Da Corriere della Sera del 12/09/2003

La Casa Bianca avverte «Non fate questo errore»

Mubarak a Roma: «Non si negozia senza il raìs» La Ue perfeziona la messa al bando di Hamas

di Ennio Caretto

WASHINGTON - «Un grave errore»: pur nella diversità dei toni, questa è la reazione quasi unanime degli Stati Uniti, dell'Europa e del mondo arabo alla decisione di principio di Israele di espellere Arafat.

Parafrasando un commento del segretario di Stato Colin Powell di due giorni fa, il suo portavoce Richard Boucher ha detto a nome dell'amministrazione Bush: «Pensiamo che Arafat faccia parte del problema del Medio Oriente, non della sua soluzione. Ma non crediamo che la sua espulsione possa migliorare la situazione. Al contrario non sarebbe utile. Gli darebbe solo un palcoscenico più grande per operare fuori della regione. Sappiamo che gli israeliani ci capiscono».

In Spagna, a una conferenza stampa congiunta con il premier José Maria Aznar dopo i loro colloqui, il presidente francese Jacques Chirac si pronuncia a nome dell'Ue: «Arafat è la legittima autorità palestinese. Penso e credo che l'Europa ritenga un grave errore cercare di eliminarlo». A Bruxelles, l'Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune Javier Solana gli dà ragione: «Siamo molto preoccupati - dice la sua portavoce Cristina Gallach -. Israele deve pensare alle ripercussioni di un fatto del genere. Bisogna evitare a tutti i costi misure che aggravano la tensione».

Il più duro è il presidente egiziano Hosni Mubarak, che dopo l'incontro a Roma con Silvio Berlusconi, leader di turno dell'Ue, diffida il premier israeliano Sharon dal procedere. «E' un passo pericoloso che farebbe esplodere il terrorismo e la violenza - avverte -. Soltanto Arafat possiede l'esperienza e la conoscenza necessari per fermarli. Senza il suo aiuto, nessun premier palestinese avrebbe qualche possibilità di successo».

Al suo fianco, il nostro premier non prende posizione: «Non ho avuto ancora occasione di consultarmi con i partner europei - ribatte ai giornalisti - non posso perciò parlare per conto dell'Ue». Berlusconi rinnova tuttavia l'impegno a rivitalizzare il quartetto della pace, Usa, Ue, Onu Russia, e ad accelerare gli aiuti economici alla Palestina.

Si schiera invece contro Sharon l'ex ministro degli Esteri israeliano Shimon Peres, in visita a Washington: «Il suo è uno sbaglio - afferma -: in esilio, Arafat sarebbe ancora più negativo».

Per la diplomazia americana, che aveva puntato tutto sulla road map, la mappa per la pace, è un altro passo indietro dopo le dimissioni del premier palestinese Abu Mazen, il suo interlocutore privilegiato. Il Washington Post ieri l'aveva velatamente accusata di avere lasciato troppo campo libero a Sharon, rilevando che il presidente Bush non aveva più chiesto all'alleato israeliano di valutare tutte le conseguenze dell'uso della forza. Ma l'ambasciata Usa in Israele è intervenuta in difesa del presidente, segnalando di avere protestato contro l'espulsione di Arafat tramite l'ambasciatore Dan Kurtzer: «La nostra posizione è nota e non è cambiata», ha insistito il portavoce Paul Putin. La sorte del leader palestinese pare dipendere da Bush, ma gli Stati Uniti non scoprono le carte. Il predecessore di Kurtzer, Martin Hyndik, propone un compromesso: «Israele faccia un'apertura importante ai palestinesi, dimostri di volere negoziare, ad esempio abbatta gli insediamenti che più li disturbano; in cambio Arafat consenta ad andarsene». Sarebbe inaccettabile per il mondo arabo, e Mubarak lo dice espressamente: «La road map arriva dagli americani e gli americani la devono portare sul binario giusto». Un invito a Bush a mediare più energicamente.

Qualche pressione su Sharon perché torni sulla decisione può esercitarla anche l'Ue, dopo avere concordato di porre Hamas nella lista nera del terrorismo. Il Coreper, il Comitato dei rappresentati permanenti a Bruxelles, ha preparato il congelamento dei fondi di Hamas in Europa, un provvedimento sollecitato da Bush e Sharon. Non sarà soltanto più il braccio armato dell'organizzazione palestinese a perdere i finanziamenti europei. I nomi delle società e le persone messe al bando potrebbero essere pubblicati già oggi.

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