Da Corriere della Sera del 13/12/2003

Evitata la duplicazione con la Nato: quartier generale multinazionale solo in caso di missione

Via libera alla difesa europea, con il consenso Usa

Italia e Grecia tra i Paesi che avvieranno il progetto

di Franco Venturini

BRUXELLES - In attesa dei verdetti istituzionali che domenica ne sanciranno l'esito complessivo, il Consiglio di Bruxelles ha prodotto ieri un risultato settoriale di alto valore politico: la difesa europea caldeggiata da Parigi, Berlino e Londra è andata in porto con il tacito consenso degli Stati Uniti, interrompendo così la rotta di collisione che si era creata tra ambizioni autonome dell'Unione e attaccamento di Washington al primato della Nato.

L'accordo raggiunto a Bruxelles è particolarmente complesso proprio perché ha dovuto essere calibrato tenendo conto delle preoccupazioni americane, con i britannici nella loro ormai consueta funzione di «ponte» transatlantico. Non a caso nelle prime righe del documento si sottolinea che in tema di difesa la «scelta naturale» è per tutti quella offerta dall'Alleanza Atlantica e dalle intese formali tra Nato e Ue. Ma subito dopo emerge il rovescio della medaglia. Nelle crisi in cui l'Alleanza non vorrà essere coinvolta in quanto tale, l'Unione Europea potrà «scegliere» se intervenire autonomamente e utilizzare in proprio i mezzi e le strutture Nato. Ne deriva che a una simile ipotesi l'Europa deve prepararsi, certo lavorando alla prevenzione dei conflitti, certo spendendo di più per la difesa e adeguandosi a certi «parametri», ma anche dotandosi di una autonoma capacità di pianificazione e di comando.

Era proprio questo della «pianificazione europea» il principale oggetto del contendere con gli Usa, che temevano (e di certo temono) un doppione con la Nato e una emancipazione europea in campo difensivo. La soluzione è stata di creare una rassicurante ma «piccola» cellula di pianificazione presso la Nato, una seconda e più robusta cellula inserita nella struttura europea (ma con compiti di intervento anche civile), e infine la disponibilità di un quartier generale nazionale (soltanto in Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia o Grecia) che diventerebbe provvisoriamente multinazionale soltanto per gestire una specifica missione autonoma europea.

Grazie a queste acrobazie nessuno potrà dire che l'Europa abbia un quartier generale permanente, che Washington vede come il fumo negli occhi. Ma come potrà funzionare in concreto la complicata autonomia europea approvata a Bruxelles? L'elemento dinamico risiede nella «cooperazione strutturata» che Parigi, Londra e Berlino hanno già concordato tra loro, e che rappresenterà una avanguardia aperta agli altri soci della Ue (di fatto Italia e Grecia, con l'ipotesi di utilizzo dei loro quartier generali, entrano a farne parte). Davanti a una missione autonoma ritenuta necessaria, esistono poi due possibilità: il Consiglio vota all'unanimità e gli «avanguardisti» procedono, in tal caso sotto bandiera europea; oppure il Consiglio non è unanime e si crea allora una «coalition of the willing», con i medesimi protagonisti ma senza poter utilizzare l'etichetta europea.

Completato il processo decisionale, la prima opzione operativa - sempre che la Nato non partecipi - sarà un quartier generale nazionale adattato alla bisogna (così è già accaduto, per esempio, con i pianificatori francesi per l'intervento europeo in Congo). Soltanto in caso di accertata necessità sarà richiesto il contributo della «cellula» comunitaria. E resteranno prevalenti, beninteso, le iniziative prese in pieno coordinamento con la Nato: in questa categoria rientrerà, nel 2004, il passaggio del presidio militare in Bosnia dagli americani agli europei sotto il comune cappello atlantico.

L'accordo raggiunto a Bruxelles si autodichiara aperto ad aggiornamenti, e difatti non sarà facile superare i suoi margini di ambiguità. Non è nemmeno garantito che gli Usa si mostrino davvero rassicurati. Ma intanto, tra una contorsione e l'altra, la difesa europea ha compiuto i primi passi. Ora, se l'intesa troverà conferma nella volontà politica e nelle disponibilità finanziarie dei governi più impegnati, bisognerà imparare a correre senza cadere.

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