Da Avvenire del 08/01/2003

Cattolici troppo unanimi davanti alle prospettive della guerra in Iraq? Fa discutere un intervento di Galli della Loggia. Parla lo storico Riccardi

Chi ha paura della pace

«La politica vaticana non è pacifista né guerresca, ma pacificatrice. E non può non pensare a un ordine mondiale più equo»

di Umberto Folena

Quelli di Sant'Egidio pregano per la pace, e fanno pregare. Cattolici e non. Fin dal 1986. Ma la pace la organizzano pure. La fomentano. Le armi? Sostanzialmente una, il dialogo, da intendersi come arte nella quale esercitarsi. Segnali di pace a tutti. Dialogando, appunto. Perché pace, guerra, Chiesa e Occidente sono temi delicati. Da maneggiare con cura, come sottolinea il fondatore della Comunità, lo storico Andrea Riccardi.

Che cosa succede, professore? Sembra quasi che Galli della Loggia rimproveri al Papa che ha sconfitto il comunismo di non essere abbastanza occidentale?
«Ma il Papa non è occidentale. E neppure orientale».

Come come?
«Premessa: di Occidenti ce ne sono almeno tre, europeo, nordamericano e latinoamericano».

Chiusa la premessa?
«Il rapporto tra Chiesa e Occidente è da sempre complesso. Intendiamoci: le radici dell'Occidente affondano nel grande fiume del cristianesimo, e anzi hanno bisogno di rifarsi a d esso. Quanto alla storia recente, da almeno due secoli, dal fallimento della Restaurazione, la Chiesa al tempo stesso si identifica con l'Occidente e ne è alternativa. Non è forse questo che intendeva Pio XII quando affermava che la Chiesa cattolica si sente madre di tutti i popoli, ma se alcuni di essi la avvertono particolarmente vicina, ciò non significa che la Chiesa "si infeudi ad alcuno né si impietrisca in un momento della storia"? La Chiesa si sente ovunque a casa propria ma non si identifica con alcuna civiltà specifica».

Eppure spesso Chiesa e Occidente finiscono per essere sinonimi.
«Pio XII era mosso da due esigenze: di qua l'originalità della presenza cristiana, di là l'attività missionaria e le altre civiltà. È chiaro che tra cristianesimo e Occidente (ma anche Oriente ortodosso) c'è grande contiguità, perfino intimità, ma all'interno di un rapporto dialettico».

Al posto di Occidente scriviamo Usa.
«Tutti i Papi, almeno da Benedetto XV in poi, ne hanno colto l' importanza. Tuttavia non va ignorato il paradosso: gli Usa sono di fatto l'unico "impero" sopravvissuto al ventesimo secolo; ma a modo suo anche la Chiesa cattolica è "internazionale" e coltiva interessi globali, anche perché i suoi fedeli sono ovunque. Pio XII parlava di "soprannazionalità" della Chiesa cattolica, che per sua natura non può che avere una politica a tutto campo, mondiale».

E in questa sua attenzione al mondo intero è vero che usa due pesi e due misure, denunciando certi conflitti e sottacendone altri?
«A toglierci ogni dubbio in proposito, basterebbe il discorso che ogni anno il Papa tiene al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, con la denuncia di ogni conflitto, compresi i più marginali. Oppure i timbri sul passaporto del cardinale Etchegaray... L'attenzione al mondo da parte della Chiesa è davvero a livello "imperiale", e la stessa ampiezza del corpo diplomatico vaticano lo conferma».

E il rapporto con la guerra? È vero che la Chiesa cattolica sta scivolando sul crinale di una sorta di "fondamentalismo pacifista"?
«Il rapporto tra Chiesa e guerra attraversa tutto il Novecento, dal Benedetto XV dell'"inutile strage" a Giovanni Paolo II. E non senza contrasti interni. Il predicatore di Notre Dame ribatté a Benedetto XV: ottimi consigli, ne riparleremo quando avremo vinto... Certo, la Chiesa tiene conto delle caratteristiche peculiari, drammatiche della guerra moderna. Ma questo è lo stesso Papa che ha parlato a favore dell'intervento umanitario nei Balcani. Un Papa che ha fatto esperienza diretta della guerra e ne ha un senso mistico-drammatico. E la Chiesa di cui è a capo possiede la consapevolezza di fondo che conflitti e rivoluzioni non hanno reso il mondo migliore. La Chiesa sa che la guerra può lasciare un'eredità avvelenata e va utilizzata con grande cautela, fino all'implorazione che non venga usata affatto. La sua è una politica né pacifista né guerresca, ma pacificatrice. In questo senso il Papa che oggi parla contro la guerra e denuncia le miserie del mondo non fa tanto un discorso morale, quanto realista. E se gli Usa pensano a intervenire, la Santa Sede pensa a un nuovo ordine mondiale, più equo. Il suo è l'universalismo di chi non ha divisioni da schierare sul campo, ma neanche interessi economici».

Per saperne di più www.andreariccardi.website

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