Da Il Sole 24 Ore del 04/06/2003

Sì degli arabi alla «road map» di Bush

di Mario Platero

SHARM EL-SHEIKH - George W. Bush arriva oggi ad Aqaba, forte dell'appoggio del mondo arabo moderato, che gli ha dato ieri, al vertice del Mar Rosso, un mandato per procedere con determinazione lungo la "road map", e per realizzare la visione di due Stati, Israele e Palestina, l'uno a fianco dell'altro in pace. La giornata è stata calda dal punto di vista atmosferico, intensa dal punto di vista politico e densa di significati simbolici: «Vogliamo una pace vera - ha detto Bush - non una semplice pausa tra intifade, ma una riconciliazione permanente». Insieme a Bush c'erano il principe ereditario saudita Abdullah, il re di Giordania Abdullah, l'emiro del Bahrain, l'ospite, il presidente egiziano Hosni Mubarak e il nuovo primo ministro palestinese Abu Mazen. Il presidente americano li ha letteralmente "guidati" al podio della dichiarazione, prendendo direttamente il volante del golf kart dove erano tutti seduti, come ama fare a Camp David. Poco dopo, Abu Mazen è stato consacrato dalla Casa Bianca e dagli altri Paesi arabi al ruolo di interlocutore indiscusso per conto dei palestinesi. Il vertice del «Mar Rosso» di ieri a Sharm el-Sheikh è stato un incontro per avviare un cambiamento del tessuto socio-economico dell'intera regione. Lotta al terrorismo, al fanatismo, ricostruzione in Irak, apertura al commercio, alle riforme politiche e sociali sono stati i grandi obiettivi sottoscritti da Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Bahrain, in un documento finale. Bush ha promesso di portare avanti il suo disegno di un'area di libero scambio tra gli Stati Uniti e il Medio Oriente. Ma i negoziati per gli impegni di breve periodo sono stati intensi e a tratti difficili. Il segretario di Stato Colin Powell ha raccontanto di maratone notturne per limare le parole, le frasi, le definizioni. E, al di là delle dichiarazioni ufficiali, i leader si sono visti per alcune ore in incontri bilaterali e multilaterali alla sola presenza degli interpreti: «Era proprio quello che voleva il presidente - ha detto una fonte vicina alla Casa Bianca, al seguito del viaggio - grazie a questi incontri è riuscito a costruire un rapporto diretto e intimo con questi leader, che va al di là di quanto è stato concordato nei documenti ufficiali». Da un punto di vista pratico e immediato, la parte più importante del documento resta l'adesione del nuovo «gruppo di alleati» al processo di pace lanciato da Bush. I quattro Paesi hanno riconosciuto la leadership indiscussa dell'autorità palestinese, e hanno appoggiato gli obiettivi «annunciati da Abu Mazen. Faremo in modo che la nostra assistenza vada solo all'autorità palestinese e auspichiamo che a fianco di Israele emerga un nuovo Stato palestinese. Ci impegniamo a combattere la cultura del terrore e della violenza», ha detto Mubarak. Erano queste le enunciazioni cruciali che cercava il presidente americano per presentarsi oggi a Aqaba, al vertice con Ariel Sharon e Abu Mazen, forte di un mandato dei più importanti Paesi vicini. Con il documento, Bush ha ottenuto "quasi" tutto quel che voleva, ma non tutto. Si sperava ad esempio che l'Arabia Saudita o il Bahrain riconoscessero Israele, o che Egitto e Giordania ristabilissero le relazioni diplomatiche con Gerusalemme. Ma tutto è stato rimandato. Il segretario di Stato Usa ha spiegato che era più importante far ripartire il negoziato per la pace e sancire il cambio della guardia alla guida del popolo palestinese. Arafat è stato certamente il grande assente della giornata, archiviato almeno per il momento nella storia: «Per ciò che riguarda Arafat - ha detto Powell - posso solo osservare che oggi non era a Sharm el-Sheikh. Riconosciamo che egli è un leader eletto, che ha un seguito fra la popolazione palestinese, ma abbiamo detto più volte che secondo noi la sua leadership ha fallito». Powell ha anche spiegato che sarebbe molto triste se Arafat dovesse ostacolare il lavoro per la pace: «Se dovesse farlo, mi auguro che incontrerà la resistenza dei Paesi arabi e della comunità internazionale», ha detto. Resta ora la soluzione dei "dettagli": lo sgombro degli insediamenti illegali, della restituzione dei Territori, della cessazione delle attività di terrore, dello status finale di Gerusalemme. Ma tutti sanno che questi sono scogli durissimi: «Li risolveremo nel tempo» ha detto Powell ricordando che il processo prevede una scadenza nel 2005. Intanto l'importante è interrompere l'Intifada e recuperare, dopo 35 mesi di battaglie e di morti, un dialogo multilaterale.

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