Da Corriere della Sera del 31/10/2003

«Faremo un’altra rapina. Con il morto, se serve»

Nel palmare della Lioce il manuale dei brigatisti. «Pippo», «Ciccio» e «Fiorenza» i nomi in codice delle forze dell’ordine

di Giovanni Bianconi

ROMA - Le istruzioni per i brigatisti erano dettagliatissime, in ogni particolare. E i nomi in codice erano attribuiti non solo ai militanti o alle operazioni, ma pure alle forze dell’ordine. «Far vedere a ogni staffetta il funzionamento delle radio grandi e provare le radio grandi», si legge in un documento, che prosegue: «Denominazione delle forze di polizia: Pippo, Ciccio, Fiorenza (finanza), Urbano (polizia municipale), Giusy (guardie giurate)». Poi le regole di comportamento: «Nelle funzioni del controllo del territorio le staffette segnalano solo autopattuglie di cc, ps e finanza... In caso di fermo di una staffetta con richiesta di documenti la staffetta chiama per prima per bloccare l’azione e dice "Mi ha fermato (denominazione della forza di polizia) e mi ha chiesto il biglietto da visita"...». Il computer palmare finito nelle mani degli investigatori dopo la sparatoria del 2 marzo scorso in cui è morto il brigatista Mario Galesi ed è stata arrestata Nadia Desdemona Lioce, ha svelato anche questi segreti della nuova organizzazione. Nella messe di documenti saltati fuori dall’archivio elettronico delle Br ci sono istruzioni e ci sono i piani predisposti fino alla fine del 2003, evidentemente cambiati dopo la «caduta» dei due latitanti. «Gli unici due militanti complessivi», hanno scritto i loro compagni rimasti in circolazione dopo il 2 marzo. I loro progetti sono rimasti nel palmare: per la fine di settembre doveva essere conclusa l’«inchiesta» preparatoria di una nuova rapina - chiamata «esproprio» - da mettere a segno entro la fine dell’anno. Con una novità: se necessario stavolta si poteva anche uccidere, a differenza di quanto avvenuto nelle rapine tentate o riuscite in precedenza.

«Si è posto il criterio di partire prima dallo studio di obiettivi e tecniche su cui c’erano delle verifiche precedenti e un’esperienza - è scritto nell’appunto che evidentemente riferiva gli esiti di una riunione - e si è posto anche il problema dell’annientamento preventivo degli ostacoli militari. Il ragionamento che portava a ritenere di dover decidere su questo criterio era: lo Stato difende la proprietà privata con delle forze armate, i comunisti devono finanziare la loro lotta e in genere sono pochi i comunisti con disponibilità finanziarie private».

Negli appunti di Lioce e Galesi c’era una stima delle finanze brigatiste che avrebbe consentito all’organizzazione di tirare avanti fino a tutto il 2003; per questo diventava necessario un altro «esproprio». Il documento sul «riadeguamento politico-organizzativo» delle Br trovato in casa di uno degli arrestati la settimana scorsa a Roma, scritto dopo il 2 marzo, stima invece che il denaro sarebbe stato sufficiente addirittura per altri tre anni. Tuttavia l’ipotesi dell’esproprio non veniva esclusa, «come eventuale priorità necessaria al sostenimento di un immediato rafforzamento politico-organizzativo». E ancora sul palmare si ritrovano considerazioni sulle azioni, a cominciare da quelle di autofinanziamento, considerate un momento di «crescita» dei militanti.

«La stessa composizione della sq. op. (squadra operativa, ndr ), dell’ultima ini. (iniziativa, presumibilmente la rapina di Firenze del 6 febbraio, ndr ) oltreché rispondere a un’ipotesi tattica efficace era anche prodotto di una linea di valorizzazione dei percorsi di quei compagni che hanno stabilito un rapporto di militanza più complessivo con la progettualità dell’O.», cioè dell’organizzazione. Evidentemente le considerazioni su quell’azione erano positive, mentre in un’altra occasione - forse l’omicidio Biagi - i brigatisti furono di tutt’altro avviso a proposito di alcuni componenti del nucleo in azione: «Un altro spunto deriva dall’errata valutazione sulle potenzialità delle forze che venivano considerate come capaci e adeguate, e quindi attivabili in attacchi più complessi. La valutazione era in parte errata e le difficoltà si sono riscontrate in addestramento fisico, prontezza psicologica, capacità di tiro con armi da fuoco».

Nel preparare le azioni i brigatisti hanno messo nero su bianco i problemi da risolvere, anche quelli più pratici. E così, in uno dei documenti conservati nel palmare si legge: «Chiedere a mt che tipo di problemi potrebbero esserci a staccare una grata dal muro tramite un cavo di acciaio e utilizzando un veicolo. Si stacca dal muro? Quanto tempo ci mette? E’ immediato? Che tipo di trazione può occorrere? E’ sufficiente una Uno? Che tipo di cavo?». Domande molto tecniche per un gruppo di aspiranti «rivoluzionari di professione» i quali apparivano ben consapevoli dei «limiti» entro cui erano costretti dal numero ridotto di forze a disposizione.

E’ ancora l’archivio elettronico a rivelare un bilancio dal quale emerge la necessità «di far avanzare un processo sulle gambe politiche-militari e organizzative di un corpo che non è ancora ben delineato e strutturato in forma stabile, e che deve solo crescere e potenziarsi e poi riprodursi». Più avanti, quel bilancio si fa decisamente deficitario: «Il livello attuale delle forze regolari non consente di garantire i compiti minimi necessari a sostenere un "quantum" corrispondente al tipo di proposta strategica. Una tappa da realizzare è il raggiungimento di questo "quantum". Il livello delle forze irregolari è anch’esso estremamente esiguo». Dopo gli arresti che hanno portato in carcere otto persone accusate di appartenenza alle nuove Br, regolari o irregolari che fossero, quel livello sembra ancora più esiguo.

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