Da Famiglia cristiana del 06/07/2003
Le armi segrete di Saddam non si trovano: il senato americano chiede la verità
Bugie di guerra
Cresce la pressione su Bush: «Lui e i suoi ministri non hanno detto la verità». la risposta è sprezzante: «Falso, abbiamo reagito alle minacce del dittatore».
di Bruno Marolo
Washington – Chi vince ha sempre ragione. Con questa certezza, il presidente Bush respinge l'accusa di avere inventato, o almeno esagerato, le prove per giustificare l'invasione dell'Irak. Le armi di sterminio, che secondo Stati Uniti e Gran Bretagna rendevano necessario l'intervento contro il regime di Saddam Hussein, non si trovano.
In Gran Bretagna, il premier Tony Blair è sotto inchiesta per avere fornito al Parlamento indicazioni fuorvianti. Anche in America la Commissione del Senato che controlla i servizi segreti ha chiesto chiarimenti al Governo. «Il presidente e i suoi ministri», ha dichiarato il senatore repubblicano Chuck Hagel, membro della Commissione, «devono disperdere le nubi che offuscano la loro credibilità». Bush ha dato una risposta sprezzante: «La nostra nazione ha reagito alle minacce del dittatore dell'Irak. Ora qualcuno vorrebbe riscrivere la storia». Da che mondo è mondo, la storia è scritta dai vincitori e in guerra non contano i motivi, ma i risultati.
I veri motivi per attaccare l'Irak sono stati esposti dal sottosegretario alla Difesa Paul Wolfowitz, il più eloquente consigliere di Bush. Per tenere a bada Saddam, gli Usa erano costretti a dispiegare migliaia di soldati in Arabia Saudita e ad accettare compromessi con una monarchia corrotta e instabile. L'occupazione dell'Irak avrebbe offerto una nuova base per promuovere ideali e interessi americani in Medio Oriente. Vi erano molte ragioni per la guerra, ma venne deciso di insistere «sull'unico argomento che avrebbe trovato tutti d'accordo: le armi di sterminio».
Gli uomini di Bush danno l'impressione di aver agito come il personaggio che raccomanda a Baudolino, protagonista del romanzo di Umberto Eco: «Se non hai altre notizie, inventale. Bada, non ti chiedo di testimoniare ciò che ritieni falso, ma di testimoniare falsamente su ciò che credi vero, il che è azione virtuosa perché supplisce alla mancanza di prove su qualcosa che esiste».
SPUNTA UNA VECCHIA TESI... DI LAUREA
Il vicepresidente Dick Cheney assillava i servizi segreti americani perché fornissero materiale sulle armi proibite di Saddam e sui suoi collegamenti con i terroristi di Bin Laden. La consigliera per la Sicurezza nazionale Rice metteva sotto pressione Hans Blix, capo degli ispettori dell'Onu in Irak, perché denunciasse le inadempienze di Baghdad.
In Gran Bretagna, il premier Tony Blair presentava come dati di fatto le voci fantasiose esposte in una vecchia tesi di laurea. «Mi meraviglio», dice ora Hans Blix, «che americani e britannici si aspettassero di trovare in Irak grandi quantità di armi chimiche e batteriologiche. Non avrebbero potuto farlo se avessero studiato i rapporti dei miei ispettori. Era come se Usa e Onu si trovassero su
pianeti diversi».
Dopo la guerra due ministri britannici, Robin Cook e Claire Short, si sono dimessi per protesta. Tony Blair ha rifiutato di lasciarsi interrogare dalla Commissione che indaga sulla veridicità delle sue affermazioni. Il senatore americano Carl Levin, capogruppo del partito democratico nella Commissione per le forze armate, ha accusato il Governo di avere negato alle Nazioni Unite la documentazione raccolta dalla Cia, nel timore che gli ispettori la verificassero e la dichiarassero infondata.
LE INFORMAZIONI SEGRETE
La dottrina della "guerra preventiva" proclamata da Bush assume contorni inquietanti per la democrazia. Il presidente si riserva di usare la forza contro chiunque egli giudichi pericoloso, sulla base di informazioni segrete. Nel caso dell'Irak, in particolare, sembra che le informazioni fossero infondate, e vi è il sospetto che il Governo le abbia manipolate per i propri fini. Siamo a un passo dall'assolutismo: quod principi placet legis habet vigorein («ciò che piace al sovrano è legge»).
John Dean, ex consigliere giuridico del presidente Nixon, pone la domanda: «Il Governo decide secondo i dati dell'intelligence, oppure questi dati vengono usati selettivamente per sostenere decisioni prese a priori?».
In un articolo che ha fatto scalpore in Europa ed è caduto nel vuoto in America, lo stesso Dean ha chiesto l'impeachment, cioè la messa in stato di accusa di Bush per avere ingannato la nazione. Dean sa di cosa parla: egli stesso è stato in carcere per il ruolo svolto nello scandalo Watergate (che costrinse alle dimissioni il presidente Nixon).
Fabbricare le prove a questo punto sarebbe troppo pericoloso. Bush non promette più di trovarle. In un discorso alla radio ha sostenuto che armi e documenti sono stati distrutti «negli ultimi giorni del regime».
Il presidente sente di non aver nulla da temere da un Congresso in cui il suo partito ha la maggioranza assoluta. Nel novembre 2004, quando chiederà un nuovo mandato agli elettori, la polemica sulle armi introvabili probabilmente sarà dimenticata.
Gli americani giudicheranno secondo altri parametri. In Irak emergerà un sistema democratico? Il Medio Oriente troverà finalmente la pace? In America finirà l'incubo del terrorismo, e l'economia tornerà a crescere?
Per il momento, la guerra che Bush ha voluto a ogni costo non ha risolto alcuno fra questi problemi.
In Gran Bretagna, il premier Tony Blair è sotto inchiesta per avere fornito al Parlamento indicazioni fuorvianti. Anche in America la Commissione del Senato che controlla i servizi segreti ha chiesto chiarimenti al Governo. «Il presidente e i suoi ministri», ha dichiarato il senatore repubblicano Chuck Hagel, membro della Commissione, «devono disperdere le nubi che offuscano la loro credibilità». Bush ha dato una risposta sprezzante: «La nostra nazione ha reagito alle minacce del dittatore dell'Irak. Ora qualcuno vorrebbe riscrivere la storia». Da che mondo è mondo, la storia è scritta dai vincitori e in guerra non contano i motivi, ma i risultati.
I veri motivi per attaccare l'Irak sono stati esposti dal sottosegretario alla Difesa Paul Wolfowitz, il più eloquente consigliere di Bush. Per tenere a bada Saddam, gli Usa erano costretti a dispiegare migliaia di soldati in Arabia Saudita e ad accettare compromessi con una monarchia corrotta e instabile. L'occupazione dell'Irak avrebbe offerto una nuova base per promuovere ideali e interessi americani in Medio Oriente. Vi erano molte ragioni per la guerra, ma venne deciso di insistere «sull'unico argomento che avrebbe trovato tutti d'accordo: le armi di sterminio».
Gli uomini di Bush danno l'impressione di aver agito come il personaggio che raccomanda a Baudolino, protagonista del romanzo di Umberto Eco: «Se non hai altre notizie, inventale. Bada, non ti chiedo di testimoniare ciò che ritieni falso, ma di testimoniare falsamente su ciò che credi vero, il che è azione virtuosa perché supplisce alla mancanza di prove su qualcosa che esiste».
SPUNTA UNA VECCHIA TESI... DI LAUREA
Il vicepresidente Dick Cheney assillava i servizi segreti americani perché fornissero materiale sulle armi proibite di Saddam e sui suoi collegamenti con i terroristi di Bin Laden. La consigliera per la Sicurezza nazionale Rice metteva sotto pressione Hans Blix, capo degli ispettori dell'Onu in Irak, perché denunciasse le inadempienze di Baghdad.
In Gran Bretagna, il premier Tony Blair presentava come dati di fatto le voci fantasiose esposte in una vecchia tesi di laurea. «Mi meraviglio», dice ora Hans Blix, «che americani e britannici si aspettassero di trovare in Irak grandi quantità di armi chimiche e batteriologiche. Non avrebbero potuto farlo se avessero studiato i rapporti dei miei ispettori. Era come se Usa e Onu si trovassero su
pianeti diversi».
Dopo la guerra due ministri britannici, Robin Cook e Claire Short, si sono dimessi per protesta. Tony Blair ha rifiutato di lasciarsi interrogare dalla Commissione che indaga sulla veridicità delle sue affermazioni. Il senatore americano Carl Levin, capogruppo del partito democratico nella Commissione per le forze armate, ha accusato il Governo di avere negato alle Nazioni Unite la documentazione raccolta dalla Cia, nel timore che gli ispettori la verificassero e la dichiarassero infondata.
LE INFORMAZIONI SEGRETE
La dottrina della "guerra preventiva" proclamata da Bush assume contorni inquietanti per la democrazia. Il presidente si riserva di usare la forza contro chiunque egli giudichi pericoloso, sulla base di informazioni segrete. Nel caso dell'Irak, in particolare, sembra che le informazioni fossero infondate, e vi è il sospetto che il Governo le abbia manipolate per i propri fini. Siamo a un passo dall'assolutismo: quod principi placet legis habet vigorein («ciò che piace al sovrano è legge»).
John Dean, ex consigliere giuridico del presidente Nixon, pone la domanda: «Il Governo decide secondo i dati dell'intelligence, oppure questi dati vengono usati selettivamente per sostenere decisioni prese a priori?».
In un articolo che ha fatto scalpore in Europa ed è caduto nel vuoto in America, lo stesso Dean ha chiesto l'impeachment, cioè la messa in stato di accusa di Bush per avere ingannato la nazione. Dean sa di cosa parla: egli stesso è stato in carcere per il ruolo svolto nello scandalo Watergate (che costrinse alle dimissioni il presidente Nixon).
Fabbricare le prove a questo punto sarebbe troppo pericoloso. Bush non promette più di trovarle. In un discorso alla radio ha sostenuto che armi e documenti sono stati distrutti «negli ultimi giorni del regime».
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