Da Corriere della Sera del 04/12/2003

«Francesco, non avere paura e chiamaci camerati»

Signore in pelliccia e ragazzi con il bomber «processano» Fini: vergogna. Acclamato Tremaglia col distintivo della Repubblica di Salò

di Aldo Cazzullo

ROMA - «Novantaquattro minuti! Senza fermarci, recuperi compresi! Mercoledì scorso in Champions League, con il Besiktas. Un coro continuo: Fini/Fini/Fini traditore...». Gli ultras della Lazio non avrebbero mai pensato di scendere all'Hilton - 400 euro a camera - ad ascoltare un politico romanista. Tutto per un equivoco e per una lista civica. La strada che sale a Monte Mario è bloccata, la sala da tremila posti strapiena, e non importa se Fini ha chiarito di non aver mai detto che il fascismo è il Male assoluto, non importa se la montagna eretta alla vigilia partorisce una mimesi di scissione, la raccolta di firme per una lista Storace alle amministrative, come fecero pure Rutelli e Veltroni. Importa testimoniare un orgoglio che si potrebbe anche definire fascista se del fascismo in senso tecnico si vedesse traccia. E' invece, questa, la notte di quel che il fascismo è diventato, dopo mezzo secolo di Movimento sociale, qui rivendicato in ogni forma, dal video con i comizi di Almirante allo zoom su Donna Assunta che in scialle rosso lancia baci alla platea. Striscione: «Ostia è con Storace/la fiamma non è brace».

C'è, acclamatissimo, il ragazzo di Salò Mirko Tremaglia, ministro, con distintivo della Rsi, «bersaglieri divisione Italia, 1944 Garfagnana, Linea Gotica», molto abbracciato da Storace. C'è un signore dal soprannome vagamente allusivo «Er Catena». Non c'è nessuna conseguenza politica, Storace era all'opposizione dentro il partito già prima del viaggio in Israele, siccome è un capocorrente sveglio ha evocato l'anima profonda del partito, ha colto lo sgomento del suo popolo e lo ha rappresentato; ci sono maschere tragiche ma anche comiche stasera, stampate per l'occasione le coccarde con lo slogan «chi tocca la fiamma si brucia» anche se nessuno ha chiesto di spegnerla, anzi il coordinatore La Russa si è offerto di ravvivarla. Alla fine all'assemblea natalizia la maggioranza starà con Fini, l'opposizione con Storace, il ministro Alemanno in mezzo. Ma non c'è stasera una strategia da discutere, ma un sentimento da urlare, un carisma da demolire. Processo al capo. Basta nominare Fini per scatenare i fischi, contestato Aldo Di Lello capo della cultura del Secolo d'Italia , «Gianfranco ha fatto bene ad andare in Israele», «Vattene tu buffone». Ci sono il principe Lilio Ruspoli e ultras anche della Roma, quelli dello striscione «Fini = Badoglio», in preparazione un garbato «meglio ucciso che circonciso».

Signore impellicciate e ragazzi in bomber. Il sottosegretario Cursi, ex democristiano. «Er Catena» è venuto con un amico che si chiama «Spranga». Postfascismo; il fascismo quello vero nessuno o quasi l'ha conosciuto, quando Giano Accame evoca il 28 ottobre ci si guarda l'un l'altro a braccia conserte, ma quando annuncia di aver «cambiato opinione su Fini» viene giù l'Hilton dagli applausi: «Vergogna!», sentito anche un «dimettiti!». Altro annuncio: parte «Good Morning Alleanza Nazionale», tutte le mattine dalle 8 alle 9 Storace alla radio. Il boato più forte è quando Accame accusa: «Ci voleva un governo di destra per restituire all'Etiopia l'obelisco di Axum. E se agli Esteri c'era Fini, smontava pure il Colosseo e lo trasferiva a Las Vegas, per ripagare i danni di guerra agli americani!». Striscione nero con lo slogan: «E che sia destra». Gli ultras della Roma ne hanno coniato un altro, «Sta col Likud, sta coi massoni/Gianfranco Fini fuori dai piedi», l'originale è in rima.

Storace gigioneggia: «Cari... cari... cari... amici», «France' non avere paura, chiamaci camerati!». Saluta Alessandra Mussolini che forse non viene, se qualcosa di nuovo nascerà sarà fuori di qui, a destra di An, dove si prepara la lista Rauti-Tilgher-Fiore, fronti, movimenti e forzenuove al calore di un'altra fiamma. Qui si affaccia Borghini, già candidato sindaco del Polo, ma forse è per la cena dal grande chef Heinz Beck. Più che Mussolini è evocato Almirante, l'uomo che continuando l'opera di Michelini portò il fascismo sovversivo, anticapitalista e antiborghese di Salò nel mare magno del conservatorismo, ricordato dalla platea in lacrime come i ragazzi ribelli degli Anni Settanta, «i martiri del Msi» urla Storace, oggetto di un vero culto dei morti, camerata Di Nella presente, Cecchin pure, con i morti di Primavalle. Presente anche Testaccio, segnala uno striscione biancazzurro.

Il pullman da Velletri è ancora bloccato per strada. Inno di Mameli a squarciagola, con mano sul cuore. Annunciati i parlamentari Briguglio, Rositani, Benedetti Valentini, Pezzella, Cirielli, Arrighi, Paolone, Conti. Le Iene. Turisti giapponesi sbigottiti. Tricolori. Storace cita Pound e Platone. «Abbiamo avuto le case incendiate, ci hanno sparato addosso, rischiammo di morire con il sorriso sulle labbra. Non abbiamo nulla per cui fare ammenda!». I suoi lo amano e lo ascoltano in piedi. «Non faremo le valigie per andar via da casa nostra», ma quale scissione, la battaglia è interna, si chiede un congresso, ovviamente «vero». Fini non è quasi mai nominato. Storace sa di dovergli qualcosa, lo incontrò quand'era un corpulento cronista di un giornale che nessuno leggeva e lo lascia da governatore del Lazio, ma anche Fini ha un debito, da capufficio stampa Storace se ne inventò tante per farlo uscire sui giornali che Prima Comunicazione gli dedicò un ritratto dal titolo «Lo Sparaballe». «Si può fare politica senza essere sempre d'accordo con George W. Bush» dice stasera. Applausi. Tremaglia, nei corridoi: «Sono d'accordo quasi su tutto. Al Consiglio dei ministri Fini mi è venuto incontro come per giustificarsi, "hai letto Baget-Bozzo?" mi ha chiesto. Ma cosa me ne frega di Baget-Bozzo? Pensiamo piuttosto ad applicare l'articolo 2 del nostro statuto, quello che sancisce l'incompatibilità tra An e la massoneria». Il muro di fronte all'Hilton commemora con una croce celtica i morti di Acca Larentia, Ciavatta e Bigonzetti uccisi dai rossi, Recchioni dai carabinieri. Fabio Torriero direttore de La Destra non si piega alla nuova politica mediorientale: «Non ne posso più dei Luzzatto che devono legittimarci. Le nostre idee si legittimano da sole». Coro finale: Battisti. Storace fa il bilancio: «Non è stata un’operazione nostalgia. Il Tg3 cercava disperatamente un saluto romano. Ne ha trovato uno solo: un signore anziano, da anni lo aiuto economicamente, mi vuole un bene dell’anima. Lui ha capito così». La Mussolini non è venuta, ma anche lei è presente. Scambio finale di saluti tra camerati romanisti: «Eia eia eia...». «...Alessà!».

Sullo stesso argomento

Articoli in archivio

A comic opera
The ins and outs of politics in Italy
su The Economist del 21/04/2005
 
Cos'� ArchivioStampa?
Una finestra sul mondo della cultura, della politica, dell'economia e della scienza. Ogni giorno, una selezione di articoli comparsi sulla stampa italiana e internazionale. [Leggi]
Rassegna personale
Attualmente non hai selezionato directory degli articoli da incrociare.
Sponsor
Contenuti
Notizie dal mondo
Notizie dal mondo
Community
• Forum
Elenco degli utenti

Sono nuovo... registratemi!
Ho dimenticato la password
• Sono già registrato:
User ID

Password
Network
Newsletter

iscriviti cancella
Suggerisci questo sito

Attenzione
I documenti raccolti in questo sito non rappresentano il parere degli autori che si sono limitatati a raccoglierli come strumento di studio e analisi.
Comune di Roma

Questo progetto imprenditoriale ha ottenuto il sostegno del Comune di Roma nell'ambito delle azioni di sviluppo e recupero delle periferie

by Mondo a Colori Media Network s.r.l. 2006-2024
Valid XHTML 1.0, CSS 2.0