Da Corriere della Sera del 26/11/2003

E Fini all’esame di Israele si fermò solo su El Alamein

Il leader di An agli ebrei italiani: dialogo avviato ma serve tempo per approfondire

di Aldo Cazzullo

GERUSALEMME - Alla fine, quando gli è stato indirettamente chiesto di condannare pure i combattenti di El Alamein, Gianfranco Fini proprio non se l'è sentita: «Il dialogo con gli ebrei è cominciato, questo è solo un punto di partenza, mi rincresce non avere tempo di approfondire».

Aveva già condannato in un giorno e mezzo il fascismo, Salò, Mussolini, sempre rispondendo alle domande di cronisti, parlamentari, conferenzieri. Forse, se avesse detto qualche parola in più il mattino del primo giorno, al Museo dell'Olocausto, non avrebbe dovuto rincorrere gli interlocutori, fino a toccare limiti che sarebbe ingeneroso imporgli - forse neppure Cossutta includerebbe il fascismo nel «Male assoluto» - e che anzi per curioso contrappasso appaiono di segno opposto alle revisioni storiche. Ma, oltre gli incidenti e le obiezioni, che Fini aveva previsto e disinnescato ringraziando i suoi critici «per la franchezza», resta e anzi si compie la cifra politica della sua prima visita in Israele: la destra italiana non è più antisemita, si dichiara al fianco di Israele (trovando presso i vertici di Israele credito quasi unanime), e lancia un'accusa evocata il primo giorno ed esplicitata ieri sera: gli antisemiti esistono ancora, però nell'altro campo, a sinistra. Tutto questo, a giudicare dalle prime reazioni di dirigenti e soprattutto militanti già esacerbati dalla mossa sul voto agli immigrati, espone Fini a rischi elettorali, a meno di convincere un Berlusconi più che mai riottoso ad affrontare le europee con una lista unica. Ma apre una nuova prospettiva alla destra italiana; che, dopo essere andata nel '94 al governo prima della sinistra, potrebbe prima della sinistra esprimere un leader in grado di guidare il proprio schieramento e parlare all'intero elettorato.

Non è stata una giornata facile per il vicepremier. Se il Jerusalem Post pubblicava un editoriale in suo sostegno, Haaretz titolava così un intervento del parlamentare pacifista Yossi Sarid: «Primo Levi gli avrebbe stretto la mano?». Subito dopo è lo speaker della Knesset Reuven Rivlin a rivolgergli di persona le stesse accuse di reticenza. Fini compie allora un altro passo, parla di «responsabilità del popolo italiano» nella persecuzione degli ebrei, e il presidente degli italiani di Israele David Cassuto, in contatto via posta elettronica con i parlamentari amici, decide di partecipare all'incontro del pomeriggio tra Fini e la comunità. Appuntamento in teatro, canti, balli di ragazzi vestiti da reclute, cori di shalom, e lungo intervento di Sergio Della Pergola, docente di demografia all'università di Gerusalemme. Riconoscimenti, critiche, e poi un inciso: «Chi ha voluto di recente rievocare con nostalgia la battaglia di El Alamein sappia che, al di là del valoroso comportamento dei singoli soldati italiani, se quella battaglia fosse terminata con diverso esito nessuno di noi sarebbe qui oggi ad accogliere i nostri distinti ospiti». Fini evita di entrare nel merito, esprime «un ringraziamento, un apprezzamento e un rincrescimento», per non avere appunto abbastanza tempo di approfondire le varie questioni. Alla fine Cassuto, caloroso nel dargli il benvenuto, si dice soddisfatto a metà, ma convinto che «oggi sia stata colmata una lacuna storica; finalmente l'Italia, come la Germania ha fatto da tempo, ammette le proprie responsabilità, e fa seguire fatti concreti», ad esempio le prime cinquanta pensioni riconosciute ai figli degli internati.

Dribblata la condanna di Caccia Dominioni, al vicepremier viene sottoposto il caso Mussolini. Stavolta non si tira indietro: sì, «ho cambiato idea, altrimenti non sarei qui». Ma quel che preme a Fini, e agli israeliani, più che le condanne del passato sono le garanzie sul futuro. E siccome nelle giornate a Gerusalemme ha percepito la paura dell'isolamento e il malumore nei confronti dell'Europa, Fini dà corpo a un fantasma finora solo evocato: l'antisemitismo alligna «nei circoli della sinistra e dell'estrema sinistra»; se non è vero, «lo dicano, e soprattutto dicano i motivi per cui non è vero». Cosa che alla sinistra italiana, prevede il vicepremier, non riuscirà.

Qualche problema glielo darà pure la destra. Ieri per un attimo è sembrato che davvero gli esami, e gli intoppi, non finissero mai. Rutelli vuole che An tolga la fiamma, La Russa intende ravvivarla, e lei? «A Rutelli risponderò in Italia». L'incontro con il tosto Netanyahu è accolto come una liberazione, ma anche lì la gaffe è in agguato, ne nasce un «equivoco clamoroso» sulla provenienza dei terroristi iracheni, poi chiarito. Luzzatto se n'è andato ma un aiuto viene comunque dagli ebrei italiani della delegazione, attenti a smussare gli angoli, ad esempio a mettere ordine nel balletto di versioni sulla movimentata mattina alla Knesset. Fuori dai dettagli, il successo politico è evidente, la nuova stagione comincia davvero: non è solo Fini a dirsi amico degli ebrei e alleato di Israele, sono i suoi interlocutori a contraccambiare, a dargli credito, a chiedere e ottenere impegni. Per quanto restino ambiguità da sciogliere, i nemici di ieri riconoscono non soltanto la legittimità ma anche l'interesse reciproco: c'è un nuovo nemico comune, l'estremismo islamico, e un avversario, l'estremismo gauchiste .

Stamattina, a meno di cambiamenti di programma, la preghiera al Santo Sepolcro e la visita al muro del Pianto, quasi a sintetizzare le «radici giudaico-cristiane» che Fini ha tentato di far inserire nella Costituzione europea. Le reazioni dall'Italia lasciano pensare che il rientro non sarà agevole, che il prossimo passaggio elettorale potrebbe essere ancora più difficile di quello dell'Elefantino alle ultime europee; ma pure che la nuova destra c'è davvero. Nasce destinata a perdere qualche pezzo, a ridefinire ulteriormente la sua identità, ad affrontare il mare magno del centro già democristiano, a reggere responsabilità impopolari in una stagione drammatica di guerra non dichiarata; ma con la possibilità teorica di governare il Paese, e non solo un ministero appaltato da Berlusconi. La giornata si chiude con il canto dei muezzin, i banchetti di Id el Fitr, la festa che celebra l'ascensione di Maometto dalla roccia qui custodita nella moschea di Omar, e le agenzie di stampa che battono le dichiarazioni - «Bene viaggio, male giudizi su Salò» - di Donna Assunta Almirante; segno per Fini che tutto è davvero compiuto.

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