Da Corriere della Sera del 24/07/2003

«La Terra mai così calda da 500 milioni di anni»

di Giovanni Caprara

«Epoche arse dal Sole o raggelate da climi avversi segnano la storia della Terra. Il nostro pianeta è un corpo vivo che ha seguito la sua evoluzione naturale. Finché è arrivato l’uomo e allora i giochi sono cambiati». Guido Visconti insegna Fisica dell’atmosfera all’Università de L’Aquila. Per lui i grafici delle temperature sono come le lastre dei radiologi: guarda i numerosi chiaroscuri dei valori numerici e decifra un mondo ancora enigmatico anche se ricco di molti indizi interessanti.

Professore, a quali giochi si riferisce?
«Negli ultimi tre milioni di anni la temperatura media dell’emisfero nord della Terra dove noi abitiamo è oscillata di circa dieci gradi. Nell’ultimo periodo, ogni centomila anni si sono verificate quattro glaciazioni durante le quali il termometro scendeva a 11 gradi centigradi. Lo abbiamo misurato con i carotaggi nelle profondità dei ghiacci in Antartide dove sono intrappolate bolle d’aria di quei periodi. L’ultima glaciazione si è conclusa circa 12 mila anni fa. Poi la temperatura è tornata a salire creando condizioni ospitali più favorevoli alla vita».

Proprio allora, infatti, inizia l’interessante fase dell’evoluzione umana: si sviluppa l’agricoltura e si addomesticano gli animali. Nascono le civiltà.....
«È vero, ma si incomincia anche a registrare il cambiamento provocato dalle popolazioni. Anzi la loro crescita e l’intenso sfruttamento del suolo determinano pure il loro declino. Si tagliano i boschi per conquistare terra da coltivare. L’ambiente, però, non sopporta il drastico intervento. Il clima ne risente negativamente e le civiltà orientali come quella mesopotamica crollano. In Europa si tagliano migliaia di ettari di foreste e altrettanto accade nelle regioni del sudovest americano dove la civiltà Anasazi scompare dalla Mesa Verde. Ma sono gli ultimi mille anni a essere studiati con maggior cura».

Come mai?
«Perché la civiltà ha lasciato tracce prima inesistenti. Nell’arco del millennio la temperatura non è oscillata granché; tutto si è mantenuto intorno a un grado centigrado. Anche se nel 1400, all’uscita da un Medioevo caratterizzato da una fase più calda, si nota un raffreddamento di circa mezzo grado che perdura per cinquecento anni, fino al 1900: è la piccola era glaciale. Il lieve sbalzo segna per l’Europa un periodo nero. La Gran Bretagna e i Paesi del Nord sono flagellati dalle tempeste, l’agricoltura ne risente, si innescano grandi carestie e le malattie si diffondono».

Ma dovunque è così?
«No, c’è una differenza con il Nordamerica. I padri pellegrini che arrivavano nel Nuovo Mondo raccontano invece di un clima mite, più caldo di quello che hanno lasciato nel Vecchio Continente. E la spiegazione più accreditata è che la piccola era glaciale europea sia stata provocata dall’imponente deforestazione attuata verso il 1400. Il ciclo climatico viene alterato e l’ambiente si raffredda».

Oltre i mutamenti causati dall’uomo non ci sono anche quelli scatenati dalla natura?
«Infatti nel 1815 il vulcano Tambora in Indonesia scarica nell’atmosfera con eccezionale violenza un’imponente quantità di gas e polveri che si diffondono sopra i continenti. Le conseguenze si avvertono anche sulla nostra penisola e il 1815 passa alla storia come "l’anno senza estate". Il materiale sospeso nell’aria riduce la radiazione solare. L’uva non matura e molte coltivazioni non danno frutti. Nel 1883 qualcosa di analogo succede per l’eruzione del Krakatoa, ma non essendo altrettanto intensa i danni ambientali sono limitati alle regioni asiatiche».

Nel 1900 la situazione però cambia e inizia una nuova fase che dura tuttora.....
«Da quel momento si registra un’inversione della temperatura che torna a salire. È il frutto della rivoluzione industriale diffusasi nell’Ottocento nei vari Paesi europei con il corredo di scarichi industriali. Ormai ci sono strumenti in grado di testimoniare il diretto influsso dell’uomo e la prima a salire è la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera. Nel 1850 l’aria conteneva 290 parti su un milione del malefico gas. Oggi le parti sono diventate 350; l’aumento è del 20 per cento».

Il riscaldamento atmosferico diventa inquietante e pone problemi giganteschi su scala planetaria, mai affrontati prima. E ora?
«Oggi abbiamo una temperatura media sulla Terra che è la più alta degli ultimi 500 milioni di anni e continua a salire con un aumento medio di circa un grado ogni cento anni. Ciò che preoccupa è la rapidità con la quale ciò avviene, che contrasta con i tempi di adattamento ben più lenti sia della fauna che della flora».

Con simili premesse che cosa potrà succedere?
«Le prospettive non sono buone - conclude il professor Visconti -. Se l’anidride carbonica continuerà a crescere, nel 2050 la temperatura media della Terra sarà più elevata di 4 o 5 gradi rispetto al 1900 con devastanti effetti ambientali. Il conseguente scioglimento dei ghiacci, secondo una recente teoria che si rivela sempre più seria, può raffreddare la corrente del Golfo capace di mantenere il clima mite in Europa. La conseguenza sarebbe una nuova era glaciale. Per invertire la tendenza al riscaldamento bisognerebbe tagliare non del 10, come si chiede ai summit internazionali, ma del 50 per cento i gas serra immessi nell’atmosfera. Ma chi ha il coraggio di un intervento tanto drastico che avrebbe ripercussioni sulle economie mondiali? Se però non si interverrà potrebbe essere anche peggio». La scelta è ardua ma si impone.

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