Da Famiglia cristiana del 20/07/2003

Incatenato al suo mito, il leader cubano distrugge il suo popolo

Castro, il minotauro nel suo labirinto

In questi giorni i cubani sono mobilitati per la celebrazione del 50° anniversario dell'assalto alla caserma Moncada di Santiago, a sud dell'Isola. Era il 26 luglio 1953, una domenica, quando un manipolo di giovani, guidato dall'avvocato Fidel Castro, tentò di espugnare la seconda fortezza militare del Paese per sollevare il popolo contro la dittatura di Batista.
I morti furono varie decine. Alcuni degli insorti furono catturati e processati. Tra questi, lo stesso Castro, che si difese da solo e pronunciò la celebre arringa, anni dopo data alle stampe con il titolo “La storia mi assolverà”.
Chissà se Castro accetterebbe di completare il titolo del famoso opuscolo con un "forse", o con un punto interrogativo... Altre volte ha ammesso d'avere sbagliato. Solo che poi, a guidare le campagne di "rettifica degli errori” c'era lui, sempre lui. In questi giorni è lui a guidare un'altra campagna: quella contro l'Unione europea, colpevole d'aver adottato sanzioni diplomatiche nei confronti di Cuba dopo la fucilazione di tre poveracci che avevano sequestrato un traghetto per scappare dall'Isola e dopo la condanna di 75 oppositori a durissime pene detentive.
La settimana scorsa una delegazione della dissidenza cubana è stata a Roma e ora sta visitando altre capitali europee per chiedere solidarietà a governi e parlamenti. Ne fa parte anche Alina Castro, figlia del Lider Maximo. La signora, che vive in esilio negli Stati Uniti, chiede alle autorità europee di isolare moralmente il regime di suo padre, ma di non adottare sanzioni economiche contro Cuba, perché a soffrirne sarebbe soprattutto il popolo. È una posizione sensata, che vale anche per l'embargo economico adottato dagli Stati Uniti contro Castro più di quarant'anni fa.

Molti analisti dei malati rapporti cubano-statunitensi sostengono che l'embargo di Washington contro L'Avana avvantaggia politicamente Castro, il quale vi si appiglia per mobilitare i cubani contro l'assedio del grande vicino. Ora, è vero che l'amministrazione Bush ha atteggiamenti e comportamenti aggressivi verso Castro, ma nei rapporti commerciali qualcosa sta cambiando. Proprio con Bush junior, e sotto la spinta della lobby agraria statunitense, Cuba compra generi alimentari nel mercato statunitense. Il giro d'affari è stato di 4,3 milioni di dollari nel 2001, di 138,6 milioni nel 2002 e di 46,2 milioni nel primo trimestre di quest'anno.
Solo la propaganda castrista può accusare l'embargo statunitense d'essere la causa principale della povertà dei cubani. La causa principale, in realtà, sta in un sistema chiuso al pluralismo politico ed economico. I cittadini che, nonostante i controlli polizieschi e le infiltrazioni di spie, tentano di far sentire la loro voce e di organizzare il dissenso, rischiano di marcire in carcere. Quelli che pensano soltanto a sopravvivere, sognando di emigrare, trascurano il lavoro statale risibilmente pagato e vanno a caccia di dollari, vendendo al turista tutto quello che possono.
A capo di questo asfittico sistema c'è, da più di 44 anni, un uomo che, ultimamente, sta perdendo anche la bravura retorica. Castro, innamorato della sua opera d'arte (la rivoluzione), non s'accorge che il bel quadro degli albori è diventato una misera crosta.
Vari anni fa il suo amico Gabriel García Màrquez scrisse il romanzo “Il generale nel suo labirinto”. Il libro raccontava del libertador Simón Bolívar, ma molti critici vi lessero una metafora di Fidel Castro.
Metafora da aggiornare oggi con “Il minotauro nel suo labirinto”: incatenato al mito di sé stesso e alla necrofila alternativa: "socialismo o morte", sta distruggendo il suo popolo.

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