Da Corriere della Sera del 11/12/2003

Ricostruzione in Iraq, gli esclusi protestano

La Casa Bianca: niente contratti ai Paesi contrari alla guerra. L’Ue: «Ricorreremo alla Wto». L’Onu rinvia il rientro

di Ennio Caretto

WASHINGTON - La settimana dopo avere chiesto l'aiuto della Nato in Afghanistan e in Iraq, l'America schiaffeggia due dei suoi principali membri, la Francia e la Germania, escludendole insieme con la Russia dagli appalti e dalle commesse per la ricostruzione irachena. Il sottosegretario alla Difesa Paul Wolfowitz definisce la misura «indispensabile alla protezione degli essenziali interessi della sicurezza degli Stati Uniti». Ed elenca 63 Paesi, tutti membri della Coalizione in Iraq, dall'Italia alla Gran Bretagna, e dalla Spagna all'Australia, fino all'Eritrea, Palau e il Ruanda, che parteciperanno alla gara per 26 progetti finanziati dal Pentagono del valore complessivo di diciotto miliardi e mezzo di dollari. Lo fa mentre alle Nazioni Unite il Segretario generale Kofi Annan annuncia che non rimanderà funzionari internazionali a Bagdad e fornirà aiuti agli iracheni soltanto dai Paesi vicini. E' un secco rifiuto a svolgere un ruolo politico e assistenziale in Iraq senza poteri effettivi.

LE REAZIONI - La rappresaglia Usa contro i Paesi contrari alla guerra dell'Iraq, tra cui anche Belgio e Canada, «la più dura sinora attuata dalla Casa Bianca» secondo il New York Times , suscita aspre reazioni nelle capitali colpite. La Francia si limita a rilevare che verificherà la legalità della misura, l’Ue chiede chiarimenti ammonendo che ricorrerà al Wto, l'Organizzazione mondiale dei commerci. La Germania «attonita», nelle parole del ministro degli Esteri Fischer dichiara lo schiaffo «inaccettabile», e la Russia avverte che non condonerà l'enorme debito che Bagdad ha con essa: «Per il bene dell'Iraq, la comunità internazionale non deve essere divisa» aggiunge il ministro Ivanov. La questione viene anche sollevata da Chirac, Schröder e Putin nelle rispettive conversazioni telefoniche con Bush (che sta preparando la missione di James Baker all’estero con l’obiettivo di trovare un compromesso sul debito iracheno). I canadesi, che a differenza dei francesi tedeschi e russi hanno stanziato aiuti (190 milioni di dollari), trovano l’esclusione dagli appalti «incomprensibile» e minacciano di sospenderli (così il nuovo premier Paul Martin).

LA CASA BIANCA - Nega che sia una vendetta: «E' ragionevole che i contratti più importanti, pagati dai contribuenti americani, vadano ai nostri partner, che si sono battuti e sacrificati con noi, e agli iracheni» nota il portavoce Scott McClellan. «Il presidente appoggia totalmente il Pentagono». McClellan evidenzia che le nazioni escluse potranno ottenere dei subappalti, e comunque parteciperanno alle commesse del fondo della Conferenza dei donatori a Madrid, sottratto alla competenza Usa. Ma sono falsi premi di consolazione: il Pentagono insiste che i subappalti vengano assegnati a ditte irachene, e il fondo di Madrid è di soli 700 milioni di dollari. Il portavoce lascia aperto uno spiraglio: «Se qualcuno volesse contribuire alla stabilità a Bagdad (cioè mandarvi truppe, ndr ) le circostanze potrebbero cambiare».

L'ITALIA - La gara d’appalto comincerà a giorni, durerà una settimana, poi il Pentagono sceglierà. Dei 26 contratti, uno riguarda il riarmo dell'esercito, un altro le infrastrutture per la sanità e l'istruzione, due riguardano la ricostruzione dei trasporti e le comunicazioni, e due altri quella della industria petrolifera irachena. Tra i contratti principali, sei (per 5 miliardi e mezzo di dollari) riguardano la rete elettrica, cinque (4 miliardi di dollari) i lavori pubblici, e due (4 miliardi e mezzo di dollari) le sedi della magistratura e della sicurezza.

LO SCANDALO - In prima pagina, il New York Times accusa la Halliburton, l'ex azienda del vice presidente Cheney, di fare pagare la benzina importata in Iraq dal Kuwait 2,64 dollari al gallone, oltre il doppio del normale. La Halliburton è la principale beneficiaria della guerra, e si rafforza il sospetto che essa o altre imprese americane mirino al petrolio iracheno. «Alieniamo gli alleati» lamenta il senatore democratico Joe Biden.

L'ONU - In una relazione di 26 pagine al Consiglio di Sicurezza, Annan comunica che il caos in Iraq gli impedisce di rischiare la vita dei suoi funzionari. Nomina però un esperto dei diritti umani, il neozelandese Ross Mountain, direttore dell'assistenza agli iracheni. E avverte che non è disposto ad addossare all'Onu un ruolo politico a Bagdad perché il processo politico non è trasparente. Conclude con un appello agli Usa: «Occorre estrema chiarezza».

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