo, analogo a quello di un seminario universitario o alla riunione per la prima pagina di un quotidiano.

Vari agenti porgono le proprie relazioni, le conclusioni, le ipotesi e, via via che si arriva al Direttore della Cia George Tenet, la massa formidabile dei dati è scremata, ridotta, filtrata.

Se dalle commissioni del Congresso, dall'inchiesta interna della Cia o dalla futura commissione d'inchiesta risultasse che la Cia ha, in qualche punto, inventato dal nulla un documento falso per dare a Bush «prove» delle armi di Saddam, lo scandalo scuoterà Langley come ai tempi del «rapporto Church» sugli intrighi dell'agenzia dal Vietnam al Cile e da lì rimbalzerà sul presidente. Ma è possibile che questo documento - fotocopie truccate allo scanner in stile Parmalat - non si trovi, le prime indagini interne di Richard Kerr dimostrano che la Cia non ha mutato linea, coerente nell'errore da anni. L'idea di una Cia onnipotente fa parte solo del bric-à-brac complottista, certo che l'agenzia avrebbe anche occultato gas nervini posticci a Bagdad. I democratici stanno invece tentando una diversa, e doppia, operazione politica, e con loro si schierano molti mass media e il senatore repubblicano John McCain, paladino della trasparenza: 1) La Cia ha subito pressioni, non per falsificare i dati, ma per far arrivare sul tavolo del presidente solo quelli che sembravano assegnare a Saddam le armi di sterminio? E’ colpevole del depistaggio il vicepresidente Dick Cheney nelle sue numerose missioni a Langley; 2) se non c'è stata malafede, perché la Cia di Bush, due anni dopo l'11 settembre, non aveva idea di che cosa succedesse in Iraq? E' possibile vincere la guerra al terrorismo di Al Qaeda con una Cia imbelle e sprovveduta? Una tenaglia formidabile, imbroglioni o incapaci?, alla quale Tony Blair s'è sottratto con astuzia e coraggio scommettendo su Lord Hutton e battendo così la Bbc . Bush sarebbe tentato di imitarlo, chiedere una commissione che lo scagioni, ma il suo Machiavelli, Karl Rove, lo mette in guardia: un anno elettorale con un consigliere speciale che convoca testimoni, magari gli stessi Bush e Cheney, documenti passati sottobanco alla stampa, è un incubo. I rivali John Kerry e John Edwards lo sanno e non molleranno l'osso.

Secondo David Kay, ex commissario per le armi in Iraq, la colpa è della Cia che aveva in mano dei bluff, magari forniti ad hoc dagli agenti di Saddam. Secondo John Pyke, fondatore di Globalsecurity, centro studi militari, invece «la Cia offre solo dei puntini, come nel gioco che cosa apparirà, i politici devono poi connetterli». In attesa di sviluppi, i lettori non ripetano l'errore caro a tanti «esperti»: sopravvalutare la Cia. Per l'intera Guerra fredda non una sola svolta internazionale è stata anticipata dall'Agenzia, che finì con un misero 0 a 0 contro il rivale Kgb. Fallita l'invasione della Baia dei Porci nel 1961, falliti gli attentati contro Fidel Castro, la Cia ha sbagliato i calcoli sui missili dell'Urss, sul Vietnam, il dopo Mao in Cina e la caduta del Muro di Berlino. I suoi successi tattici, i golpe in Iran 1953, Guatemala 1954 e Cile 1973 si sono rivelati errori strategici che ancora indeboliscono politica, diplomazia e credibilità Usa. La battaglia 2004 sarà, dunque, sulla lettura politica, non sulle fotocopie. Bush lo sa.

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