Da La Repubblica del 14/02/2003

Marazziti, portavoce di Sant'Egidio: nasca qui una struttura per la diplomazia a oltranza

"A Roma il centro mondiale per la pace"

di Orazio La Rocca

«Istituire a Roma un centro internazionale permanente per la pace, dove far decantare minacce di guerra e spegnere focolai di violenze attraverso il dialogo e il confronto tra le parti in causa»: è il sogno lungamente accarezzato dalla Comunità di Sant'Egidio, ora rilanciato da Mario Marazziti, portavoce e uno dei leader storici della Comunità, in occasione della marcia per la pace in programma domani pomeriggio a Roma. Sant'Egidio, oltre ad aderire ufficialmente all'iniziativa pacifista, dopo la marcia organizzerà nella basilica di Santa Maria in Trastevere una preghiera ecumenica per la pace, presenti gli esponenti di tutte le confessioni cristiane.

A Roma si marcerà in particolare contro la cosiddetta guerra preventiva all'Iraq. Cosa ne pensa la Comunità?
«La guerra non ha etichette. Non ce ne può essere una buona o una cattiva. Va sempre e comunque evitata. Ma, al di là delle condanne morali, mi chiedo a cosa potrebbe servire mettere sù un meccanismo distruttivo, come può essere una guerra combattuta con la potenzialità di annientamento degli arsenali di oggi, se alla fine il risultato sarà peggiore del male che si voleva annientare. In ogni guerra, il 90 per cento delle vittime sono civili».

Cosa fare, allora, se si dimostrerà che l'Iraq ha armi di distruzioni di massa?
«Con la guerra non si risolve nulla. Servono invece le "armi" del dialogo e della diplomazia ad oltranza. Non c'è altra via».

E una città come Roma cosa può fare?
«Roma può fare molto e deve farlo grazie alle sue molteplici peculiarità. È la capitale italiana, è sede del papato e, conseguentemente, è la più grande capitale religiosa del mondo. Roma può diventare un ponte di pace e di dialogo. Ma per essere credibile a livello internazionale, deve essere più attenta agli ultimi che vivono in città, gli immigrati, i barboni, i senza fissa dimora».

La Comunità di Sant'Egidio ha qualche idea in proposito?
«Fa parte del nostro Dna l'attenzione agli ultimi, agli immigrati, ai senza fissa dimora. E l'importanza del dialogo e della diplomazia l'abbiamo verificata contribuendo a risolvere situazioni di conflitto in Africa e in altre aree calde. La Comunità è contro la guerra, così come è contro la pena di morte, sulla quale il 30 novembre prossimo a Roma organizzeremo un meeting mondiale destinato a diventare incontro annuale. Per la pace, pensiamo che Roma debba avere un centro di sensibilizzazione permanente. Qualche anno fa lo abbiamo proposto al Campidoglio. Ma non c'è stato seguito. Ora lo riproponiamo in occasione della marcia di domani. La posta in gioco, la pace, è troppo alta per restare alle sole enunciazioni di principio».

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