Da Corriere della Sera del 21/11/2003

Guerra santa su tv e Internet Al Qaeda dà lezioni nei forum

L’imam Bakri da Londra: così ogni giorno parlo ai militanti di tutto il mondo Per i mass media gli attentati sono «la resistenza», Saddam è ancora «il presidente»

di Magdi Allam

L’investimento maggiore dei gruppi islamici? «È in Internet». Il successo maggiore di Osama Bin Laden? «Essere riuscito a scatenare una vera e propria guerra tra le televisioni del mondo per aggiudicarsi i suoi proclami». La prova della vittoria della strategia mediatica di Al Qaeda? «Le centinaia di giovani musulmani che vengono reclutati online e vanno in Iraq per immolarsi come martiri». Omar Bakri, «ambasciatore» ufficioso di Bin Laden in Europa, parla con la sicurezza e la soddisfazione di un protagonista. E ha ragione. Basta un rapido giro d’orizzonte nel mondo dell’informazione araba per constatare il livello esplicito o implicito di contiguità con il terrorismo di matrice islamica. Le rivendicazioni delle stragi dei militari italiani a Nassiriya e degli attentati alle sinagoghe di Istanbul sono arrivate tramite dei siti islamici. Le principali tv, Al Jazira, Al Arabiya e Abu Dhabi, si astengono dal definire «terrorismo» le stragi di Istanbul. I grandi giornali, Asharq al Awsat, Al Hayat e Al Ahram, parlano di «resistenza» irachena anche quando vengono massacrati i funzionari dell’Onu e i civili innocenti. La guerra del terrore di Bin Laden mira principalmente a condizionare la psiche umana. Per conquistare l’animo degli aspiranti combattenti islamici e per terrorizzare la mente dei nemici. Bin Laden ha capito che la guerra contro «gli infedeli, gli ebrei e i crociati» la si può vincere prima ancora di far esplodere le bombe. L’ultima novità è di sole poche ore fa. Un suo portavoce, Ahmad al Wasiq Billah, ha annunciato l’inaugurazione dell’«Università on line di Al Qaeda per le Scienze del Jihad». Offre specializzazioni in «Jihad elettronico», «Jihad psicologico», «Tecnologia degli esplosivi», «Tecnologia delle autobomba». Per accedervi è richiesto un unico requisito: «Noi accettiamo i figli della Nazione islamica orgogliosi e leali nei confronti dell’islam. Senza queste caratteristiche non è possibile fare il Jihad». Inteso come Guerra santa. Che ora la si combatte anche davanti al computer o manipolando il flusso di informazioni destinate ai mass media. «Il terrorismo di Al Qaeda è benedetto e legittimo - ha assicurato il portavoce - perché è nostro diritto terrorizzare i nemici, incutendo nei loro cuori la paura e l’angoscia. Ciò è quanto sta accadendo con l’aiuto e la grazia di Allah».

Lo stesso Bakri, gestore del sito almuhajiroun.com , che prende nome dal gruppo islamico di Londra da lui fondato, passa le giornate davanti al computer. «Se confrontiamo l’utilizzo di Internet tra i militanti delle varie religioni, vediamo che oggi gli islamici sono i principali fruitori e navigatori online. Personalmente sono stato il primo a rinvenire la rivendicazione della strage dei militari italiani a Nassiriya, fatta a nome di Saif al Adl, alias Abu Omar, il responsabile militare di Al Qaeda. Basta registrarsi e sapere come muoversi nella webmaster paltalk.com . Vi si trovano oltre 600 forum islamici. Io non riuscirei a svolgere la mia attività di militanza islamica senza Internet. Tramite la rete, ogni giorno diffondo quattro conferenze che raggiungono i militanti islamici in tutto il mondo, standomene tranquillo a casa mia».

Internet è la nuova frontiera del terrorismo islamico. Prima privatizzato grazie all’ingente fortuna del miliardario saudita Bin Laden, che ha deciso di investire sull’arma del terrore per conquistare il potere politico ed economico in Arabia Saudita e nel resto del mondo islamico. Poi globalizzato sponsorizzando in una sorta di franchising del terrore una miriade di cellule attive e dormienti ai quattro angoli della terra. Ed ora scatenato nell’assalto frontale e generale al «nemico» per portare a termine la strategia di annientamento inaugurata l’11 settembre 2001 con le stragi delle Torri gemelle e del Pentagono. Una strategia in cui la guerra dell’informazione assume un ruolo sempre più centrale. «Pensi solo al fatto che la gran parte dei giovani musulmani che affluiscono alle frontiere con l’Iraq in attesa di potervi entrare sotto le sembianze di contadini, artigiani o turisti, hanno un’età media tra i 20 e i 22 anni. Nessuno di loro è mai stato in Afghanistan ai tempi dei mujaheddin né ha frequentato un campo di addestramento di Al Qaeda - dice raggiante al telefono Bakri -. Ebbene, sono stati indottrinati e arruolati tra le fila di Al Qaeda tramite Internet. Bin Laden sta vincendo la sua guerra contro l’Occidente grazie a Internet».

È indubbio che ai più appaia inverosimile che i feroci burattinai del terrore e i sanguinari kamikaze possano essere figli della più sofisticata tecnologia informatica. Si tratta purtroppo di un dato di fatto che smentisce il luogo comune secondo cui il fanatismo religioso e la modernità sarebbero incompatibili. Il successo della strategia mediatica di Bin Laden lo si coglie anche nell’analisi critica dei messaggi trasmessi dai mass media arabi. Ad esempio ieri Al Jazira, nella corrispondenza da Londra sulla reazione alla nuova strage di Istanbul, ha detto testualmente: «Bush e Blair hanno ribadito l’impegno a fronteggiare ciò che loro definiscono terrorismo». Si dovrebbe dedurre che per Al Jazira la catena di attentati che ha provocato centinaia di vittime non sarebbe terrorismo. Giorni fa Al Arabiya ha trasmesso in esclusiva l’ultimo discorso di Saddam Hussein, presentandolo come «il presidente iracheno». Difficile non ipotizzare che si sia trattato di un costo pagato per aggiudicarsi l’esclusiva. Dice al riguardo Bakri: «Le televisioni arabe sono disposte a pagare qualsiasi prezzo per poter diffondere in esclusiva i discorsi di Bin Laden o di Saddam. Non gliene importa niente dei contenuti. È una competizione esclusivamente commerciale. Ebbene per Bin Laden e per il movimento islamico jihadista è un’enorme opportunità, un grande successo».

Più in generale Internet consente ai militanti islamici di infrangere le barriere che ostacolerebbero il loro movimento fisico qualora dovessero spostarsi da un paese all’altro. «Ormai tutti i segreti di Al Qaeda navigano in Internet. Se ci sapete fare e se avete pazienza, potreste sapere tutto di Al Qaeda monitorando Internet», assicura Bakri. Nel nostro mondo globalizzato anche il terrorismo islamico si è emancipato, appropriandosi degli strumenti propri della globalizzazione.

Su tutt’altro versante, quello della popolazione civile palestinese, emerge la funzione di Internet nel superamento delle barriere fisiche imposte dall’assedio protetto israeliano ai territori occupati. Secondo i dati diffusi dal ministero dell’Informazione palestinese, oggi l’8 per cento della popolazione della Cisgiordania è collegata alla rete contro il 2 per cento di prima dell’esplosione della seconda Intifada nel settembre del 2000. È un fenomeno simile che aiuta a comprendere l’evoluzione di Internet tra gli estremisti. Ormai negli uffici dei leader islamici c’è sempre il computer collegato alla rete. Predicano il ritorno a un modello di società del settimo secolo, ma lo fanno tramite Internet. Trasformato sempre più nella Moschea virtuale dell’islam globalizzato. Dove i predicatori dell’odio razziale e confessionale sanno manipolare gli strumenti della modernità. E gli aspiranti kamikaze sono figli della modernità in crisi di identità. In qualche modo i mostri umani che stanno insanguinando le nostre città sono il prodotto aberrante della stessa civiltà globale che li ha generati.

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