Da Corriere della Sera del 15/07/2003

La Casa Bianca respinge le accuse: «Immondizia»

Bush sul finto dossier dell’uranio: «Le informazioni della Cia erano dannatamente buone». Critiche a Cheney

Il caso nato sul dossier relativo a una fantomatica ricerca di uranio «yellowcake» in Niger da parte di Saddam coinvolge i vertici della Casa Bianca. E anche un poco noto diplomatico americano

di Ennio Caretto

WASHINGTON - La Casa Bianca insiste. «E' un mucchio d'immondizia», dichiara il portavoce Ari Fleischer, alla sua ultima uscita ufficiale (in realtà impiega un termine molto più volgare). «Il presidente ritiene chiusa la partita. Che Saddam Hussein abbia cercato o no uranio in Africa, non è stata certo l'informazione che ha motivato la guerra». Dopo due anni e mezzo, Fleischer si è dimesso, diventerà un libero professionista («Voglio fare soldi», spiega con candore). E i giornalisti gli hanno preparato un regalo di commiato, ma non lo risparmiano. Rinnovano l'accusa a Bush di avere strumentalizzato un documento falso, la presunta richiesta di uranio al Niger del raìs, per giustificare il conflitto. Esigono il nome dell'informatore, Italia, Gran Bretagna, altri Paesi? Fleischer sbotta: «Non conosciamo la fonte, ma tutti sanno che l'Iraq mirava a procurarsi mezzi nucleari». Altro che partita chiusa! E' una tempesta politica, la più grave dell’amministrazione Bush, il Saddamgate, che potrebbe fare cadere teste illustri. Quella del direttore della Cia George Tenet sembrerebbe destinata a essere la prima, ma qualcuno reclama quella del consigliere della sicurezza Condoleezza Rice, persino quella del vicepresidente Dick Cheney. I candidati democratici alla presidenza non disperano che lo scandalo finisca per travolgere anche Bush.

Un simile furore non si vedeva dal Sexgate di Clinton che rischiò l'impeachment (l’incriminazione) per il rapporto con la stagista Monica Lewinsky. Secondo un sondaggio della rivista Newsweek , il 38 per cento degli americani sospetta che Bush abbia mentito, come Richard Nixon mentì nello scandalo Watergate.

Il presidente, pur ostentando sicurezza, se ne rende conto. Ma evita di ripetere l'errore di Nixon di rifiutarsi ai media e li affronta con fermezza. Per questo, dopo il colloquio con il segretario generale dell'Onu Kofi Annan sull'Africa e l'Iraq, risponde che quando parlò della caccia all'uranio del raìs in Africa «l’informazione pareva dannatamente buona, tanto che il mio discorso fu approvato dalla Cia; se non lo fosse stato, non l’avrei usata». Aggiunge che la questione di fondo è un'altra: «Saddam boicottò le ispezioni dell'Onu. Noi sapevamo che nascondeva armi di sterminio, come lo sapeva Clinton che lo bombardò nel '98. Quella di attaccarlo fu una buona decisione». E conclude: «Le armi verranno alla luce. Abbiamo nelle nostre mani gli iracheni che sanno dove sono».

L'accanimento della stampa e i dubbi del pubblico sono alimentati da rivelazioni come quelle di Robert Novak del Washington Post , vicino alla Casa Bianca e a Cheney. Novak riferisce che l'ex ambasciatore a Bagdad Joseph Wilson, mandato dalla Cia in Niger a indagare sull’uranio, è sposato con una agente segreta, Valerie Plame, incaricata della lotta alle armi di sterminio. Sottolinea che Wilson, che smentì la pista nigerina, era ed è rimasto contrario alla guerra all'Iraq. Lascia intendere che le soffiate ai giornalisti sui dossier falsi potrebbero essere originate da uno dei due, o da entrambi. E' questo che potrebbe costare la testa a George Tenet. La sua colpa non sarebbe tanto di non avere censurato le incaute parole del presidente, quanto di non avere tenuto sotto controllo i suoi 007. Costringendolo a dimettersi, la Casa Bianca otterrebbe un doppio risultato: dimostrerebbe di volere andare a fondo dello scandalo e si libererebbe di un uomo ereditato da Clinton.

A parole, il presidente Bush conferma «la piena fiducia» nel direttore della Cia. Ma Usa Toda y rivela che da qualche settimana Tenet manifesta l'intenzione di andarsene. E' una prospettiva che fa infuriare molti americani. Ieri la Cnn è stata inondata di email in sua difesa. Alcuni spettatori (e deputati democratici) hanno protestato che toccherebbe a Condoleezza Rice dimettersi: è lei, hanno scritto, che verifica i testi di Bush, è a lei che fa riferimento la Cia, ed è probabilmente lei che ha avallato l'accenno all'uranio del Niger. Ma anche Cheney è nel mirino dei critici, perché martellò sul riarmo nucleare dell'Iraq, premette su Tenet affinché indagasse, e non ne accettò la risposta negativa. Paradossalmente, mentre Kofi Annan prende le distanze dallo scandalo, dicendo che «è una questione che riguarda Washington», a Londra il premier Blair conferma che la pista nigerina è autentica. All’ironica domanda «perché la Gran Bretagna dovrebbe crederci, se non ci crede più neppure Bush?», ribatte che è dimostrata da altre fonti. E termina: «Siamo fieri del ruolo da noi svolto nella liberazione dell'Iraq».

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