Da La Repubblica del 19/04/2001
Originale su http://www.repubblica.it/online/mondo/aidsafri/ginori/ginori.html
Colpo di scena al processo di Pretoria: il governo potrebbe rompere il monopolio delle terapie anti Aids
Sudafrica, Big Pharma tratta la resa
La lobby farmaceutica pronta a ridurre i costi dei "salvavita"
di Anais Ginori
Golia ha tremato. Per la prima volta, ha anche piegato la testa e si è seduto a un tavolo con Davide. Ora sta trattando e presto ci sarà un accordo, almeno così dicono fonti riservate che conoscono bene il gigante. Big Pharma, l'industria delle medicine, una delle più potenti lobby economiche del mondo, potrebbe capitolare. Una resa che dovrebbe suonare così: prima del profitto viene il diritto ad avere medicine che salvano la vita.
La battaglia si combatte da mesi in una piccola aula di tribunale che sta a Pretoria, Sudafrica. I giudici dell'Alta Corte hanno in mano un fascicolo, il 4183/98, che potrebbe cambiare le sorti di molti paesi in via di sviluppo. Sopra c'è scritto: sindacato delle aziende farmaceutiche (Pma) contro governo sudafricano. E' in gioco il futuro di milioni di malati e la possibilità di ottenere terapie a prezzi accessibili. Si comincia dall'Aids, in un continente dove un adulto su sei è sieropositivo. Ma si potrebbe fare lo stesso processo con le cure per la malaria, la tubercolosi, il colera, la meningite.
"Aggiorniamo l'udienza, le parti stanno discutendo un possibile ritiro della causa" è stata ieri la breve comunicazione del giudice Bernard Ngoepe, della Corte Suprema di Pretoria, sotto il caldo sole di mezzogiorno. Una piccola folla di attivisti, radunata davanti al tribunale sudafricano, ha esultato. "Questo sarà il Vietnam dell'industria farmaceutica. Stanno per mollare. Hanno capito che stanno andando diritti alla catastrofe", dice Kevin Watkins dell'Oxfam, organizzazione inglese che lotta per il diritto alla salute nel Terzo Mondo.
Due milioni di lire è il costo annuo che le case farmaceutiche impongono per la triterapia anti Aids. Questo prezzo è al lordo di ricerca, marketing e copyright. Senza queste voci, la stessa combinazione, fabbricata da un'azienda thailandese, indiana o brasiliana, costa meno di 600 mila lire. Un salvavita scontato ma illegale, almeno secondo le regole dell'Omc (l'Organizzazione mondiale del commercio), che dal '94 ha regalato all'industria farmaceutica il monopolio dei brevetti per venti anni.
Il Sudafrica contesta questa regola, come hanno già iniziato a fare Brasile e Thailandia. La posta in gioco è alta, basta leggere i nomi chiamati al processo. Da una parte i presidenti delle 39 più grandi industrie farmaceutiche (da Glaxo, a Bristol a Merck), dall'altra Nelson Mandela, l'eroe della lotta all'apartheid. Mandela dice: "Possiamo importare o produrre i farmaci antiAids a un decimo del prezzo attuale. Facciamolo. Fermiamo l'Olocausto dell'Africa".
Il premio Nobel è andato oltre: nel '97 ha varato una legge, il Medical Act, che in pratica dà il via libera a questa teoria. L'industria ha risposto mobilitando una schiera di avvocati. "La legge contravviene alle regole internazionali". Il discorso, perfetto sul piano legale, si traduce in questa situazione: dal '96, quando è stata scoperta la triterapia antiAids, il numero di decessi negli Usa si è dimezzato (da 19 a 10mila vittime nel 2000), mentre in Africa è quasi raddoppiato (da 1,5 a 2,4 milioni).
Ieri l'avvocato dell'industria farmaceutica, Fanie Cilliers, ha chiesto un rinvio del processo per proseguire "discussioni che potrebbero portare a un accordo". Sia le aziende che il governo si trincerano dietro un rigoroso silenzio in attesa dell'udienza di stamattina. Almeno 37 ditte su 39 avrebbero già acconsentito a ritirarsi.
Sul piano dell'immagine, la causa è già persa. Molti paesi dell'Occidente si sono scandalizzati per l'iniziativa di Big Pharma. "Portare Mandela sul banco degli imputati, che errore" ha scritto il Washington Post. "E' una 'nowin position' - diceva ieri il Financial Times - l'industria uscirà comunque perdente da questo processo". Molte organizzazioni umanitarie hanno lanciato campagne di boicottaggio dei prodotti delle case farmaceutiche. "Le multinazionali si sono rese complici di un genocidio", diceva ieri mattina Vittorio Agnoletto, presidente della Lila e autore di un librodenuncia sull'Aids. Insieme ad altre organizzazioni, ha partecipato a un sitin di fronte al palazzo romano di Farmindustria. Il gigante che batte in ritirata è una sorpresa anche per lui. "Aspettiamo a cantare vittoria - dice Agnoletto - vogliamo rompere il monopolio e chiediamo libertà assoluta sulla distribuzione dei medicinali in situazioni di emergenza sanitaria. Finché non leggo le firme accanto alla resa non ci credo".
La battaglia si combatte da mesi in una piccola aula di tribunale che sta a Pretoria, Sudafrica. I giudici dell'Alta Corte hanno in mano un fascicolo, il 4183/98, che potrebbe cambiare le sorti di molti paesi in via di sviluppo. Sopra c'è scritto: sindacato delle aziende farmaceutiche (Pma) contro governo sudafricano. E' in gioco il futuro di milioni di malati e la possibilità di ottenere terapie a prezzi accessibili. Si comincia dall'Aids, in un continente dove un adulto su sei è sieropositivo. Ma si potrebbe fare lo stesso processo con le cure per la malaria, la tubercolosi, il colera, la meningite.
"Aggiorniamo l'udienza, le parti stanno discutendo un possibile ritiro della causa" è stata ieri la breve comunicazione del giudice Bernard Ngoepe, della Corte Suprema di Pretoria, sotto il caldo sole di mezzogiorno. Una piccola folla di attivisti, radunata davanti al tribunale sudafricano, ha esultato. "Questo sarà il Vietnam dell'industria farmaceutica. Stanno per mollare. Hanno capito che stanno andando diritti alla catastrofe", dice Kevin Watkins dell'Oxfam, organizzazione inglese che lotta per il diritto alla salute nel Terzo Mondo.
Due milioni di lire è il costo annuo che le case farmaceutiche impongono per la triterapia anti Aids. Questo prezzo è al lordo di ricerca, marketing e copyright. Senza queste voci, la stessa combinazione, fabbricata da un'azienda thailandese, indiana o brasiliana, costa meno di 600 mila lire. Un salvavita scontato ma illegale, almeno secondo le regole dell'Omc (l'Organizzazione mondiale del commercio), che dal '94 ha regalato all'industria farmaceutica il monopolio dei brevetti per venti anni.
Il Sudafrica contesta questa regola, come hanno già iniziato a fare Brasile e Thailandia. La posta in gioco è alta, basta leggere i nomi chiamati al processo. Da una parte i presidenti delle 39 più grandi industrie farmaceutiche (da Glaxo, a Bristol a Merck), dall'altra Nelson Mandela, l'eroe della lotta all'apartheid. Mandela dice: "Possiamo importare o produrre i farmaci antiAids a un decimo del prezzo attuale. Facciamolo. Fermiamo l'Olocausto dell'Africa".
Il premio Nobel è andato oltre: nel '97 ha varato una legge, il Medical Act, che in pratica dà il via libera a questa teoria. L'industria ha risposto mobilitando una schiera di avvocati. "La legge contravviene alle regole internazionali". Il discorso, perfetto sul piano legale, si traduce in questa situazione: dal '96, quando è stata scoperta la triterapia antiAids, il numero di decessi negli Usa si è dimezzato (da 19 a 10mila vittime nel 2000), mentre in Africa è quasi raddoppiato (da 1,5 a 2,4 milioni).
Ieri l'avvocato dell'industria farmaceutica, Fanie Cilliers, ha chiesto un rinvio del processo per proseguire "discussioni che potrebbero portare a un accordo". Sia le aziende che il governo si trincerano dietro un rigoroso silenzio in attesa dell'udienza di stamattina. Almeno 37 ditte su 39 avrebbero già acconsentito a ritirarsi.
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