Da Panorama del 15/05/2003

AIDS: una speranza per il Mozambico

Un progetto, realizzato dalla Comunità di Sant'Egidio, per creare una rete sociosanitaria nel paese africano in partnership con il governo locale. È volontariato e assistenza, come pure ricerca scientifica, con risultati visibili. In uno dei paesi africani più colpiti dalla sindrome da hiv e che sta pagando un prezzo altissimo in termini umani ed economici.

di Bruno Crimi

Essere ammalati di aids in Africa è una maledizione. Nel senso letterale del termine. Come per tutte le malattie gravi, chi ne è colpito ne attribuisce le cause a forze soprannaturali, talvolta a congiunzioni astrali; ma molto più spesso al malocchio gettato da qualche nemico sulla famiglia del malato. Da qui il ricorso non ai medici o agli ospedali, ma agli stregoni e agli sciamani che con i loro riti esoterici e misteriosi, con le loro erbe e le loro polveri di segreta provenienza, con le loro formule incomprensibili, cercano di neutralizzare le influenze negative che colpiscono il malato.


Se questi non guarisce o quanto meno non migliora, il «guaritore» moltiplica e diversifica i suoi interventi. Il rituale si complica: intervengono «assistenti» dello sciamano, che suonano musiche su strumenti primordiali invocando divinità sconosciute. Di fronte all'insuccesso il «guaritore» convince il malato e la sua famiglia della potenza del nemico che ha gettato il malocchio, una potenza imbattibile. Il cui risultato ultimo, naturalmente, è la morte.


Questa situazione riguarda soprattutto le campagne, le foreste, cioè, in realtà, la maggioranza della popolazione, e non i centri urbani. E, tra i paesi africani in cui una sindrome come quella dell'aids viene affrontata molto spesso con il ricorso agli stregoni, il Mozambico non sfugge alla regola.


Ma non si tratta semplicemente di questo. L'aids non è soltanto un dramma sociale. è qualcosa che mina dall'interno le comunità tradizionali. Che di fronte all'impossibilità della guarigione abbandonano i loro malati, portatori non solo della sindrome, ma della maledizione. Nell'Africa subsahariana, e ancora una volta il Mozambico non è un'eccezione, decine di migliaia di ammalati di aids non ricevono alcuna cura e per il loro sostentamento dipendono unicamente dalle organizzazioni umanitarie. In verità aspettano soltanto di morire.


In questa situazione l'iniziativa presa dalla Comunità di Sant'Egidio in Mozambico, prevenzione e cura dell'aids attraverso la creazione di una rete di servizi sociosanitari che vanno dalla formazione degli infermieri all'installazione di laboratori di analisi, alle cure ospedaliere dei malati, è come una ventata di aria fresca in un inferno di dimenticanze, di impossibilità di agire, di sostanziale disinteresse.


Per avere la misura del progetto messo a punto dalla Comunità di Sant'Egidio è necessario fare una premessa. Alle popolazioni africane, ma il discorso vale anche per l'America Latina e per una grande parte dell'Asia, le cure più aggiornate contro l'aids sono totalmente precluse. Soprattutto a causa dei loro costi. In paesi in via di sviluppo in cui il bilancio dedicato dai governi alla sanità varia da 1 a 3 dollari per abitante all'anno (in Mozambico è di 2 dollari) non è pensabile che si possa intervenire con medicine di ultima generazione il cui costo annuo varia da 10 mila a 25 mila dollari, a seconda dello stato di avanzamento dell'aids.


E a nulla sono valse le molteplici iniziative prese da capi di stato e di governo nei confronti delle multinazionali farmaceutiche che detengono i brevetti delle medicine più costose, perché permettessero a industrie farmaceutiche dei paesi interessati di produrle pagando semplicemente i costi delle materie prime e non dei brevetti. Non c'è stato nulla da fare. E quando qualche paese ha deciso di non prendere in considerazione i divieti, è stato denunciato al Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio, e ai tribunali internazionali.


L'iniziativa della Comunità di Sant'Egidio, partita nel settembre 2001 e che ha una durata triennale, è il primo esempio di cura dell'aids in un paese africano su scala nazionale. Il progetto, il cui acronimo ha un valore evocativo, Dream (sogno), si chiama Drug resources enhancement against aids in Mozambique. Secondo la Comunità, «la carica innovativa del progetto consiste nel fatto di avere messo a punto un modello che possiede caratteristiche che sembrano paradossali e contrastanti. Si tratta infatti di un programma che parte dalla base, dal volontariato e dalle donne, ma che si affianca anche a laboratori avanzati di biologia molecolare. Un progetto che punta all'eccellenza e alla qualità e si rivolge a una popolazione numericamente molto importante. Un intervento che parte dall'alimentazione dei malati ma che svolge anche ricerca scientifica e offre soluzioni terapeutiche innovative. Il tutto in un regime di reale partenariato con il governo e il personale sanitario locali, avviando un meccanismo di collaborazione che riabilita le capacità di intervento dell'intero sistema sanitario». Tutto ciò, conclude la Comunità di Sant'Egidio, «permette a Dream di funzionare non solo dal punto di vista dei risultati terapeutici, ma anche della sostenibilità economica, tecnica, di personale e risorse umane».

Secondo le statistiche ufficiali del governo di Maputo, capitale del Mozambico, l'aids colpisce tra il 13 e il 15 per cento della popolazione. Questo significa che in un paese di 19 milioni di abitanti una persona su sette è affetta dalla sindrome. Grosso modo, ogni famiglia ha nel suo seno una persona malata di aids. Secondo gli esperti del settore che operano in Mozambico, però, le statistiche governative sono ottimistiche: non prendono in considerazione le reali cause di decesso di decine di migliaia di persone che nei villaggi, nella foresta, nelle periferie delle città muoiono di tubercolosi, di polmonite, di malattie intestinali o epatiche. Si tratta delle cosiddette malattie «opportunistiche» dovute alla mancanza di difese immunitarie dell'organismo, che in realtà è affetto da aids.


Le conseguenze sociali ed economiche dell'aids in Mozambico sono devastanti. La malattia colpisce tutti gli strati sociali. Gli insegnanti nelle scuole, gli operai nelle fabbriche, gli impiegati nelle banche e negli uffici pubblici diminuiscono drammaticamente, lasciando vuoti che non sono facilmente colmabili. In questo senso ne risente tutta l'economia del paese.


Proprio in considerazione di ciò il progetto Dream effettua prima di tutto un monitoraggio sanitario delle categorie più utili, quelle che in qualche modo contribuiscono in maniera determinante a far funzionare e a mandare avanti il paese. Così i primi screening sono stati effettuati sul corpo insegnante e sul personale sanitario, infermieri e medici, che non solo in Mozambico ma in tutta l'Africa sono le più colpite dall'epidemia. A Beira, seconda città del Mozambico, sono state esaminate 1.500 persone, 350 delle quali erano sieropositive. Al momento attuale questi malati sono in cura in diversi centri sanitari, a seconda della tipologia della sindrome da cui sono affetti.


Secondo un rapporto dell'Unaids, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della diffusione e della cura dell'aids nel mondo, almeno un terzo dei quindicenni che attualmente vivono nei paesi in via di sviluppo morirà di aids nei prossimi anni. Una mortalità che riguarda prima di tutto paesi dell'Asia e l'Africa. Questo significa, secondo la Comunità di Sant'Egidio, che «se non si inizia la cura dell'aids, in Africa non c'è più futuro. Di nessun tipo. Non solo per le cifre impossibili, anche da pensare, delle vittime, ma perché, a breve, non ci saranno più maestri, infermieri, tecnici in tutti i campi della vita sociale». Gli orfani di genitori morti di aids in Mozambico aumentano in modo esponenziale. Molti di loro sono portatori del virus hiv e sono destinati a morire entro cinque anni. Nel paese non c'è un numero sufficiente di orfanotrofi in grado di ospitarli. I più grandi finiscono nelle strade, soprattutto di Maputo e di Beira, creando piccole comunità che, per sopravvivere, si dedicano ai furti.


Secondo un recente rapporto del ministero della Sanità mozambicano, a causa dell'aids la popolazione attiva del paese diminuirà da 18,8 a 12,4 milioni di persone entro il 2010. Ma in questa statistica sul futuro del paese il dato più allarmante riguarda la speranza di vita che passerà dagli attuali 44 anni a poco più di 35, sempre entro il 2010. Senza l'incidenza dell'aids, la speranza di vita tra sette anni dovrebbe invece essere di 52 anni. Ciò che fa dire agli operatori della Comunità di Sant'Egidio che «l'aids ruberà un terzo della vita di tutti i mozambicani».


Eppure, il Mozambico avrebbe notevoli potenzialità. Grande tre volte l'Italia, le sue terre coltivabili rappresentano circa un terzo della sua superficie, e tra i paesi africani è forse quello più ricco di acqua. Ma è anche vero che proprio questa caratteristica crea al paese non pochi problemi con alluvioni sistematiche, talvolta disastrose. Con un reddito pro capite di 210 dollari all'anno (dati del 1999, gli ultimi disponibili), il Mozambico è uno dei 30 paesi più poveri del mondo. Ma il suo governo, considerato tra i meno corrotti dell'Africa subsahariana, segue alla lettera le indicazioni della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale ottenendo un aiuto di un miliardo di dollari all'anno oltre a un supporto alimentare di 1 milione di dollari, che solo parzialmente riesce a compensare il deficit di 800 mila tonnellate all'anno di derrate, soprattutto perché la sua produzione agricola, orientata verso l'esportazione di prodotti tropicali e subtropicali, è dominata da produttori sudafricani. Dal momento della sua indipendenza (nel 1975) il paese ha attraversato momenti di grande difficoltà. Appena il Frelimo (Fronte di liberazione del Mozambico), che per più di 15 anni aveva condotto la guerra di liberazione contro il colonialismo portoghese, si era installato al potere, aveva dovuto far fronte a un altro movimento indipendentista, la Renamo (Resistenza nazionale mozambicana). Ne era seguita una guerra civile atroce, durata 17 anni, che aveva provocato centinaia di migliaia di morti. E alla quale aveva posto fine, dopo un paziente e difficile negoziato, proprio la Comunità di Sant'Egidio che con quell'accordo aveva conquistato una notorietà internazionale.


Anche se l'«Onu di Trastevere» come viene affettuosamente chiamata la Comunità di Sant'Egidio, è stata protagonista di altri positivi negoziati internazionali, il suo attaccamento al Mozambico continua a essere molto forte. Negli 11 anni di pace che ha conosciuto il paese, la Comunità ha operato in vari settori, dalla sanità alle scuole, al soccorso dei sinistrati a causa delle alluvioni e dei cicloni che periodicamente colpiscono il Mozambico. Con il progetto Dream cerca di prendere di petto quella che viene considerata la peste della nostra epoca.

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