Da L'Espresso del 05/06/2003

Condono per il Biscione

Mediaset ha sanato i suoi conti con il Fisco. Pagando 35 milioni di euro di multa al posto dei 197 contestati. Chi ci guadagna? Soltanto il Cavaliere

di Marco Lino

Silvio Berlusconi era stato chiaro. II 31 dicembre scorso, a un giornalista che osava chiedergli se proprio lui, il leader con più conflitti di interessi sulla Terra, dopo la legge sulle successioni, dopo
la Cirami, dopo le rogatorie, e dopo il falso in bilancio, avrebbe usufruito anche del condono tributario
elaborato dal suo fiscalista e ministro Giulio Tremonti, aveva risposto con un secco: «Non è vero».
Sei mesi dopo il presidente del Consiglio è stato smentito: Mediaset ha infatti aderito al condono. Pagherà 35 milioni di euro per tirare un sospiro di sollievo lunghissimo, quanto può essere il fruscio di 197 milioni di euro in banconote, poco più di 381 miliardi di lire che il fisco chiedeva all'azienda controllata da Silvio Berlusconi attraverso la Fininvest. La storia del condono Mediaset ha dell'incredibile. L'impegno solenne di Silvio Berlusconi non rappresentava una battuta sfuggita nella conferenza stampa di fine anno, ma una risposta ufficiale a una contestazione della stampa e del Parlamento. II 30 dicembre del 2002 il quotidiano "la Repubblica"aveva sollevato la questione in prima pagina: «Mediaset potrà beneficiare della sanatoria e il risultato sarà il seguente: il condono appena varato dal governo Berlusconi potrà fare risparmiare al suo gruppo televisivo 191 miliardi di vecchie lire, parole che avevano scatenato i commenti dell’opposizione. Il leader dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, parla di «vicenda scandalosa», i Ds presentavano il giorno stesso un'interrogazione urgente al ministro dell'Economia Giulio Tremonti. II capogruppo Ds, Luciano Violante, chiedeva «se effettivamente i condoni consentiranno a Mediaset di beneficiarne per i procedimenti in corso, e se non ritenga che nel decreto fiscale il governo debba introdurre un emendamento volto ad evitare queste macroscopiche forme di conflitto di interessi.
La risposta di Tremonti non è mai arrivata, perché 24 ore dopo il presidente del Consiglio nella conferenza stampa più solenne dell'anno smentì tutto nel dettaglio. II "Corriere della Sera" titolava: "Mediaset e tasse: le aziende mie e della mia famiglia non ricorreranno ad alcun condono". Adesso però è proprio Mediaset a confermare a "L'espresso" che il condono è stato fatto. II Fisco chiedeva complessivamente alla società 197 milioni di euro per l'evasione fiscale accertata sull'acquisto dei diritti cinematografici nel 1994 e nel 1995. Grazie agli ammortamenti, Mediaset aveva abbattuto anche negli anni seguenti Irpeg e Ilor con vantaggi fiscali che, secondo l'erario, non le spettavano. Per mettersi in regola la società pagherà ora 35 milioni di euro grazie alle aliquote vantaggiose del condono predisposte dal ministro Giulio Tremonti, che all'epoca dei fatti contestati era consulente fiscale di Mediaset.
Gli accertamenti sanati sono tre: il primo riguarda il 1995 ed era già arrivato al giudizio. II secondo riguarda il 1996 ed era stato impugnato dalla società mentre la contestazione era stata appena notificata con un verbale della Guardia di Finanza per gli anni dal 1996 al 2000. Le aliquote variano a seconda dello stato della controversia: così, per la prima vicenda, Mediaset pagherà il 30 per cento dell'imposta; per la seconda, il 35 per cento dell'imposta; e per la terza, il 18 per cento dell'imponibile. Un affare, perché la legge condona completamente le sanzioni e gli interessi che rappresentano più della metà delle pretese del Fisco. Mediaset non ha aderito invece al condono tombale, rinunciando così alla cancellazione dei reati connessi all'evasione. II costo sarebbe stato troppo elevato: il 4 per cento degli utili dichiarati ogni anno. Il gruppo ha lasciato così aperta una pendenza pari a 61,8 milioni di euro, relativa alle contestazioni del fisco sull'utilizzo della legge Tremonti nel 1995 e 1996. In questo caso Mediaset ha giudicato troppo elevato il costo della sanatoria: 13,4 milioni di euro. Nel febbraio scorso, intatti, la commissione di secondo grado ha condannato la società, così l'imposta da pagare è salita dal 10 al 50 per cento. L'avvocato di Mediaset, Francesco Tesauro, che aveva ottenuto un primo pronunciamento favorevole della commissione di Milano, confida di ribaltare il verdetto nell ultimo grado di giudizio. Sia chiaro: la scelta di Mediaset non è scandalosa. Molti gruppi hanno fatto lo stesso: da Eni a Philip Morris, da Pirelli a Benetton. Il gettito complessivo del condono supera i i miliardi di euro e il versamento del Cavaliere rappresenta solo lo 0,4 per cento. Troppo poco per parlare di legge fotografia come nel caso della Cirami. Inoltre l'uscita di fine anno del presidente del Consiglio potrebbe essere classificata nella categoria delle gaffe o delle promesse che non possono essere mantenute. Quando diceva: «Le mie aziende non aderiranno al condono», sapeva che gli amministratori della società non erano tenuti a seguire le sue indicazioni. Per una volta Fedele Gonfalonieri poteva insomma disubbidirgli. Mediaset è una società quotata in Borsa e Fininvest detiene solo il 48 per cento del capitale. In teoria si sarebbe anche potuta profilare un'azione di responsabilità da parte dei soci di minoranza, anche se nel caso specifico le cose non stanno proprio così. C'è infatti un particolare che rende discutibile il comportamento di Berlusconi: i risparmi di imposta derivanti dal condono non riguardano Mediaset, ma andranno integralmente nelle tasche del presidente del Consiglio e della sua famiglia. Per capire perché bisogna fare tm passo indietro e leggere il prospetto di collocamento in Borsa del gruppo nel 1996. La Fininvest, quando offrì sul mercato poco più del 51 per cento delle azioni Mediaset, garantì muovi soci dai fischi discendenti dalle inchieste incorso. E tra queste rientravano le controversie fiscali condonate. Mediaset infatti spiega a "l'Espresso" che i suoi azionisti non tireranno fuori un euro. I fatti contestati risalgono al 1994-1995 e sono quindi antecedenti alla quotazione in Borsa. Pertanto a pagare i 35 milioni di euro al fisco (e a mettere al sicuro 162 milioni di euro dalle mire della Finanza) sarà la Fininvest, che è controllata per l'84,7 per cento da Silvio Berlusconi e per il restante 15,3 per cento dalla sua famiglia. Nulla avrebbe impedito al proprietario della Fininvest di chiedere a Mediaset di andare avanti nel contenzioso, se fosse stato davvero convinto che le pretese dell'erario sui diritti televisivi erano «completamente infondate» (come il presidente del Consiglio ha dichiarato). Così non è stato.

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