Da La Stampa del 27/11/2003

Gli accordi per crescere

di Mario Deaglio

La spaccatura europea sul patto di stabilità è di natura ben diversa da quanto potrebbe sembrare a prima vista. In realtà nessuna persona sensata ha mai pensato di prelevare davvero decine di miliardi di euro sotto forma di multe dall'erario francese e dall'erario tedesco. In questo modo si punirebbero non già i supposti «colpevoli» ma tutti gli europei (anche gli abitanti di quei paesi virtuosi il cui deficit pubblico rispetta i limiti) perché si brucerebbe una ripresa europea che si preannuncia solida e almeno parzialmente sganciata da quella americana.

Dietro alla «battaglia dei decimali» si è, in realtà, svolta una battaglia politica: occorreva determinare se Francia e Germania, i due «cattivi» di questa storia, dovessero subire una ramanzina con i fiocchi dalla Commissione (che avrebbe alla fine quasi certamente rinunciato alle multe) riconoscendone di fatto la supremazia, oppure se i due governi di questi paesi - che non stanno davvero facendo spese pazze e semmai sono, come tutti, un po' esitanti sulle riforme - potessero tranquillamente autoassolversi, ribadendo il primato dei paesi membri sulla Commissione. Che si tratti di un polverone politico lo hanno, del resto, capito benissimo i mercati valutari sui quali questa «storica» battaglia europea è passata quasi senza conseguenze: i valori - purtroppo eccessivi - dell'euro nei confronti del dollaro si sono abbassati in maniera insignificante.

Lasciando da parte la teatralità della rottura, si deve constatare che comunque si è di fatto raggiunto - sia pure in maniera poco elegante e con il pericolo che questo crei un precedente potenzialmente pericoloso - un obiettivo ragionevole che è quello di ribadire al tempo stesso la validità dei trattati, come ha fatto ieri il Presidente Ciampi, e la necessità di interpretarli. Secondo il patto di stabilità, dal fatidico 3% di deficit che non bisogna superare sono infatti escluse le spese strutturali. Con tutto quello che è successo nel mondo, non sarebbe certo insensato conteggiare in questo totale l'aumento delle spese per la difesa e la sicurezza nonché le spese per le alluvioni tedesche del 2002 e per gli incendi francesi del 2003 e anche alcune grandi opere pubbliche.

Occorre aggiungere che, in questa come in altre vicende, l'Europa oltre che dei giuristi non deve essere schiava neppure dei contabili. Le cifre del deficit e quelle del pil non sono mai del tutto precise. Basti pensare che il tanto decantato tasso di crescita del prodotto degli Stati Uniti dell'8,2 per cento è calcolato con metodo «americano» (crescita dell'ultimo trimestre proiettata in avanti per un anno) e si riduce al 3,5 per cento se calcolato con il metodo europeo (confronto con lo stesso trimestre dell'anno precedente). L'importante è la serietà, che non può essere posta in dubbio, dello sforzo francese e tedesco e la possibilità di fare di questo sforzo la base per una ripresa magari duratura anche se non sfavillante che allevi un poco le asprezze della nostra vita.

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