Da Corriere della Sera del 05/11/2003

Dietro gli attentati

L’altra faccia del terrorismo

di Giovanni Bianconi

ROMA - Stavolta la polvere nera era pressata bene, e anziché la solita fiammata ha provocato l’esplosione che ha rovinato la vita del maresciallo Stefano Sindona. Anche l’ordigno recapitato alla questura di Viterbo, disinnescato prima che scoppiasse, avrebbe avuto lo stesso effetto, e così il pacco recapitato tre settimane fa alla questura di Roma. Stessa tecnica, forse addirittura la stessa mano, dicono gli artificieri; stessa firma, assicurano gli investigatori: sono i cosiddetti anarchici-insurrezionalisti che attaccano le forze dell’ordine dopo gli arresti del mese scorso di alcuni loro attivisti. Analizzata con lo sguardo degli esperti, la trama nascosta dietro i pacchi bomba di ieri è fin troppo semplice. Non per questo inverosimile, fermo restando che si tratta di supposizioni logiche confortate da fondati indizi, ma senza ancora nulla di provato. Perché la minaccia e il pericolo, in casi come questi, sono senza volto e senza firma.

O meglio hanno i volti indistinti e «travisati», come si legge nei rapporti giudiziari, di chi occupa un’area ristretta ma molto determinata, sedicente antagonista, che cerca di trasformare in scontro violento la contrapposizione sociale e politica che si manifesta nelle piazze, nei luoghi di aggregazione e di lavoro. E che quando decide di reagire, evidentemente, non disdegna metodi terroristici. Nel senso che colpisce indistintamente chiunque sia delegato ad aprire la posta in una stazione dei carabinieri o in un posto di polizia, e genera terrore oltreché paura e insicurezza accompagnate dallo sdegno di rito e dai ripetuti inviti a «non abbassare la guardia».

Il fatto che stavolta tra gli indirizzi vergati sui pacchi bomba ce ne fosse pure uno di Viterbo, dove il 18 ottobre è stato arrestato un «noto attivista» dell’area cosiddetta anarco-insurrezionalista (tuttora detenuto) per le violenze alla manifestazione no global del 4 ottobre, per chi indaga vale quanto una firma. Gli scontri, quel giorno, furono contenuti ma preordinati, ne scaturirono accertamenti e denunce contro una cinquantina di persone sfociate in una manciata di perquisizioni e quell’arresto. A casa del «noto attivista», inoltre, saltò fuori materiale che ricordava le confezioni dei precedenti ordigni spediti per posta alla vigilia del corteo: una custodia di videocassette Vhs, lampadine «di vario taglio e voltaggio con fili elettrici a basso diametro», batterie da 3 volts e altro ancora. «Tutto contenuto in un’unica scatola», fu annotato nel verbale di sequestro. All’arresto di Viterbo sono seguiti nuovi disordini in piazza, col fermo di una decina di manifestanti scarcerati subito dopo, e le spedizioni di ieri sarebbero l’ultimo anello di questa catena di episodi.

L’esplosione è giunta poco dopo la cattura di una decina di presunti neo-brigatisti accusati dei delitti D’Antona e Biagi, il che genera un surplus di suggestione e d’allarme. Ma se l’intuizione degli inquirenti è giusta, i due fenomeni sono e devono rimanere distinti e separati. Per adesso non è arrivata nemmeno la rivendicazione di quei Nuclei «proletari» o «rivoluzionari» che finora hanno fatto da contorno all’attività omicida delle Br, e di cui gli esperti dell’Antiterrorismo ipotizzano una possibile risposta agli arresti. Non questa, però, che pure si potrebbe catalogare come proveniente da quell’area dell’«estremismo antagonista» che secondo il ministro dell’Interno Pisanu ha una «coincidenza di obiettivi» con i brigatisti.

Lo stesso Pisanu, tuttavia, invita a valutare il tutto «serenamente e senza strumentalizzazioni». E senza generalizzate criminalizzazioni, che farebbero solo il gioco di chi vuole forzare ancor più i termini del conflitto politico-sociale. Confezionare ordigni che possono anche uccidere, come quelli recapitati ieri, è facile e poco rischioso. Dal punto di vista del terrorista significa ottenere il massimo risultato col minimo sforzo: per il danno arrecato, per la visibilità ottenuta, per la tensione alimentata. Mantenere la freddezza senza sottovalutare i pericoli, non confondere ruoli e situazioni differenti, può servire a evitare che chi spedisce bombe anonime segni un altro punto a suo favore.

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