Da Corriere della Sera del 28/11/2003

Il ministro della Difesa di Parigi: la lotta al terrorismo esige più flessibilità nei bilanci

«Ma la Francia non è egoista»

Michèle Alliot-Marie: «Le nostre spese militari servono tutta l’Ue»

di Massimo Nava

PARIGI - Una «gabbia rigida», un «suicidio economico se applicato alla lettera in tempi di recessione». Sarà perché il ruolo di ministro della Difesa si presta anche a difendere le ragioni dei francesi, sarà perché il suo ministero è uno dei principali «imputati» della violazione dei parametri di Maastricht - dato che spese e investimenti toccano il 2 per cento del Prodotto interno lordo - tocca a Michèle Alliot-Marie il compito di spiegare perché la Francia non vada considerata il «cattivo scolaro» dell'Europa né il gigante prepotente che cambia le regole in combutta con quello tedesco.

Non teme che il terremoto a Bruxelles possa condizionare anche progetti di difesa europea e investimenti nel settore?
«Credo e spero che avvenga il contrario. Le questioni sicurezza e difesa, e relativi investimenti, andrebbero considerate in modo separato dai criteri di Maastricht, tenendo presente emergenze internazionali e terrorismo. Siamo obbligati a ripensare un'eccessiva rigidità. Il Patto serve ad armonizzare i budget di diversi Paesi, ma deve essere strumento di sviluppo e non una prigione. Stati Uniti e Paesi asiatici lasciano correre il deficit per favorire crescita e investimenti pubblici. Un'applicazione troppo rigida in Europa condurrebbe oggi, in una fase di stagnazione, a un suicidio economico».

Ma il Patto è stato concepito anche per garantire la stabilità della moneta e costringere a mettere ordine nei conti pubblici.
«Oggi l'euro è talmente stabile e forte da non favorire le esportazioni europee. D'altra parte non si dovrebbero penalizzare quei Paesi, come la Francia, che investono più di altri in un sistema di difesa che serve a proteggere anche i cittadini di quei Paesi che non investono. In Costa d'Avorio, l'intervento francese ha permesso di mettere in salvo molti cittadini europei e americani. Gli investimenti per la difesa, in periodi di stagnazione, servono a sostenere industrie e ricerca, quindi posti di lavoro».

La violazione del Patto è vista, dall'esterno, come un'imposizione dei Paesi più forti, come un'altra mossa congiunta di Francia e Germania.
«Parigi e Berlino sono il motore dell'Europa e vogliono che il Patto sia strumento di crescita. E' un contributo a una politica economica comune più matura, non un'imposizione».

Francia e Germania vanno d'accordo su tutto, al punto che si parla di «unione di fatto» fra i due Paesi.
«E' un'immagine mediatica che esagera collaborazione e integrazione in vari campi. Ma questi processi avvengono anche con altri Paesi e fra le regioni».

C'è una visione comune anche in politica estera e appunto nei progetti di difesa europea. Un progetto che suscita qualche diffidenza nell'Alleanza atlantica.
«Sono diffidenze infondate, perché la difesa europea non sarà mai alternativa alla Nato. Occorre però considerare il calendario del progressivo ritiro di forze americane dall'Europa che dovrebbe stimolare i Paesi europei a compiere uno sforzo maggiore. Anche per questo si torna alla rigidità del Patto».

La Spagna non è in una fase di stagnazione e ha protestato. Il presidente della Commissione, Prodi, ha detto che le regole non si scelgono come i piatti al ristorante.
«La maggioranza dei Paesi è in una fase di stagnazione. Si dovrebbe applicare la rigidità per i pochi che non lo sono? Il Patto è anche la strada per armonizzare Paesi con forti deficit e Paesi meno indebitati. Non si può dimenticare che molti Paesi, compresi i nuovi entrati, hanno beneficiato degli aiuti di Francia e Germania per raggiungere gli obiettivi del Patto».

Il governatore della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, che è francese, ha detto che la violazione del Patto può avere effetti negativi sulla crescita, creare un clima di sfiducia.
«In passato, si diceva che bisognava difendere la moneta. Adesso che l'euro è forte si dice che bisogna difendere la crescita. Il governo francese ha sostenuto una visione più flessibile».

Una visione che a molti sembra egoistica.
«La Francia ha deciso riforme importanti, dalla sanità all'assistenza malattia. Passi coraggiosi perché si scontrano con resistenze e conservazione. Lo stesso si può dire della Germania. Sono sforzi fatti per ridurre il peso dello Stato e stimolare la ripresa economica. In una fase di stagnazione è molto più difficile. Senza flessibilità del Patto lo sarebbe ancora di più».

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