Da Corriere della Sera del 17/07/2003

«Agenti Fbi a Roma indagano sulla pista italiana»

I media americani: un giornalista straniero passò le carte alla nostra ambasciata. Il capo della Cia Tenet sentito al Congresso

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Dilaga il Nigergate, lo scandalo dei tentativi di acquisto di uranio in Africa da parte di Saddam Hussein, dati per certi dal presidente Bush sebbene l'informazione apparisse infondata. L'Fbi, la polizia federale, ha aperto una inchiesta per accertare se i documenti in merito, che sarebbero pervenuti ai servizi segreti italiani all'inizio del 2001, facessero parte di una campagna clandestina di disinformazione, intesa a provocare la guerra con l'Iraq. Alcuni agenti sono già in Italia (lo rivelano la rivista Newseek e la Cnn ), e uno dei loro obbiettivi è di scoprire «un giornalista straniero», molto probabilmente italiano, che consegnò il dossier nigerino all'ambasciata Usa a Roma nell'ottobre del 2002. La ricostruzione della vicenda pubblicata online da Newsweek avanza le ipotesi più diverse, tra le quali anche che la fonte dell’informazione falsa siano stati esiliati iracheni, anziché truffatori a caccia di dollari. La notizia ha messo in subbuglio la capitale, relegando in secondo piano la cruciale testimonianza sullo scandalo, a porte chiuse, del direttore della Cia George Tenet alla Commissione per i servizi segreti del Senato.

Secondo Newsweek , l'Fbi si è mossa su pressione del vicepresidente della Commissione, il potente senatore Jay Rockefeller, un membro della grande dinastia finanziaria. Il direttore della polizia federale Robert Mueller, uomo vicino al presidente Bush, ha affidato l'inchiesta a un esperto del controspionaggio, David Szady, che avrebbe già interrogato degli agenti della Cia e dei funzionari del Dipartimento di Stato. Sul versante americano, l'inchiesta è diretta ad accertare le cause di alcuni incredibili errori: il più grave sarebbe che, dopo le informative del principio del 2002, il dossier dell'ottobre successivo rimase fermo nell'ufficio della Cia presso l’ambasciata Usa di Roma, mentre sarebbe giunto al Dipartimento di Stato. Il quartier generale della Cia a Langley, che dubitò quasi subito della pista nigerina, vi avrebbe messo le mani sopra soltanto lo scorso febbraio. Durante il 2002 diplomatici e agenti avrebbero discusso del caso senza scambiarsi documenti.

Sul versante italiano è mistero totale. Fu davvero un diplomatico dell'ambasciata nigerina a Roma a fornire il falso dossier ai nostri servizi segreti? Chi è il giornalista che lo trasmise all'ambasciata Usa, «forse per soldi, per sé o per la sua fonte» scrive Newsweek , soldi che non gli furono mai versati? E perché la truffa non venne scoperta subito mentre, sostiene la rivista, sarebbe bastato verificare certi dati su Internet? Alla udienza con Tenet, Rockefeller ha insistito su questi e altri punti sfruttando la rivalità tra l'Fbi e la Cia. «E' ora di finirla con la incomunicabilità tra le agenzie preposte alla nostra sicurezza - ha protestato -. La verità sul presunto uranio di Saddam e la sua strumentalizzazione da parte della Casa Bianca devono venire fuori».

Le rivelazioni della rivista hanno reso drammatica la testimonianza del direttore della Cia, che era stata preceduta da una denuncia di Ted Kennedy, il decano dei democratici, dell'operato di Bush: «Il presidente ha mosso guerra all'Iraq senza motivo, ha messo l'America in imbarazzo», aveva tuonato Kennedy. La Commissione ha chiesto perché, a ottobre, quattro giorni dopo avere pubblicato sul National intelligence estimate che Saddam Hussein tentava di acquistare uranio nel Niger, in Somalia e nel Congo, Tenet chiese e ottenne che il presidente non vi facesse cenno in un suo discorso. E' la chiave di lettura del Nigergate. Se lo 007 dovesse ammettere che l'informazione era infondata, sarebbe chiamato a spiegare perché la pubblicò. Peggio ancora, Bush dovrebbe spiegare perché la usò tre mesi dopo nel Messaggio sullo stato dell'Unione, nonostante un nuovo richiamo di Tenet.

E' probabile che qualcosa della deposizione di Tenet, traspaia nella giornata di oggi. L'udienza potrebbe segnare l'inizio della sua fine: i conservatori ne reclamano la testa perché ha messo nei guai Bush, i democratici perché sospettano che abbia mentito, come avrebbe mentito il presidente. Il senatore John Kerry, un candidato alla Casa Bianca, ammonisce che Bush «ha un problema di credibilità». A Londra, il premier Blair va incontro a guai peggiori: l'opposizione gli rinfaccia di essere «refrattario alla verità», artefice di «una cultura dell'inganno». Bush e Blair s'incontrano oggi alla Casa Bianca in un clima di estrema tensione. E' troppo presto per parlare di una crisi parallela, ma per entrambi l'unica via d'uscita è la scoperta di armi di sterminio in Iraq.

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