Da La Repubblica del 17/07/2003

Il modello Usa dell’ipoteca

di Federico Rampini

È DURATO poco il «sogno americano» di Tremonti: una ripresa trainata dai consumi finanziati coi mutui-casa. Ipotecate l’appartamento per comprarvi l’automobile: è la ricetta che ha tenuto a galla i consumi americani negli ultimi tre anni. Nel Dpef l’idea di Tremonti è sparita. E’ un peccato perché poteva rendere un po’ più flessibile il mercato e diffondere ai vantaggi della riduzione dei tassi. Ma è anche una fortuna, perché gli eccessi degli Stati Uniti – dove le famiglie hanno accumulato debiti per il 106% del loro reddito annuo – rivelano i costi di un’economia drogata dalle cambiali. Il ruolo dei mutui è decisivo per spiegare il mistero della spesa per consumi delle famiglie americane, che ha continuato a crescere nella re-cessione.

È grazie ai mutui che la politica monetaria espansiva della Federal Reserve ha dispiegato la sua efficacia. La banca centrale ha tagliato per tredici volte il tasso d’interesse sui federal funds, fino all’1% attuale, il livello minimo dal 1960. Gli acquisti di abitazioni sono stati i maggiori beneficiari. Grazie a un sistema bancario competitivo la manovra della Federal Reserve si è trasmessa rapidamente e integralmente sui tassi dei mutui-casa che sono scesi fino al 5% (trentennali a tasso fisso). Il costo del denaro così basso ha avuto enormi conseguenze. Ovviamente le famiglie che hanno bisogno di comprarsi la casa sono state incoraggiate a farlo subito. Ma non è questo l’aspetto decisivo: gli acquisti di prime case sanò solo una piccola parte del magico effetto dei mutui.

Il trucco vero, quello che aveva affascinato Tremonti, è un altro. Le banche e le normative fiscali in America non fanno differenza tra chi chiede un mutua per comprarsi o costruirsi una casa, e chi lo chiede su un’abitazione che possiede già. E costa poco estinguere un mutuo per sostituirlo con un altro a tasso inferiore. Infine, il vantaggio fiscale è esteso a tutti: gli interessi passivi sono sempre deducibili. Quindi chi strapagando i ratei del vecchio mutuo sull’abitazione che possiede già, ha convenienza a farsi rifinanziare. Di più: le banche americane sollecitano i clienti a far rivalutare il prezzo delle case che possiedono già, per aver diritto a un mutuo più grosso. Con il metro quadro salito alle stelle, i tassi scesi sottoterra, e i vantaggi fiscali come ciliegina sulla torta, il mutuo diventa – in apparenza – un superprestito che si ripaga da solo.

Il cliente che estingue il vecchio mutua e lo sostituisce con uno nuovo alle condizioni di mercato correnti, può ricavarne un beneficio economico sotto due forme. O si fa ridurre il pagamento mensile degli interessi, e quindi il suo reddito disponibile aumenta e lo può spendere per altri consumi. Oppure continua a pagare la stessa rata di prima; allora la banca gli aumenta proporzionalmente il prestito, e il cliente incassa un capitale aggiuntivo. Con questo gioco la riduzione dei tassi è diventata una gigantesca macchina «stampa-soldi», una fabbrica di liquidità che ha inondato l’America di potere d’acquisto. Il solo rifinanziamento dei vecchi mutui in un anno ha regalato una capacità di spesa pari a 150 miliardi di dollari (quasi l’1,5% del Pil) alle famiglie americane.

Ma è un gioco pericoloso. Ha alimentato un boom del mercato immobiliare residenziale e un aumento insostenibile dei prezzi. Nel 2002 il patrimonio di case possedute dalle famiglie americane si è apprezzato di 620 miliardi di dollari. Il boom dei prezzi ha raggiunto livelli da bolla speculativa. Dal 1997 al 2002 il metro quadro residenziale è salito del 40% nell’insieme degli Stati Uniti, con punte del 75% a San Francisco, dell’80% a New York. Negli ultimi due anni il valore delle case è cresciuto tre volte di più degli stipendi. Le bolle prima o poi scoppiano. Dopo il crac di Wall Street dell’ottobre 1987 i prezzi delle case continuarono a salire per tre anni, ma alla fine del 1990 arrivò la caduta. A Tokio il crollo della Borsa del dicembre 1989 fu seguito da quello del mercato immobiliare con un anno di ritardo.

Ora che i tassi non possono più scendere, e anzi accennano a risalire, se scoppia questa bolla quali conseguenze avrà? Le famiglie che hanno comprato case al di sopra dei loro mezzi, confidando nei mutui a basso prezzo, scoprirebbero di averle strapagate. I capitali speculativi. che si sono precipitati sul mattone come bene-rifugio, fuggiranno amplificando le perdite. Seguiranno insolvenze, pignoramenti di case ipotecate, famiglie costrette a svendere per non finire in rovina.

L’idea di Tremanti aveva qualcosa di buono: nell’economia italiana ingessata, il calo dei tassi d’interesse oggi arriva in minima parte ai consumatori. Tra le banche italiane c’è poca concorrenza e molta esosità. Chi estingue un vecchio mutuo per accenderne uno nuovo paga pedaggi assurdi al suo banchiere. Un po’ più di flessibilità nel credito aiuterebbe a diffondere i benefici della riduzione del costo del denaro.

Ma l’Italia è preparata ai rischi della ricetta americana? Conosciamo i danni di un’economia fondata sul debito pubblico, a cominciare dalla bassa crescita. Non siamo addestrati alle fragilità di un’economia fondata sui debiti privati: un crac può alterare brutalmente il tenore di vita delle famiglie; pareggiare i bilanci è un’operazione dai costi sociali pesanti; e la bancarotta individuale non è una rarità.

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