Da La Repubblica del 03/12/2003
Originale su http://www.repubblica.it/2003/j/sezioni/esteri/moriente4/virtu/virtu.html

Palestinesi e israeliani moderati siglano l'intesa: "Facciamo quello che i governi non fanno"

Medio Oriente, prove di pace. A Ginevra l'accordo virtuale

Messaggi dai leader del mondo: "E' una speranza"

di Alberto Stabile

GINEVRA - Sfidando l'ira di Sharon e la doppiezza di Arafat, le accuse di tradimento della destra israeliana e il furore della piazza palestinese, l'anatema di 250 rabbini e le minacce del Fatah, sfidando scetticismo, freddezza, ostilità e derisione in entrambi i campi, l'"Iniziativa di Ginevra", è stata finalmente "lanciata", come dicono i portavoce per non irritare governanti incapaci di fermare il bagno di sangue. E se avesse ragione il vecchio Jimmy Carter, quando dalla tribuna del centro Secheron afferma che "non la gente ma i leader politici sono l'ostacolo alla pace?" La scena, buia, è dominata da un ulivo illuminato, l'albero simbolo della Terra santa che la violenza tra le due comunità ha trasformato in una vittima dell'intransigenza. Ai lati, due grandi schermi proiettano le frasi che riassumono questa giornata: "C'è un partner", parole che suonano come l'esatto contrario di quelle pronunciate da Ehud Barak per suggellare il fallimento di Camp David e "C'è un piano", come dire che si può uscire dal ciclo inarrestabile terrore-rappresaglia-terrore.

La sala si riempie lentamente, mentre risuonano le note de "La vita è bella". Tocca a Richard Dreyfuss, scandire le voci che fanno da coro a quest'incontro ravvicinato, il primo dopo anni di sorda incomprensione, tra israeliani e palestinesi. Ma lui l'attore hollywoodiano che non ha mai nascosto il suo impegno pacifista non rinuncia a dire la sua: "Se la guerra è una cosa troppo difficile per lasciarla ai generali, la pace è una cosa troppo complessa per lasciarla ai governanti". Arriva un messaggio di Romano Prodi che invita al più presto a Bruxelles i firmatari del patto: "La vostra iniziativa porta un senso di speranza". Mentre il segretario di Stato Colin Powell non esclude di incontrare i promotori della "pace di Ginevra" che saranno a Washington nei prossimi giorni.

Il ministro degli Esteri svizzero, Micheline Calmy-Rey, motore e sponsor del lungo negoziato esalta l'accordo, "una piccola luce in fondo al tunnel", definendolo, prudentemente, un'iniziativa della società civile. Ma tutti sanno che non è così. Yossi Beilin, l'infaticabile tessitore israeliano, presente in tutte le intese da Oslo in poi, sulla scia del successo di Ginevra ha appena annunciato la nascita di un nuovo partito, pacifista e di sinistra. E poi, è società civile Abed Rabbo che, dopo aver attraversato tutte le tappe del vecchio, fallimentare negoziato, ha finalmente trovato in Beilin un partner e non soltanto una controparte? E' società civile Jibril Rajub, il commissario politico che Arafat ha mandato all'ultimo momento per sancire il suo appoggio, senza tuttavia esprimerlo apertamente, al documento?

Per il momento la società civile, sui due lati del fronte, sta a guardare, limitandosi, quell'israeliana almeno, a offrire un limitato consenso (31 per cento di sì all'intesa contro il 38 di no). Ha ragione Beilin a dire che è una "buona base" su cui lavorare. L'idea della pace, diciamolo, emoziona sempre. Sono molti i momenti dello show che fanno battere il cuore. Come quando alla tribuna salgono, prima l'ex capo di Stato maggiore Amnon Shahak e, subito dopo il governatore di Jenin, Zuheir Manasr. Il generale parla in ebraico in onore dei tanti soldati israeliani che hanno combattuto e sono periti in questa guerra. "Ora - dice - sono un soldato nella guerra per la pace, contro l'odio che avvelena le nostre comunità, contro la malattia delle idee preconcette". Poi parla il palestinese. Altro che esercitazione teorica, il piano ai suoi occhi è "l'ultima possibilità di realizzare le aspirazioni del popolo palestinese ed evitare che i nostri figli soffrano quel che ha sofferto la nostra generazione".

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