Da La Repubblica del 10/07/2000
Originale su http://www.repubblica.it/online/mondo/aidsdurban/denuncia/denuncia.html
I delegati alla conferenza di Durban: "Le multinazionali approfittano della malattia"
Aids, lo scandalo dei farmaci
Il sudafricano Thabo Mbeki: "Il vero problema è la povertà dei nostri paesi"
di Giovanni Maria Pace
DURBAN - In un manifesto di Médecins sans Frontières, accanto alla faccia del presidente dell'azienda farmaceutica Pfizer si legge l'intimazione: "Riduci il prezzo del fluconazolo". Il fluconazolo è un antifungino che serve a controllare alcune delle infezioni opportunistiche tipiche dell'Aids. Come quasi tutti i farmaci contro la pandemia, ha un prezzo troppo alto per i paesi in via di sviluppo, cioè per quella parte del mondo che avrebbe più bisogno di medicine perché più duramente colpita dal virus. Qui alla Conferenza internazionale sull'Aids il caro-farmaci è un tema centrale, un motivo di contestazione dei governi che non fanno abbastanzza per calmierare il mercato e di biasimo per le multinazionali che traggono profitto dalla malattia. Tanto più in paesi che - ha ricordato il presidente sudafricano Thabo Mbeki - hanno già difficoltà economiche per affrontare le altre malattie. Il primo killer del Terzo Mondo, ha detto Mbeki, è la povertà.
Un sudafricano bianco, sieropositivo, di professione magistrato, si confessa davanti a una platea effervescente: "Io posso spendere l'equivalente di quattrocento dollari al mese per curarmi", dice. "Posso cioè comprarmi la sopravvivenza. Perché gli altri ventiquattro milioni di malati esistenti oggi in Africa non devono avere accesso allo stesso trattamento?". Gli applausi superano quelli, fragorosi, riservati al delegato dell'Uganda, che ha appena ribadito, con forza: "Nel mondo in sviluppo c'è un morto da Aids ogni dieci minuti. Dateci subito farmaci dal costo abbordabile".
In Thailandia la terapia antivirale assorbe tuttora un intero stipendio. Ma il paese asiatico è riuscito, insieme con il Brasile, l'India e pochi altri, a intervenire sui prezzi. Come? Torniamo al fluconazolo. Nel 1998 la Pfizer lo vendeva a sette dollari la capsula. Non esistendo nel paese protezione brevettuale tre società hanno cominciato a produrlo localmente, così che la multinazionale ha dovuto ridurne il prezzo a 3,6 dollari. Potere della concorrenza.
Si alza un altro delegato. Non è vero, afferma, che le industrie devono affrontare, come dicono, costi altissimi e lunghi anni di sperimentazione: i farmaci per l'Aids godono fin dall'inizio di una corsia preferenziale la Food and Drug Administration li approva in pochi mesi e senza troppo sottilizzare proprio perché possono significare la sopravvivenza. C'è dunque spazio per una riduzione. Medici senza Frontiere ha compiuto uno studio dal quale risultano differenze di prezzo clamorose. Alla Sanità brasiliana il trattamento di 1000 pazienti costa quanto quello di 228 alla Sanità ugandese. "Queste discrepanze puntano l'indice sulla politica dei prezzi praticata dai produttori ed evidenziano la mancanza di trasparenza nella relazione tra costo di produzione e prezzi". Lo studio conclude che è possibile abbassare l'onere per il trattamento antivirale a duecento dollari l'anno per paziente, "una meta raggiungibile, purché ci sia la necessaria volontà politica".
Le multinazionali rispondono in parte comprimendo i prezzi (la Glaxo Wellcome ha ridotto quello dei suoi antivirali del 75 per cento per i paesi in sviluppo) e in parte fornendo farmaci gratis. Boehringer Ingelheim ha annunciato la donazione di un quantitativo sufficiente per cinque anni di nevirapine, antivirale che previene la trasmissione dell'Hiv da madre a figlio, una tragedia nella tragedia in quanto i bambini morti per infezione contratta alla nascita sono, da quando è scoppiata l'epidemia, 3,6 milioni. Il gesto non è però piaciuto a Act Up, uno dei numerosi gruppi di pressione in favore dei malati, che lo giudica "sospetto e vago" perché al di fuori di una strategia.
A riscaldare un clima già acceso ha contribuito la propensione manifestata alla vigilia della Conferenza dal presidente della Repubblica sudafricana per una ipotesi che da anni viene avanzata da un virologo dissidente, Peter Duesberg, secondo il quale la causa dell'Aids non sarebbe il virus Hiv. Questa, diciamo, sbandata ha indotto l'establishment scientifico a compilare un documento, la Dichiarazione di Durban, in cui vengono elencate le prove a conferma dell'origine virale, non ultima il successo della terapia combinata, alla quale si deve la spettacolare caduta della mortalità per Aids nei paesi ricchi. "L'Hiv causa l'Aids", si legge nella Dichiarazione, "ed è un peccato che alcuni rumorosi personaggi continuino a negare l' evidenza. Il loro atteggiamento costerà innumerevoli vite". Ma nel discorso d'inaugurazione della Conferenza pronunciato ieri sera allo stadio Kingsmead, Thabo Mbeki ha chiarito il suo pensiero. Dopo aver ricordato che nei paesi ricchi l'attesa di vita ha raggiunto i 79 anni mentre nei paesi poveri sta tornando a 42 anni e che l'Aids sta spazzando via intere generazioni in età produttiva, con conseguente regresso dell'economia ai livelli del primo Novecento, Mbeki ha detto che gli africani muoiono di numerose malattie - malaria, tubercolosi, infezione di ogni tipo - e che la colpa del collasso sanitario del Continente non può essere attribuita a un unico virus.
Un sudafricano bianco, sieropositivo, di professione magistrato, si confessa davanti a una platea effervescente: "Io posso spendere l'equivalente di quattrocento dollari al mese per curarmi", dice. "Posso cioè comprarmi la sopravvivenza. Perché gli altri ventiquattro milioni di malati esistenti oggi in Africa non devono avere accesso allo stesso trattamento?". Gli applausi superano quelli, fragorosi, riservati al delegato dell'Uganda, che ha appena ribadito, con forza: "Nel mondo in sviluppo c'è un morto da Aids ogni dieci minuti. Dateci subito farmaci dal costo abbordabile".
In Thailandia la terapia antivirale assorbe tuttora un intero stipendio. Ma il paese asiatico è riuscito, insieme con il Brasile, l'India e pochi altri, a intervenire sui prezzi. Come? Torniamo al fluconazolo. Nel 1998 la Pfizer lo vendeva a sette dollari la capsula. Non esistendo nel paese protezione brevettuale tre società hanno cominciato a produrlo localmente, così che la multinazionale ha dovuto ridurne il prezzo a 3,6 dollari. Potere della concorrenza.
Si alza un altro delegato. Non è vero, afferma, che le industrie devono affrontare, come dicono, costi altissimi e lunghi anni di sperimentazione: i farmaci per l'Aids godono fin dall'inizio di una corsia preferenziale la Food and Drug Administration li approva in pochi mesi e senza troppo sottilizzare proprio perché possono significare la sopravvivenza. C'è dunque spazio per una riduzione. Medici senza Frontiere ha compiuto uno studio dal quale risultano differenze di prezzo clamorose. Alla Sanità brasiliana il trattamento di 1000 pazienti costa quanto quello di 228 alla Sanità ugandese. "Queste discrepanze puntano l'indice sulla politica dei prezzi praticata dai produttori ed evidenziano la mancanza di trasparenza nella relazione tra costo di produzione e prezzi". Lo studio conclude che è possibile abbassare l'onere per il trattamento antivirale a duecento dollari l'anno per paziente, "una meta raggiungibile, purché ci sia la necessaria volontà politica".
Le multinazionali rispondono in parte comprimendo i prezzi (la Glaxo Wellcome ha ridotto quello dei suoi antivirali del 75 per cento per i paesi in sviluppo) e in parte fornendo farmaci gratis. Boehringer Ingelheim ha annunciato la donazione di un quantitativo sufficiente per cinque anni di nevirapine, antivirale che previene la trasmissione dell'Hiv da madre a figlio, una tragedia nella tragedia in quanto i bambini morti per infezione contratta alla nascita sono, da quando è scoppiata l'epidemia, 3,6 milioni. Il gesto non è però piaciuto a Act Up, uno dei numerosi gruppi di pressione in favore dei malati, che lo giudica "sospetto e vago" perché al di fuori di una strategia.
A riscaldare un clima già acceso ha contribuito la propensione manifestata alla vigilia della Conferenza dal presidente della Repubblica sudafricana per una ipotesi che da anni viene avanzata da un virologo dissidente, Peter Duesberg, secondo il quale la causa dell'Aids non sarebbe il virus Hiv. Questa, diciamo, sbandata ha indotto l'establishment scientifico a compilare un documento, la Dichiarazione di Durban, in cui vengono elencate le prove a conferma dell'origine virale, non ultima il successo della terapia combinata, alla quale si deve la spettacolare caduta della mortalità per Aids nei paesi ricchi. "L'Hiv causa l'Aids", si legge nella Dichiarazione, "ed è un peccato che alcuni rumorosi personaggi continuino a negare l' evidenza. Il loro atteggiamento costerà innumerevoli vite". Ma nel discorso d'inaugurazione della Conferenza pronunciato ieri sera allo stadio Kingsmead, Thabo Mbeki ha chiarito il suo pensiero. Dopo aver ricordato che nei paesi ricchi l'attesa di vita ha raggiunto i 79 anni mentre nei paesi poveri sta tornando a 42 anni e che l'Aids sta spazzando via intere generazioni in età produttiva, con conseguente regresso dell'economia ai livelli del primo Novecento, Mbeki ha detto che gli africani muoiono di numerose malattie - malaria, tubercolosi, infezione di ogni tipo - e che la colpa del collasso sanitario del Continente non può essere attribuita a un unico virus.
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