Da Corriere della Sera del 27/06/2003

La Corte suprema Usa pone nuovi limiti alla pena capitale

«Gli avvocati erano pigri e incapaci Annulliamo la condanna a morte»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - L'imputato ha diritto a una difesa adeguata e se ne viene privato per qualsiasi motivo la sua condanna va annullata e avviato un nuovo processo. Lo stabilisce la Corte suprema americana con una sentenza che avrà l'effetto di limitare le condanne a morte negli Stati Uniti. La sentenza riguarda uno dei casi più penosi della storia criminale americana, quello di Kevin Wiggins, un minorato mentale nero che nel 1988 a Baltimora nel Maryland strangolò una bianca di 77 anni che lo aveva assunto come factotum. I difensori non spiegarono alla giuria che le sevizie fisiche e mentali subite nell'infanzia ne avevano intaccato la capacità di intendere e di volere, e Wiggins ricevette la pena capitale.

Il condannato, di colore, sarebbe stato giustiziato quest'anno se il Maryland non avesse adottato una moratoria delle esecuzioni. Ieri la Corte suprema ha revocato la condanna per 7 voti a 2, sostenendo che l'imputato «non era stato bene rappresentato». Wiggins, la cui colpevolezza è ritenuta provata, dovrà affrontare un altro processo.

La sentenza ha sorpreso l'America: la Corte Suprema è in maggioranza conservatrice e favorevole alla pena capitale. Ma negli ultimi mesi ha cercato di porle dei limiti, ad esempio esigendo che venga decisa sempre da una giuria, non da un solo giudice come talvolta avviene. Il magistrato di punta in questa opera di revisione, è una donna, Sandra Day O' Connor, repubblicana dell'Arizona, nominata alla Corte dal presidente Reagan circa vent'anni fa. Ieri è stata lei a motivare la sentenza. «La legge non ha protetto l'imputato - ha scritto la O' Connor -. La difesa non scoprì e non espose le legittime ragioni di clemenza nei suoi confronti, i terribili abusi da lui patiti per mano di una madre assente e alcolizzata, le torture, i ripetuti stupri dei successivi genitori adottivi».

I due magistrati che hanno contestato la sentenza, il cattolico Antonin Scalia e Clarence Thomas, l'unico nero della Corte - una scelta di Bush padre - hanno definito le argomentazioni della maggioranza «senza fondamento nella Costituzione». Ma negli ambienti giudiziari, la sentenza è stata applaudita. Janet Reno, il ministro della giustizia nell'amministrazione Clinton, che si era battuta per la salvezza dell'imputato, ha sottolineato che Wiggins non aveva precedenti penali, e che la difesa avrebbe dovuto «indagare e portare alla luce i fatti». Ha anche ricordato che troppo spesso i difensori d'ufficio sono legali senza mezzi e impreparati, e che di recente uno del Texas è stato radiato perché, ubriaco, si addormentava ai processi.

L'Aclu, un’associazione dei diritti civili, ha presentato dopo la sentenza un traumatico rapporto. Nel ’73, si legge, la Corte suprema decretò che non di rado la condanna a morte è arbitraria e discriminatoria. L'Aclu ha elencato i 2 mila casi che nel corso di trent'anni sono stati ribaltati, ammonendo che «almeno 32 innocenti sono finiti sulla sedia elettrica o hanno ricevuto un'iniezione letale». Ha chiesto infine la moratoria nazionale delle esecuzioni. E' tuttavia difficile che il Congresso, dove alcuni progetti legge in questo senso sono paralizzati da oltre un anno, adotti una misura del genere. E la Corte suprema rischia di perdere presto i suoi giudici più «liberal», che sono i più anziani: il presidente Bush, che difende la pena capitale, intende sostituirli con dei conservatori.

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