Da La Repubblica del 25/07/2003

Quando si esibisce il nemico morto

di Tahar Ben Jelloun

NELLA tradizione musulmana ogni anima è cara ad Allah. Come lo è anche il suo involucro. Perciò il corpo del morto deve essere coperto e non deve mai essere mostrato nella sua nudità. La guerra obbedisce a leggi che presuppongono il rispetto dei principi morali. Ciò che accade in Iraq non è una vera e propria guerra. Quali che siano i crimini commessi dai figli di Saddam, quali che siano le nefandezze di cui si sono resi colpevoli durante la dittatura del padre, nessuna legge, nessuna regola consente agli americani di esporre i loro corpi, di fotografarli, di esibirli come trofei di una caccia molto speciale.

Questi trofei vengono presentati come le prove di una vittoria su un regime non esiste più. Ma il problema è un altro. E il disprezzo mostrato dagli americani per i loro avversari; è un atteggiamento che somma errori politici e psicologici; è la sprezzante ignoranza del mondo arabo e musulmano. Perché per i musulmani la morte impone rispetto, Un proverbio dice: con la morte si estingue l’inimicizia. Come si può essere fieri di esibire i corpi di due fuggiaschi che la storia ha già condannato e che non contavano più nulla? Questa consapevole degradazione della civiltà occidentale, questa arroganza della forza che viola il diritto internazionale, questa maniera di trionfare su un cumulo di rovine e su una politica disastrosa danneggiano l’immagine dell’Occidente e dei suoi valori.

Ricordiamo tutti il corpo di Che Guevara esposto su un tavolo e dato in pasto ai fotografi e alle tv di tutto il mondo. Ricordiamo tutti i corpi crivellati di pallottole di Ceausescu e di sua moglie, buttati in un cortile dove la neve era stata lordata dall’esecuzione. Si potrebbe andare ancora indietro, all’epoca di Mussolini quando venivano esibiti i cadaveri degli uomini della resistenza, o al corpo dello stesso dittatore esposto a Piazzale Loreto. Secondo Spinoza, «l’essere è destinato a perseverare nel suo essere», cioè a non cambiare, ancorché ciò non impedisca l’evoluzione. Dunque, l’essere resta ancorato alla sua barbarie, perché essa lusinga il suo egoismo e la sua virilità.

Quando si mette in mostra il cadavere del proprio nemico vuoi dire che la vittoria non è certa, che il dubbio persiste e la brutalità prende il posto del pudore e dell’eleganza, due aspetti totalmente assenti nel comportamento di Bush e del suo ministro della Difesa.

Guerre, conflitti, lotte sono parti integranti della vita. Non sono sempre evitabili. Eppure si può fare la guerra salvaguardando alcuni valori umanitari. Disprezzare i sentimenti di milioni di arabi e di musulmani mostrando i corpi semicarbonizzati di Uday e di Qusay – due individui che da vivi non meritavano alcuna stima – più che un errore politico è una mancanza morale, un venir meno al rispetto che ogni essere umano deve all’anima dei suoi simili.

L’orrore è senza parole e senza suoni. Viaggia nell’aria, si posa come un velo di vergogna su quei volti senza espressione: ombre di uomini, diresti umani. Come se dei cani affamati fossero in attesa dietro gli obiettivi per divorare queste carcasse bruciacchiate, che non somigliano più a niente, che sono stati i corpi di ragazzi viziati, che hanno abusato di tutto, del potere e del resto, ma che oggi sono un cumulo di cenere. E questa orrenda cenere è fonte di fierezza e soddisfazione per il presidente dello Stato più potente del mondo. Che tristezza.

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