Da Corriere della Sera del 06/08/2003

Il Tesoro: "No ai ministeri in affitto, idea vecchia che non riduce il deficit"

La proposta di vendere gli immobili è stata presentata dai consiglieri di Palazzo Chigi

di Mario Sensini

ROMA - Non conviene. E poi non è neanche una novità. Il Tesoro stronca sul nascere il piano elaborato dall’ex ministro del Bilancio, Paolo Cirino Pomicino. Vendere i ministeri e gli uffici pubblici per fare cassa e poi riaffittarli, secondo Pomicino «genererebbe decine di miliardi di euro per finanziare la ripresa». Ma Giulio Tremonti è scettico e contesta l’idea. Nel merito, sostenendo che questo tipo di operazioni non serve per ridurre il deficit pubblico, a meno di non articolarle in modo tale da ridurne notevolmente i vantaggi. Ma anche nel metodo, perché è evidente che Tremonti considera la proposta elaborata da Pomicino con l’aiuto di Renato Brunetta, del capo economista di Palazzo Chigi, Gianfranco Polillo, e del vice presidente dei senatori di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, come una vera e propria ingerenza nella sua materia. «Al momento a questo tipo di operazioni sono state e sono preferite le vendite di immobili residenziali» ha fatto sapere il ministro dell’Economia attraverso una nota.


LE CRITICHE DI TREMONTI - «Le operazioni note tecnicamente come "usi governativi" sono allo studio del ministero da due anni» sostiene Tremonti. Quindi, «niente di originale». Anzi: «Operazioni di questo tipo sono state già sviluppate in passato in altri Paesi europei» ma, aggiunge la nota, «con alterne fortune». La loro fattibilità, si spiega, dipende dal rigido rispetto delle regole Eurostat, che ad esempio non ammettono a riduzione del deficit pubblico le operazioni strutturate in base alla formula "sale and lease back"».
Queste transazioni, che prevedono la cessione di un bene e il successivo riacquisto in leasing a prezzi pattuiti, si configurerebbero infatti come un leasing finanziario. I proventi della cessione non potrebbero essere usati per ridurre il deficit pubblico, ma anzi l’operazione finirebbe per pesare sul debito pubblico, perché si configurerebbe, secondo le regole Eurostat, l’ufficio di statistica dell’Unione europea, come un prestito assistito da una garanzia immobiliare.
E lo stesso, spiegano gli esperti delle banche d’affari che hanno assistito il Tesoro in alcune importanti operazioni immobiliari, sarebbe per un leasing operativo, senza cioè impegno al riacquisto dell’immobile, che prevedesse canoni di locazione molto lunghi e comunque fuori mercato.


LA REPLICA DI POMICINO - Sia quel che sia, al Tesoro non piace l’idea. Né il fatto che ad avanzarla siano stati altri. «Se il ministero deciderà di procedere nelle sue ipotesi di "usi governativi"» si legge ancora nella nota «sarà responsabilmente ed esclusivamente sul presupposto del consenso europeo, con le modalità e per le quantità concordate». Se si andrà avanti su questa strada, dunque, il Tesoro andrà avanti con le «sue idee».
Pomicino, invece, ha già in mente la Finanziaria «collegiale» che si scriverà quest’autunno e non demorde. «Per studiare il piano a me sono bastati venti giorni e non due anni. L’ho scritto su un settimanale poi mi è stato chiesto di riportare il progetto in un documento che ho dato a chi di dovere. E’ semplice: si vende una parte del patrimonio ora usato dagli uffici pubblici. Gli acquirenti potrebbero essere banche, fondi, altri investitori finanziari. Gli immobili vengono poi affittati dall’amministrazione pubblica che così garantisce un rendimento al proprietario intorno al 5,5%» dice. «L’Europa non c’entra niente perché l’operazione non serve per correggere il deficit, ma a rilanciare la crescita» aggiunge, senza dilungarsi nei particolari.


IL PRECEDENTE DEL CONDONO - «Mi dileggeranno per quattro mesi, ma poi si accorgeranno che non ci sono alternative alla mia proposta» incalza l’ex ministro Dc, ora nelle file Udc e, a quanto si dice, ascoltato consulente del premier. «Andrà a finire - sentenzia Pomicino - esattamente come l’anno scorso per il condono». Lui ne parlò il 29 agosto, in un’intervista al Corriere della Sera quando nessuno aveva ancora pronunciato quella parolina magica che avrebbe risolto da sola tutti i problemi della finanza pubblica italiana del 2003: «Io sono un sostenitore del condono. Ma che dico, del pluricondono. Vedrete, sul risanamento, questo governo dovrà copiare me e Formica».

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